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martedì 5 novembre 2019

 

Rabin, il sogno infranto 

di Salvatore Falzone

La sera del 4 novembre 1995 il Primo Ministro israeliano, Yitzhak Rabin, veniva ucciso da un terrorista israeliano, Yigal Amir. Secondo la sua assurda visione l’uccisione di Rabin era dovuta ad un comandamento divino in quanto aveva “svenduto e tradito la terra di Israele”.

 

Quel giorno il premier aveva partecipato, insieme a Shimon Peres, ad un raduno a favore del processo di pace Israelo-palestinese, in Piazza dei Re, a Tel Aviv. Oggi conosciuta come “Piazza Rabin”

In quel periodo il sogno di una pace in Medio Oriente sembrava a portata di mano, seppur tra mille pericoli, problemi e violenze. Gli estremismi, da ambo le parti, erano intenzionati a sabotare qualsiasi tentativo di pacificazione. 

Il processo era iniziato subito dopo la prima guerra del Golfo con la Conferenza di Madrid, nell’ambito di accordi di pace tra Israele, Siria, Libano, Giordania e Palestina. La delegazione palestinese partecipava insieme a quella giordana in una visione “palestino-giordana”. Tuttavia con il nuovo governo Rabin, nel luglio 1992, si assisteva ad un approccio diverso: non più un processo globale, ma incontri diretti tra le parti. Per la prima volta i contendenti si parlavano e si guardavano in faccia in maniera diretta senza mediazione esterna. 

La delegazione palestinese, era rappresentata per la prima volta dall’OLP (Organizzazione della liberazione della Palestina). Gli incontri erano tenuti segreti e protetti dal governo norvegese, in particolare dal ministro degli esteri, Johan Jørgen Holst, che garantiva le due delegazioni da pressioni delle proprie opinioni pubbliche, dalle conferenze con i giornalisti e prese di posizione di coloro che erano contrari ad ogni normalizzazione. 

Nel giro di diversi mesi si arrivava a ciò che sembrava impensabile: uno scambio di lettere di reciproco riconoscimento tra Israele e l’OLP, nonché la rinuncia della lotta armata da parte palestinese, la creazione di un’Autonomia Nazionale Palestinese, il ritiro dell’esercito israeliano dai Territori occupati/contesi. 

Si trattava di un inizio promettente in previsione di affrontare le questioni particolari: confini, profughi, sicurezza, insediamenti/colonie e questione della capitale Gerusalemme.

 Il 13 settembre 1993 a Washington, sul prato della Casa Bianca, i due leader, Rabin e e Arafat, si incontravano stringendosi la mano. I due leader presentavano ai loro popoli e al mondo intero una speranza di pace. Veniva siglato il cosiddetto “Accordo di Oslo”. 

Rabin nel suo discorso diceva: “Lasciatemi dire, palestinesi, noi siamo destinati a vivere insieme sul medesimo suolo della medesima terra. Noi che ci siamo battuti contro di voi, i palestinesi, vi diciamo oggi con voce forte e chiara: “Basta sangue, basta lacrime, basta!”. E il leader palestinese Yasser Arafat pronunciava: “Il mio popolo spera che l’accordo che stiamo firmando ci accompagni in un’era di pace, coesistenza e uguali diritti”. 

Con la morte di Rabin il sogno di una pace stabile tra israeliani e palestinesi si è infranto. Sono passati ventiquattro anni e, ancora, si oscilla tra tentativi di conciliazione, stasi politica e violenze cicliche.

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Chi ha ucciso Yitzhak Rabin
di Barry Chamisc

Traduzione e cura di Franco Levi

Edito da Nuovi Autori Editrice, 2003

Il film girato da un dilettante, che dilettante non è, e che poi è sparito, dimostra, corroborato da testimoni oculari, che Yitzhàk Rabìn era illeso dopo gli spari di Yigàl Amìr al famigerato comizio per la pace di Tel Avìv il 4 novembre 1995. La stessa registrazione, per quanto manipolata, mostra chiaramente la porta posteriore della vuota Cadillac di Rabìn mentre viene chiusa dall'interno prima che il Primo Ministro israeliano venga spinto a bordo. Chi c'era ad aspettarlo? E che accadde durante la corsa verso l'ospedale Ichilov, che durò almeno nove minuti anziché uno come poteva e doveva. Il certificato di morte affermava: Rabìn fu colpito mortalmente al torace e la spina dorsale fu frantumata. Perché i medici poi modificarono il documento, facendolo eguagliare con la versione ufficiale, che racconta: Rabìn fu colpito a morte alla schiena da una certa distanza? Falsità smascherate; verità dimostrate: in questo libro inchiesta Barry Chamish dimostra l'esistenza di una cupola mafiosa che dirige il corso delle vicende umane. Nel globo. In Israél e in I TAL YA soprattutto.

