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21/07/2020

 

Pechino, prof. Xu Zhangrun: Il totalitarismo del Partito è condannato al fallimento 

 

In una lettera aperta, l’accademico perseguitato dal regime scrive che la libertà alla fine arriverà nel Paese. Egli è stato licenziato dalla sua università dopo aver trascorso sei giorni in prigione. Le sue critiche a Xi Jinping. Il Partito comunista dipinge un quadro roseo della società, ma la gente soffre. La decadenza del mondo intellettuale cinese. “Sfiderò le istituzioni fino alla morte”.

 

 Il totalitarismo è condannato al fallimento, e la libertà alla fine arriverà in Cina. Sono le parole appassionate che Xu Zhangrun, l’accademico perseguitato dal regime per le sue critiche al presidente Xi Jinping, ha scritto in una lettera indirizzata agli ex alunni dell’università Qinghua, dove ha insegnato per anni.

Il prestigioso ateneo della capitale ha licenziato il noto giurista per “corruzione morale” subito dopo la sua scarcerazione, avvenuta il 13 luglio. Egli aveva trascorso sei giorni in prigione con l’accusa di aver “favorito la prostituzione” durante una sua visita a Chengdu (Sichuan) la scorsa estate. Per colleghi e amici, le autorità hanno inventato le accuse con l’obiettivo di screditare Xu, distruggendo la sua reputazione, e fargli perdere il lavoro.

Il docente di legge era stato già sospeso dall’insegnamento nel 2019 per un articolo contro la presidenza a vita di Xi. In febbraio, egli  aveva pubblicato un articolo che criticava “la tirannia” del Partito comunista (Pcc), colpevole di aver distrutto “il sistema politico cinese” che si avviava alle riforme dopo la morte di Mao Zedong.

Lo scorso maggio, alla vigilia della sessione annuale dell’Assemblea nazionale del popolo, Xu ha chiesto alla leadership cinese di riflettere sulla sua gestione della pandemia e di scusarsi con il popolo per i suoi errori. Secondo l’accademico, la repressione della società civile e della libertà di espressione operata dal Pcc ha impedito alla popolazione di rispondere subito all’allarme per il Covid-19.

Per aiutare il dissidente, oltre 500 ex studenti della Qinghua hanno raccolto 100mila yuan (circa 12mila euro). Xu ha rifiutato la donazione, invitando gli organizzatori della raccolta a destinare i fondi a persone più bisognose di lui; egli dice di sentirsi in forze, e che si guadagnerà da vivere con i suoi scritti.

Nella lettera aperta, Xu attacca il Partito e i suoi “megafoni” (i media di Stato) per dipingere un quadro roseo della società cinese, quando in realtà tante persone nel Paese faticano a far quadrare i conti. Per l’accademico, la Cina è sull’orlo del precipizio. I leader del Pcc seguono uno stile di vita “stravagante”, mentre settori della popolazione soffrono: “La maggior parte dei nostri compatrioti – denuncia Xu – riesce a malapena a mangiare, e lotta per sopravvivere”. 

Xu sferza anche il mondo intellettuale cinese, caratterizzato a suo dire da “decadenza, presunzione e conformità”. Egli nota poi che,  mentre il regime rimane aggrappato alle sue “meschine” istituzioni, gli altri Paesi stanno iniziando a prendere le distanze.

Il giurista conclude il suo messaggio dicendo che continuerà a sfidare le autorità fino alla sua morte: “È nostra responsabilità e nostro destino affrontare questi tempi, soffrire, mantenere viva la fiamma nella notte buia, e dare il benvenuto all’alba”.

 

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