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15/02/2020

 

"Chiusi in casa, a Wuhan, aspettando che passi". Il racconto di Lorenzo

By Luciana Matarese

 

Intervista al manager vicentino, dal 2006 nella metropoli focolaio del coronavirus, moglie cinese e due bambini. La fine della quarantena spostata al 20/2, "ma penso rinvieranno ancora. La situazione è gestita bene. Sono ottimista, altrimenti non sarei rimasto"

 

“Speriamo finisca presto, non ne possiamo più, ma credo ci vogliano almeno altre due settimane. Tuttavia, il feeling è che ci sia un miglioramento. Non ci sono campi di concentramento, non c’è l’esercito per strada e non c’è repressione di alcun tipo”. Lorenzo Mastrotto si ferma un attimo. Giusto il tempo di un sospiro. Poi ricomincia, le parole una dietro l’altra in successione sempre più rapida quasi che ad aumentare il ritmo del discorso anche il tempo passasse più veloce. E invece a Wuhan, la città più popolosa della provincia cinese di Hubei ed epicentro del contagio da coronavirus, dove lui, manager vicentino di 46 anni, vive e lavora dal 2006, dove, quando tanti connazionali sono rientrati in Italia, ha scelto di restare insieme alla moglie cinese e ai loro due bambini, il tempo sembra essersi inceppato. Bloccato dalla paura per la diffusione del Sars-CoV-2, dall’esplosione dell’epidemia di Covid-19, la malattia causata dal virus che sta spaventando il mondo intero. È notte, a Wuhan, è finita un’altra giornata uguale alle ultime ventiquattro.

La quarantena, iniziata per una decina di milioni di persone il 23 gennaio, doveva finire il 14 febbraio, data fissata per il rientro al lavoro, “ma ieri - racconta Lorenzo - è stato comunicata la decisione di posticipare al 20 di questo mese. Credo che sposteranno ancora i termini, penso ci vorrà altro tempo, almeno fino agli inizi di marzo”.

 

L’isolamento, dunque, continua a oltranza. “La città è ferma - aggiunge il vicentino - ma la situazione è gestita bene. La spazzatura, per esempio, viene portata via dalle strade ogni giorno”. Lui, come la maggior parte delle persone, con la sua famiglia continua a stare chiuso in casa. Non ci sono obblighi al riguardo, puntualizza, chi vuole può uscire, ovviamente munito di occhiali, mascherina e guanti, “ma per scongiurare eventuali rischi di contagio preferiamo evitare”.

Wuhan è in gran parte deserta: fermi i mezzi, circolano solo le auto per le emergenze, chiusi gli uffici, le scuole, la stragrande maggioranza di bar, luoghi di ritrovo e centri commerciali. Alcuni locali sono rimasti aperti, soprattutto

 

La vista di Wuhan deserta da casa di Lorenzo Mastrotto

 

supermercati, dove si va per fare la spesa “quando proprio non possiamo farne a meno, anche perché non sono vicino casa, spesso bisogna camminare chilometri per raggiungerli”. Una volta lì, vi si entra, opportunamente muniti di occhiali, guanti e mascherina, dopo aver aspettato il proprio turno in modo da non creare assembramenti, dopo aver misurato la temperatura, e portando con sé una valigia, meglio un trolley, “per poter fare scorta e non essere costretti a uscire di nuovo qualche giorno dopo”. Difficile trovare latte, frutta, verdura fresca. “Però grazie a dei gruppi di acquisto, che consentono di comprare determinate quantità di alimenti a prezzi convenienti, ci siamo riusciti”, sorride Lorenzo. Lui lavora per un’azienda meccanica, via internet può farlo anche da casa. Molti siti web - Facebook ad esempio - sono chiusi, Whatsapp va a singhiozzo, per accedere a Google c’è bisogno della “Vpn”, “ma va così da tempo, non ci sono novità in tal senso e certo non è conseguenza dell’emergenza coronavirus”, dice Lorenzo. Via “WeChat” si tiene in contatto con altri italiani - nel gruppo sono meno di una decina - rimasti in Cina; attraverso internet, insieme ai familiari, parla con i parenti, gli amici.

 

 “Ovviamente questo aiuta a passare il tempo”, aggiunge, mentre in sottofondo si sente la voce dei figli, un bimbo di otto anni e una bimba di sei. “Le giornate in casa trascorrono lentamente, ma cerchiamo di darci da fare, lavando, pulendo, disinfettando. I bambini fanno i compiti, giocano tanto e noi cerchiamo di tenerli impegnati per farli annoiare il meno possibile e tranquillizzarli rispetto a questa che certamente è una situazione eccezionale”. Hanno comprato le mascherine nei loro colori preferiti, blu per il maschietto rosa per la femminuccia - “sarà banale, ma per loro è come se fossero personalizzate”, dice Lorenzo - hanno consultato insieme le enciclopedie per conoscere meglio il serpente, il pipistrello - gli animali associati al nuovo virus -, insieme dal balcone, hanno gridato, squarciando il silenzio surreale in cui dal 23 gennaio è precipitata la città, “Forza Wuhan”.