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In questo saggio, lo scrittore Barry Chamish (ex agente dei servizi segreti israeliani) ricostruisce la 'vera' storia dell'assassinio dell'ex primo ministro israeliano Yitzhàk Rabìn, svelandone alcuni inquietanti retroscena. "Rabìn - si legge nel testo - era il bersaglio ideale per un omicidio. Primo Ministro d'Israèl, un "Processo di Pace" con l'OLP e la Siria che gli fu imposto dall'esterno. Divenne allora il volontario patrocinatore di una diplomazia che stava portando Israèl a morte sicura. Gli si ersero contro due pericoli mortali da campi opposti: i fautori degli Israeliani avversi al "Processo di Pace", e i manipolatori del potere, in Israèl e all'estero, favorevoli al "Processo di Pace". Il crimine fu attribuito ai primi, mentre i secondi ne sono responsabili". Per l'omicidio di Rabìn è stato condannato Yigàl Amìr, un attivista "dell'organizzazione così detta contro la pace EYAL (sigla di ORGANIZZAZIONE DEI GUERRIERI EBREI)". Ma è davvero stato lui? Secondo Chamish, Amìr fu vittima di un'operazione-trappola orchestrata dalla Shabàk, e non uccise l'ex premier israeliano. Ad Amìr sarebbe stata fornita dagli agenti della Shabàk una pistola caricata a salve. Lui avrebbe sparato al premier, e sarebbe stato colto in flagrante. Ciò avrebbe offerto al governo israeliano il pretesto per scatenare su vasta scala la repressione contro coloro che si opponevano al "Processo di pace". Subito dopo i colpi sparati da Amìr, secondo la ricostruzione fornita da Chamish, Rabìn, vivo e vegeto, "fu trascinato via, e ficcato dentro alla sua limousine, dove il vero assassino stava in agguato. E poi, quello che doveva essere il viaggio di un minuto verso l'ospedale, divenne una gimkana di oltre otto minuti per le oscure vie di Tel Aviv. In quel periodo l'omicida completò la sua opera, e lasciò l'auto". A sostegno della tesi di Chamish vanno ricordati i seguenti dati: I) il film girato da un "dilettante" (l'Autore è in possesso della videocassetta) mostra la portiera posteriore della limousine di Rabìn: "Non c'è nessuno dentro", ma viene chiusa dall'interno, prima che Rabìn entri; II) la stessa registrazione documenta che le guardie del corpo di Rabìn consentono ad Amìr di sparare al premier, che se la cava; III) la moglie di Rabìn, Leah, e altri testimoni hanno visto il premier camminare normalmente dopo essere stato "colpito". Dieci minuti dopo gli "spari", una testimone, Miriam Oren, ha dichiarato a una tv nazionale: "Rabìin non è stato colpito. L'ho visto entrare in auto da solo"; IV) esami di laboratorio della Polizia concludono che Rabìn fu colpito a bruciapelo, mentre la Commissione Shamgàr Governativa d'Inchiesta, dal canto suo, afferma che Amìr sparò da oltre mezzo metro di distanza; V) il rapporto balistico della Polizia riferisce che il nastro dell'arma a ripetizione di Amìr conteneva soltanto otto pallottole, sebbene egli ne avesse caricate nove; VI) dopo essere state presumibilmente estratte dal cadavere di Rabìn, le pallottole sono scomparse per undici ore; VII) il certificato di morte - firmato dal dott. Mordechài Gutman (uno dei chirurghi che operarono Rabìn) - conclude: "Rabìn fu colpito dal davanti, al torace, e la spina dorsale è stata frantumata". Ciò è stato confermato da una infermiera, la sera stessa, nella sala operatoria. E dal ministro della sanità, dal direttore dell'ospedale Ichilov, da un paziente e persino dall'allora ministro degli Esteri Shìmon Peres. "Amìr e Rabìn - si legge ancora nel testo - non sono le uniche vittime. Ce ne furono tante altre, sia Ebree, sia Arabe. Questo libro, possiamo soltanto sperare, ajuterà a far sì che non ce ne siano più altre".

In “Chi ha assassinato Yitzhak Rabin?” Chamish afferma che Rabin non è stato ucciso da un sicario solitario e che gli hanno sparato tre volte, con la ferita mortale sparata dalla parte anteriore. Alla fine del 2005 il libro aveva venduto 39.000 copie ed era stato pubblicato in sette lingue diverse.

 

Nel 2008 il Magistrato della Corte di Gerusalemme ha convocato Chamish perché pagasse Itamar Ben-Gvir, un attivista israeliano di estrema destra, per diffamazione 36.000 NIS (circa US $ 10.000) dopo averlo ripetutamente chiamato agente del servizio di intelligence Shin Bet.

 

A metà degli anni 2000, Barry Chamish si è trasferito negli Stati Uniti, in Florida, dove è morto nel suo appartamento in Florida nel 2016.

Nel suo libro del 1998 “Who Murdered Yitzhak Rabin?” Chamish afferma che, sulla base dei rapporti di polizia e delle prove balistiche, Amir non avrebbe potuto essere l'assassino.

Chamish ha anche denunciato che, altri alti funzionari israeliani, tra cui Rafael "Raful" Eitan, Haim Bar Lev, Leah Rabin e Rehavam Zeevi, sono stati anche vittime di una vasta cospirazione all'interno del governo israeliano e dell'agenzia di sicurezza Shin Bet.

Dopo aver pubblicato la sua teoria sull'assassinio di Rabin, Chamish dichiarò di essere vittima di una lunga campagna di molestie da parte dello Shin Bet, che accusò di aver preso di mira il suo ruolo nell'esporre la cospirazione.

 

È un libro che ha ormai vent’anni, non se ne trova copia, nemmeno usata, ho il sospetto che sia stato tolto dal mercato ad opera di chi, per ovvi motivi, non ha piacere che venga divulgato il testo.

Se ne trovaste una copia e voleste venderla, scrivetemi.

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