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18/02/2019

 

La Shoah scompiglia i piani di Netanyahu: salta "Visegrad 2"

di Umberto De Giovannangeli

 

I polacchi si ritirano per le parole del ministro degli Esteri di Bibi sul loro ruolo nell'Olocausto. Il premier israeliano spiazzato

 

I calcoli elettorali e le mire politiche del presente non possono cancellare la memoria storica. Soprattutto quando questa memoria riguarda una tragedia che non ha eguali: l'Olocausto. Senza memoria non c'è futuro, ammoniva il premio Nobel per la Pace Elie Wiesel, sopravvissuto ai lager nazisti. Una verità a cui neanche Benjamin Netanyahu ha potuto sottrarsi. E questa presa d'atto ha avuto un possente effetto boomerang per il premier israeliano: il vertice dei Paesi Visegrad in programma, oggi e domani, a Gerusalemme è saltato dopo il forfait della Polonia. Ad annunciarlo è stato il ministero degli Esteri israeliano spiegando che il summit "prevede la presenza di tutte e quattro" le nazioni. "I tre premier in arrivo - ha spiegato il portavoce del ministero Emmanuel Nahshon riferendosi a Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca - avranno un incontro con il premier Benyamin Netanyahu". A darne conferma è premier ceco Andrej Babis, che avrà un incontro bilaterale con Netanyahu, e lo stesso i capi di governo di Slovacchia e Ungheria, Peter Pellegrini e Viktor Orban