 

Lorenzo Mastrotto

Italiano a Wuhan

 

Giù, in strada, si scorgono quelli che Lorenzo chiama, dal colore delle tute con cappuccio che indossano, “gli uomini in bianco”, ossia il personale sanitario “addetto - scandisce il vicentino - a prelevare le persone che potrebbero essere a rischio contagio, magari perché imparentate o entrate in contatto con qualcuno risultato positivo al Sars-CoV-2, e accompagnarle nei centri di raccolta allestiti in diverse zone della città”. I “centri di raccolta” sono palestre, studentati, grandi spazi, in seguito all’esplosione dell’epidemia organizzati in modo che i potenziali ammalati, nel caso separati dai familiari, possano trascorrervi i quattordici giorni canonici della quarantena. Sempre nell’ottica, tiene a precisare Lorenzo, di fermare l’avanzata dei virus, separando non solo gli ammalati, ma anche i possibili contagiati dai sani. Inevitabile il riferimento a un video, diventato virale, in cui si vedono alcune persone prelevate con la forza dalle loro abitazioni perché sospettate di aver contratto il virus. “Probabilmente quelle persone non volevano andare nei centri di raccolta, ma è importante che si eviti quanto più possibile il rischio di contagio. Ripeto, non c’è alcuna repressione, ma ci si è organizzati in questo modo e solo gli ammalati vengono ricoverati negli ospedali, al principio il focolaio vero del contagio”.

 

Ora, dopo il collasso iniziale del sistema sanitario dovuto alla eccezionalità della situazione con il virus che si diffondeva in tempi rapidissimi e sembrava inarrestabile, gli ospedali stanno recuperando efficienza. Infermieri e medici, in prima linea contro l’epidemia, lavorano fino allo sfinimento. Poi, certo, circolano foto e voci su una situazione dai contorni apocalittici, si parla di emergenza globale, dall’Ambasciata cinese in Italia si è levato l’appello, rivolto agli “amici italiani a fare attenzione alla sicurezza dei nostri connazionali che lavorano” nel nostro Paese, a “evitare pregiudizi, distinzioni e aggressioni” perché “insulti e minacce non sono tollerabili”.

 

Per Lorenzo è assurdo che i cinesi vengano considerati portatori del virus, come è assurdo parlare di “emergenza da coronavirus, che non esiste da nessuna altra parte se non a Wuhan e nella provincia di Hubei”, ripete, insieme alla considerazione che “le cose stanno via via migliorando. In tanti che hanno contratto il virus guariscono, è accaduto a diversi nostri conoscenti”. È ottimista - “altrimenti, scusi, non sarei rimasto qui con la mia famiglia”, ride - e vede segnali di ripresa anche nell’economia cinese, fortemente provata da quello che il presidente cinese Xi Jinping ha denominato “il demone virus”.

“Le Borse stanno continuando a macinare record dopo un calo all’inizio della crisi - sottolinea - la valuta cinese, che anche dopo le politiche protezionistiche di Trump aveva perso valore, si sta rivalutando rispetto a euro e dollaro”. I cinesi, va avanti il manager vicentino, sostengono le politiche del presidente Jinping, hanno apprezzato il modo in cui sta gestendo la situazione “con scelte coraggiose” e “sono pronti a fare tutto - secondo me anche a lavorare gratis per un periodo se glielo chiedessero - per far ripartire del tutto il loro Paese”.

 

Quanto a psicosi e intolleranza, l’eco di alcuni episodi accaduti in Italia - per tutti il cartello, poi rimosso, esposto fuori da un locale in centro a Roma per vietare l’ingresso ai cinesi - è arrivata fino in Cina “e ovviamente qui si dissente da certi atteggiamenti, dichiarazioni e prese di posizione che non hanno ragion d’essere. Ai miei connazionali vorrei dire di non farsi prendere dal panico, dagli allarmi ingiustificati, verso i cinesi, e di restare civili come noi sappiamo essere”. Se ripensa al suo Paese, un po’ di nostalgia c’è, e pure un po’ di “sana invidia” per chi è rientrato dalla Cina “perché certo tornare a casa fa piacere e poi mangiano un po’ di cucina italiana”, ma il posto di Lorenzo è a Wuhan accanto alla sua famiglia. Ancora in isolamento, ufficialmente fino al 20 febbraio. Lui pensa i tempi slitteranno ancora. “Ma anche fosse - considera - non usciremo subito, non mi fiderei per esempio a viaggiare in metro dal primo giorno. Ma l’importante, adesso, è che tutto questo finisca al più presto, non vediamo l’ora di tornare a fare la vita noiosa e abitudinaria di prima”.

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