Osservatorio Globalizzazione

20 marzo 2020

 

L’epidemia di Ebola in Africa occidentale

BY Elia Marelli

 

Con grande interesse, vi proponiamo questo articolo curato da Elia Marelli, ex studente del nostro direttore Aldo Giannuli che ha trascorso molto tempo in Congo e Tanzania. A

Mentre nel nostro paese, e in particolare nella regione da cui sto scrivendo, la Lombardia ci troviamo ad affrontare una minaccia relativamente nuova e inaspettata, il nuovo COVID-19; molto lontano da qui, in particolare al centro dell’enorme continente africano, nella regione dei grandi laghi, si sta auspicabilmente esaurendo la forza di un’altra epidemia, quella di Ebola che ha nuovamente spaventato la regione dopo l’esplosione epidemica avvenuta, quella volta nell’Africa occidentale, nel triennio 2013-2016.

In queste ultime settimane i mezzi d’informazione hanno dato vita ad un turbinio di notizie a proposito del nuovo virus che ha dato manifestazione di sé in Cina per poi coinvolgere più di cento paesi nel mondo ed è ora classificato a livello di pandemia dall’OMS, mentre per tutta la durata dell’ultima epidemia di Ebola nel nord-est della Repubblica Democratica del Congo, solamente qualche testata ha sporadicamente investito del tempo per raccontare quello che stava e sta ancora succedendo in uno dei paesi che, per quanto dimenticati, sono al centro, non solo geograficamente, del continente, ma a livello economico anche dello scacchiere geopolitico del globo. Sicuramente in Italia le notizie provenienti dal continente africano non hanno un grande impatto sull’opinione pubblica e spesso è questo il motivo per cui ci accorgiamo solo attraverso la manifestazione di fenomeni macroscopici, ad esempio le migrazioni internazionali, delle dinamiche che governano l’Africa, le sue popolazioni e i suoi territori.

In particolare un paese enorme come la RDC dovrebbe avere un risalto maggiore nell’informazione europea perché, malgrado la lontananza, è un territorio che esemplifica bene le problematiche e le potenzialità del continente. Nel 2018, precisamente nel mese di maggio, è stata dichiarata un’epidemia di Zaire ebolavirus, una febbre emorragica che colpisce la specie umana, con un alto tasso di mortalità, stimato all’incirca intorno al 54% dei contagiati; nella regione dell’Equatore nel nord-ovest della RDC.

Fortunatamente, la risposta sanitaria, consapevole della situazione occorsa nel 2013 in Liberia non si era fatta attendere e la malattia è stata contenuta nella provincia interessata e, grazie all’utilizzo del nuovo vaccino sperimentale rVSV-ZEBOV i contagi verificati sono stati 54, con 33 decessi, registrando un tasso di mortalità del 61%. Il 24 luglio, passati 42 giorni dalla notizia dell’ultimo paziente risultato positivo al virus, l’epidemia è stata dichiarata conclusa.

Purtroppo proprio una settimana dopo, era il primo agosto 2018, è stata dichiarata una nuova epidemia di Ebolavirus, nello stesso paese la RDC, ma in un’altra provincia, nel nord est, il Kivu. L’epidemia questa volta include le provincie del nord Kivu, del sud Kivu e dell’Ituri; fino a spingersi oltre il vicino confine dell’Uganda, circa un anno dopo, nel giugno del 2019, fortunatamente questa espansione del contagio è stata arginata velocemente e non ha provocato ulteriori ammalati.

Nel novembre del 2018 l’epidemia è divenuta la peggiore mai registrata di ebolavirus su territorio congolese, e pochi giorni dopo la seconda peggiore a livello mondiale dopo quella già citata occorsa in Africa occidentale che aveva causato più di 10000 morti. Il 3 maggio 2019 dopo nove mesi dall’inizio dell’epidemia si è arrivati a 1000 morti, dovuti al contagio.

Da diversi decenni oramai la regione del Kivu (nord e sud), ma anche le regioni circostanti, sono il teatro di un conflitto a bassa intensità che rappresenta lo strascico portato, nel territorio congolese, dal genocidio rwandese, del 94; e delle successive guerre del 96-97 e 98-02. Ancora oggi decine di gruppi armati sono presenti nelle provincie dell’est della RDC provocando instabilità, morti e generando nelle popolazioni la sensazione di essere abbandonati, in primis dal proprio stato, ma anche dalle organizzazioni internazionali, presenti massivamente con un contingente di più di 18000 soldati (MONUSCO) ma che non riescono a garantire nemmeno i più bassi standard di sicurezza.

Questa instabilità militare ha impedito un’efficacie sforzo di trattamento e prevenzione, portando l’OMS ha dichiarare che la combinazione dell’epidemia di ebola in un teatro di guerra con la condizione di angoscia della popolazione coinvolta è uno scenario apocalittico da vera e propria “tempesta perfetta”, che aumenta grandemente il rischio di un contagio diffuso; in somma per tornare a noi niente di più lontano da quello che si sta verificando nel nostro paese in queste ore, colpito da un virus molto contagioso, ma con dei tassi di mortalità molto inferiori che si sta propagando in una zona pacifica, anzi economicamente sviluppata nella quale la popolazione, a parte qualche caso sporadico, sta seguendo le indicazioni dei propri amministratori forse in maniera addirittura più ferrea di quanto decretato.

Addirittura tornando alla RDC nel maggio del 2019 alcune organizzazioni sanitarie, in seguito a numerosi attacchi, circa 42 nel solo mese di gennaio, e a fronte di 85 membri del personale sanitario feriti o uccisi hanno dovuto sospendere le attività lavorative. Gli operatori hanno dovuto inoltre fare fronte al diffondersi di informazioni false da parte di oppositori politici e ribelli, che volevano proprio le organizzazioni umanitarie come i portatori del virus. A causa di questo contesto esplosivo già dal settembre del 2018 l’OMS ha dichiarato, il rischio concernente l’epidemia molto alto, fino al luglio 2019, quando è stata dichiarata l’emergenza sanitaria pubblica a livello internazionale, il più alto livello disponibile per situazioni di questo tipo.

 

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