Il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki aveva annullato la partecipazione di Varsavia definendo "razzisti" i commenti sul comportamento dei polacchi durante l'Olocausto da parte del neo ministro degli Esteri ad interim israeliano Yisrael Katz. "Le parole del ministro degli Esteri israeliano sono razziste e inaccettabili, è chiaro che il nostro ministro degli Esteri Czaputowicz non andrà al vertice", ha detto il premier polacco ai media, dopo che il nuovo ministro degli Esteri israeliano ha accusato i polacchi di antisemitismo. Netanyahu ha nominato ieri Katz ministro degli Esteri. Lo stesso giorno, il neo capo della diplomazia dello Stato ebraico ha rilasciato una intervista a Israel's i24 News nella quale ha affermato: "Sono figlio di sopravvissuti all'Olocausto, non lo perdoneremo mai e non lo dimenticheremo mai, e c'erano molti polacchi che hanno collaborato con i nazisti". Katz ha poi continuato citando una celebre frase dell'ex primo ministro (Likud come Netanyahu) Yitzhak Shamir: i polacchi succhiano antisemitismo con il latte della madre. "Nessuno – ha concluso Katz – ci dirà come esprimere la nostra posizione e come onorare i morti". La dichiarazione di Shamir era riferita ad una esperienza personale, in quanto i suoi genitori sono stati uccisi da polacchi durante la Seconda Guerra Mondiale. L'ambasciatore polacco in Israele, Marek Magierowski, ha criticatoile parole di Katz su Twitter, affermando che "è davvero sorprendente che il nuovo ministro degli Esteri israeliano citi un'osservazione vergognosa e razzista, assolutamente inaccettabile". Le parole di Katz – un avversario del premier all'interno del Likud - hanno spiazzato Netanyahu. Fosse stato per lui, confidano ad HuffPost fonti bene informate a Gerusalemme, avrebbe di molto edulcorato la polemica. Tanto è vero che venerdì scorso, oltre a smentire genericamente quanto riportato dal Jerusalem Post, giornale vicino al governo, l'ufficio stampa di Netanyahu aveva precisato che il premier israeliano non ha mai parlato, in risposta alle affermazioni del suo omologo di Varsavia, di "popolo polacco" coinvolto nella Shoah, ma di "polacchi". Ma in Israele c'è chi non ha accettato il passo indietro di Netanyahu. Yair Lapid, leader del partito di centro Yesh Atid e figlio di un sopravvissuto all'Olocausto, ha criticato il primo ministro spiegando che "avrebbe dovuto dire al presidente polacco di cancellare il biglietto aereo e di non venire in Israele, dal momento che manca di rispetto alla nostra storia". Secondo Lapid, il presidente della Polonia "condivide materiale antisemita" e il suo imminente arrivo a Gerusalemme rappresenta "un danno per l'orgoglio nazionale di Israele". L'entourage del premier è sotto botta. E si fa strada l'idea del "complotto" interno: Katz, si lascia andare con la garanzia dell'anonimato uno stretto collaboratore di "Bibi", "ha parlato sotto dettatura di Rivlin", il capo di Stato, espressione e punto di riferimento dell'ala moderata del Likud, che Netanyahu ha individuato come il capo dei congiurati. La polemica arriva dopo che nel febbraio 2018 Varsavia ha introdotto una controversa legge per rendere illegale accusare la Polonia di complicità nell'Olocausto. Lo stesso Rivlin l'anno scorso ha criticato il testo affermando che, sebbene molti polacchi abbiano combattuto contro i nazisti, "la Polonia e i polacchi presero parte allo sterminio" degli ebrei durante l'Olocausto. La Polonia in seguito aveva accettato di modificare, parzialmente, la legge, rimuovendo la minaccia di tre anni di carcere come pena. "Gli uomini di Orban, i dirigenti polacchi e la destra israeliana sono fatti della medesima pasta – aveva rimarcato con HuffPost Zeev Sternhell, tra i più autorevoli e affermati storici israeliani, alla vigilia del summit -. Sono attivamente impegnati a liquidare l''ordinamento liberale'. Lottano contro i diritti umani e contro la separazione delle istituzioni, puntano a un regime dove i tribunali, i mass media, le istituzioni culturali, il mondo accademico e la società civile siano sottoposti tutti al potere". Sgomento, Sternhell aggiunge, riferendosi ai protagonisti del vertice in programma: "Tre quarti di secolo dopo la seconda guerra mondiale, personalità della Destra nazionalista, cattolica, odiatori dell'illuminismo, i cui padri hanno assecondato lo sterminio degli ebrei o si sono limitati a guardare, sono adesso visti come i nostri fratelli". Nei giorni scorsi, gli storici di Yahd Vashem (il Museo della Shoah) avevano condannato il documento congiunto firmato da Netanyahu e dal primo ministro polacco Morawiecki in quanto contiene "gravi errori e distorsioni" circa gli atti di cittadini polacchi collaborazionisti con i nazisti e per simili motivi, il progettato Museo Museo di Budapest che esonera del tutto il regime fascista di Horthy dalle sue colpe nello sterminio degli ebrei ungheresi". Per Netanyahu l'annullamento del summit è uno smacco politico grande quanto le aspettative da lui coltivate: far sì che "quelli di Visegrad" lavorino dall'interno per minare quella Unione europea che i falchi di Tel Aviv considerano una entità ostile, smaccatamente filopalestinese e filoiraniana. Dividere l'Europa, dunque, anche per ciò che concerne la "battaglia delle ambasciate": Netanyahu intendeva approfittare del summit per premere sui suoi sodali europei perché seguano la strada aperta da Donald Trump, e trasferiscano le loro ambasciate da Tel Aviv a Gerusalemme. Ma non c'è solo questo a rendere affini e sodali il premier israeliano Benjamin Netanyahu e i suoi omologhi di "Visegrad": altro terreno d'intesa, è quello di un sovranismo che alza muri contro i migranti. Un discorso che vale soprattutto per il più grande amico di Netanyahu ad Est: il premier ungherese Viktor Orban. Già in passato, diverse ong israeliane hanno accusato Netanyahu di accettare il sostegno diplomatico di uno dei principali leader antisemiti europei. Il capo del governo magiaro è stato identificato da una parte della società civile israeliana come un estimatore dell'ammiraglio filonazista Miklos Horthy. Gli attacchi di Orban al finanziere George Soros, colpevole, secondo alcuni, di progettare l'invasione dell'Europa da parte di orde di migranti, hanno ulteriormente alimentato l'ostilità dell'opinione pubblica liberal nei confronti dell'"uomo forte" di Budapest. Un passo indietro nel tempo. Diciannove luglio 2017, Budapest. L'incontro era a porte chiuse, ma il microfono è rimasto acceso per pochi minuti e le cuffie distribuite tra i giornalisti hanno trasmesso per errore l'attacco di Benjamin Netanyahu all'Europa, accusata di lavorare per minare i rapporti con Tel Aviv. Il primo ministro israeliano, nel corso di un incontro riservato che si è tenuto in mattinata nella capitale ungherese, critica con veemenza il comportamento "da pazzi" che l'Ue tiene verso Israele. Si trattava della prima vista all'Ungheria di un leader israeliano degli ultimi 30 anni. Oltre al primo ministro ungherese Viktor Orban, incontra i leader degli altri Paesi che compongono il gruppo di Visegrad. "L'Unione europea deve scegliere se vuole vivere e prosperare o scomparire. È l'unica organizzazione di stati che stabilisce le sue relazioni con Israele, che le fornisce la tecnologia, sulle condizioni politiche. Nessuno lo fa. È folle. E contro gli interessi dell'Europa", avrebbe detto Netanyahu ai leader di Visegrad sollecitati a usare la loro influenza nell'Ue per allentare le condizioni nei rapporti bilaterali tra Bruxelles e Tel Aviv. "Prima di tutto vi suggerisco di aiutarci ad accelerare la formazione di accordi tra Europa e Israele, e che passiate un messaggio ai vostri colleghi su come aiutare l'Europa stessa. Tutto (ciò che Israele può offrire, ndr) è a vostra disposizione, in qualsiasi campo" avrebbe proposto Netanyahu ai leader dei quattro Paesi dell'Est. "Smettetela di attaccare Israele. Sostenetelo, invece. L'Europa si sta disimpegnando dal più grande polo di innovazione al mondo. Non ha senso. State minando la vostra sicurezza, minando Israele", ha sottolineato il premier. "Iniziate a sostenere le economie europee facendo quello che gli americani, i cinesi e gli indiani stanno già facendo", ha spiegato Netanyahu in relazione alle potenze che hanno aumentato la cooperazione tecnologica con lo Stato ebraico. "Non sono molto politicamente corretto: so che è uno shock per alcuni di voi. Ma la verità è la verità. Noi siamo parte della cultura europea", ha continuato. "A est di Israele, non c'è più Europa". Netanyahu, a microfoni accesi a sua insaputa, esprime anche un chiaro sostegno per la linea anti-immigrazione del gruppo Visegrad, che in questi anni ha alzato muri e barriere di filo spinato per bloccare le ondate di profughi provenienti dal Medio Oriente. Il premier israeliano dice di credere nella libera circolazione delle merci e delle idee, "ma non delle persone" ed esortato i leader dell'Europa orientale a proteggere i propri confini". A Gerusalemme si doveva riprendere e rafforzare questo "filo". Ma la memoria della Shoah lo ha impedito. Il passato, quel passato, non è merce di scambio per il futuro politico di un premier che il 9 aprile si gioca tutto.

 

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