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01/07/2020

 

Fra Hong Kong e Pechino, BoJo sceglie l'ex colonia. La lezione inglese

By Gregorio Sorgi

 

La Gran Bretagna non vuole più essere il miglior amico della Cina. Offerta la cittadinanza ai residenti di Hong Kong con passaporto britannico.

 

La Gran Bretagna non vuole più essere il miglior amico della Cina. Le nuove leggi repressive imposte da Pechino nei confronti dei cittadini di Hong Kong hanno alimentato il malcontento britannico verso la Cina. Il premier Boris Johnson ha accusato il regime cinese di avere violato la Dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984, che garantisce delle libertà ad hoc per i cittadini dell’ex colonia inglese. In seguito il ministro degli Esteri Dominic Raab ha annunciato in Parlamento di essere pronto ad accogliere e offrire la cittadinanza ai residenti di Hong Kong con il passaporto britannico. Raab ha detto che la Gran Bretagna ha una “responsabilità storica” nei loro confronti, e gli garantirà il diritto di vivere e lavorare nel Regno Unito per un periodo di almeno cinque anni. 

Quest’ultima provocazione di Pechino, in occasione del ventitreesimo anniversario del passaggio di Hong Kong dalla Gran Bretagna alla Cina, ha rafforzato il fronte anti-cinese a Downing Street. Molti degli uomini più vicini a Johnson temono la dipendenza della Gran Bretagna dalla Cina, e vogliono instaurare un nuovo rapporto con la seconda potenza al mondo. Sono lontani i giorni in cui l’ex premier Cameron ambiva a rafforzare l’alleanza tra Londra e Pechino. Il suo governo aveva steso tappeti rossi per accogliere il presidente cinese Xi Jinping a Londra nel 2015, proclamando l’inizio di “una nuova epoca d’oro” nei rapporti tra Cina e Gran Bretagna. L’allora ministro dell’Economia, George Osborne, si vantava che gli investimenti cinesi in Gran Bretagna avrebbero creato “migliaia di posti di lavoro”, senza intravedere il pericolo alle porte. Oggi molti suoi colleghi conservatori rimpiangono gli errori del passato. “Osborne ha sbagliato sulla Cina, é stato molto ingenuo”, ha detto Nick Timothy, guru conservatore ed ex braccio destro di Theresa May, in un’intervista a Politico. 

Il Covid-19 è stato un campanello di allarme per il governo di Londra. Ciò che preoccupa l’apparato della politica estera britannica non sono le responsabilità della Cina nella diffusione dell’epidemia, ma la dipendenza del Regno Unito dalle importazioni cinesi. All’apice dell’emergenza sanitaria, la Gran Bretagna non ha avuto accesso ai dispositivi di protezione individuale perché la Cina aveva bloccato le esportazioni. Il governo britannico intende aumentare la produzione interna dei beni di prima necessità per essere autosufficienti in caso di una seconda ondata. Anche l’opinione pubblica sembra avere imparato la lezione. Un sondaggio pubblicato oggi stima che il 72 per cento degli elettori britannici sono disposti a pagare di più per i dispositivi medici pur di essere indipendenti dalla Cina. 

La svolta del governo è stata aizzata dal sentimento anti-cinese dei parlamentari conservatori. Una pattuglia di deputati Tory hanno creato il China research group, una corrente cino-scettica che si batte per ridurre l’influenza di Pechino in Gran Bretagna. Il gruppo è stato fondato dal presidente della commissione Esteri dei Comuni Tom Tugendhat, che organizza incontri settimanali con esponenti di spicco dell’establishment britannico per discutere dei rapporti tra Cina e Gran Bretagna. Uno dei temi più importanti riguarda il ruolo di Huawei nella costruzione della rete 5G nel Regno Unito. A gennaio il premier Boris Johnson aveva dato il via libera all’azienda cinese per costruire il 35 per cento della rete 5G, sollevando una rivolta parlamentare tra i Tory che temevano di compromettere la storica alleanza con gli Stati Uniti. Quando l’America ha deciso di applicare delle sanzioni contro Huawei, il Regno Unito ha agito di conseguenza. A maggio il centro britannico per la cybersicurezza ha preso in esame la scelta del governo a favore di Huawei e potrebbe dare un parere contrario nelle prossime settimane. Le azioni di Pechino ai danni di Hong Kong sicuramente non aiutano la causa dell’azienda tech. 

Questa campagna anti-cinese non è una preoccupazione di nicchia di una corrente dei Tory. Il Covid-19 e le repressioni a Hong Kong hanno dato vita a un fronte bipartisan che si oppone alla crescente influenza di Pechino. Il Labour ha sostenuto la dichiarazione di Raab in Parlamento, rimproverando il governo per avere una linea troppo morbida sul tema. “La Gran Bretagna deve avere un approccio strategico nei confronti della Cina”, ha detto il ministro degli Esteri ombra Lisa Nandy, che ha incoraggiato “un’indipendenza strategica della Gran Bretagna”. Anche l’ex premier Tony Blair ha consigliato al governo di restare a fianco degli Stati Uniti nella questione Huawei. Sia i conservatori che i laburisti sono disposti ad ammettere che la Brexit obbliga il Regno Unito a rafforzare la storica alleanza con gli Stati Uniti. A differenza dell’Unione europea, per la Gran Bretagna è più difficile restare neutrale nello scontro tra Cina e America. All’indomani della repressione cinese a Hong Kong, l’establishment politico britannico ha deciso chiaramente da che parte stare. 

 

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