Fonte: Alberto Negr

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27/04/2020

 

La bomba batteriologica franco-cinese di Wuhan

di Alberto Negri

 

Le prove non ci sono ma il sospetto rimane. E soprattutto c’è una donna, un’esperta scienziata cinese, che potrebbe fare chiarezza su quanto è realmente accaduto nel laboratorio di Wuhan. Si chiama Shi Zhengli, 55 anni, e a lei si devono le maggiori ricerche sui virus portati dai pipistrelli. Forse la Signora dei Pipistrelli o BatWoman, come viene chiamata, potrebbe sciogliere tanti dubbi: i francesi la conoscono perfettamente perché è stata addestrata a Lione nel laboratorio ad alta sicurezza Jean-Merieux e per la sua tesi di laurea ha passato qualche anno a Montepellier.

Il laboratorio P4 di Wuhan
Per la Francia il laboratorio di Wuhan è una ferita sanguinosa all’orgoglio nazionale che riguarda tutti noi. Le Monde dedica due pagine di reportage con notizie e interviste sul famoso laboratorio P4 di Wuhan totalmente costruito dai francesi, con ricercatori cinesi addestrati a Lione ma dove mai i ricercatori francesi hanno potuto mettere piede nonostante un accordo che prevedesse la loro presenza. L’unico che è entrato e ne sa qualche cosa, infettivologo René Courcol, tiene la bocca chiusa. Non solo: i cinesi sul virus non hanno passato nessuna informazione ai francesi. Secondo il ministero della Difesa, la Francia all’epoca avrebbe consegnato a Pechino una sorta di “bomba batteriologica”. Non ci sono ancora prove che il coronavirus sia uscito da lì ma il sospetto, anche in Cina, rimane. Una cosa è certa: l’opacità cinese è totale e ci sono seri dubbi che la cooperazione con Pechino possa continuare.

La ricerca sulle armi batteriologiche
Il laboratorio di Wuhan P4 nasce nel 2004 da un’iniziativa voluta dal presidente francese Jacques Chirac e da quello cinese Hu Jintao con l’obiettivo ufficiale di consolidare un’alleanza contro possibili epidemie come la Sars. Ma in Francia non tutti erano d’accordo. In un rapporto del ministero degli Esteri si legge: “I cinesi cercano di sviluppare come altri un programma di ricerca sulle armi batteriologiche”, ricorda oggi Gèrard Araud che all’epoca era direttore degli affari strategici. Ma il ministro degli Esteri Dominic Villepin insisteva: nel 2003 la Francia si era opposta all’intervento americano e occidentale in Iraq contro Saddam Hussein e Parigi cercava nuove sponde diplomatiche a Mosca e Pechino.

L’addestramento dei ricercatori cinesi
Fu così che la Francia cominciò a costruire il laboratorio e a finanziare anche l’addestramento dei ricercatori cinesi che dovevano prendere confidenza con le procedure di un laboratorio di tipo P4: questi laboratori sono quelli che trattano i virus al più alto tasso di contagio e di mortalità. Non è un caso che quello di Wuhan ci abbia messo tanto tempo a essere completato e inaugurato: la cerimonia ufficiale, cui partecipa il primo ministro Bernard Cazeneuve, si svolge con grande pompa il 23 febbraio del 2017. Ma già nel maggio del 2018, secondo un articolo del Washington Post del 14 aprile scorso, i servizi americani vengono avvertiti, con ogni probabilità dagli stessi francesi, che “il laboratorio di Wuhan presentava falle tecniche e nelle procedure di sicurezza”.

Lo schiaffo di Pechino alla Francia
In realtà i francesi dopo gli iniziali entusiasmi avevano ricevuto da Pechino un sonoro schiaffone. Alla fine del 2017 arriva un rapporto a Yves Le Drian - prima ministro della Difesa e poi degli Esteri con Macron - assai poco incoraggiante: nessun ricercatore francese dei 50 previsti aveva potuto mettere piede nel nuovo laboratorio P4. L’unico che a entrare è stato l’infettivologo René Courcol ma non si sa dove sia stato portato e a quali locali e impianti abbia avuto realmente accesso. Di tutti gli intervistati da Le Monde è quello che non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Bocca cucita.

Il fallimento della cooperazione
E pensare che l’ambasciatore di Francia a Pechino nel 2016 aveva appuntato la Legione d’Onore sul petto del direttore del laboratorio di Wuhan Yuan Zhiming e della cacciatrice di virus e pipistrelli, la Batwoman Shi Zhengli. Ecco come sono andate le cose nelle nebbie lacustri di Wuhan: né le autorità cinesi né i due scienziati premiati con la Legione d’Onore hanno passato a Parigi la minima informazione utile a combattere la pandemia che sta affondando il mondo intero. Come cooperazione un fallimento totale.

Il saggio sul Covid-19
In marzo la scrittrice cinese Yan Geling da Berlino ha pubblicato un saggio letterario sul Covid-19. Per descrivere l’atteggiamento delle autorità cinesi nei confronti di questa epidemia prende in prestito tre parole da un’antica lirica della poetessa Tang Wan (1130-1156), “nascondere, nascondere, nascondere” (man, man, man). Lo ripete tre volte: come avviso forse può bastare.

 

 

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