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5 maggio 2020

 

La Corte tedesca bacchetta la Bce: ecco cosa cambia per l’Italia

di Andrea Muratore

 

Il verdetto della Corte Costituzionale tedesca sul programma di acquisto titoli della Bce è un nuovo capolavoro di equilibrismo della Consulta di Karlsruhe che offre una sponda di buona qualità al governo di Berlino.

Entrando nel merito, la decisione della Corte Costituzionale tedesca sul quantitative easing avviato da Mario Draghi, proseguito da Christine Lagarde (e espanso nel pieno dell’emergenza pandemica) è un sì a metàma al tempo stesso contiene elementi di critica e stigmatizzazione delle misure adottate dall’Eurotower che la Germania potrà far valere ora nei tavoli che più contano. Ovvero quelli della decisione delle politiche anti-coronavirus.

 

Da un lato, la Corte ha accertato che il programma di acquisti dei titoli di Stato (Pspp) della Bce non finanzia gli Stati e quindi rispetta il divieto del Trattato contro la monetizzazione dei debiti pubblici nazionali. Dall’altro ha posto un ultimatum di tre mesi alla Bce per giustificare alcune problematiche riscontrate al suo interno e, nel caso in cui ciò non avvenisse, prendere iniziative capaci di coinvolgere il governo tedesco. Qui l’Italia potrebbe risultare profondamente impattata.

 

La corte di Karlsruhe non ha bocciato il Qe in toto ma ha ventilato l’ipotesi che la Bce abbia violato in parte il principio di proporzionalità delle misure da mettere in campo nella risposta alla crisi economica degli anni passati. Per la prima volta nella storia della repubblica tedesca, l’organo principale della giustizia del Paese ha segnalato che alcune delle operazioni messe in campo da un’istituzione comunitaria “non sono coperte dalle competenze europee” e per questo “non potrebbero avere validità in Germania”. Il riferimento è a una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, che nel 2018 aveva dato semaforo verde al piano-Draghi a tre anni dall’entrata in vigore del Qe, secondo Karlsruhe, senza un’attenta valutazione dei suoi effetti economici.

La corte chiede alla Bce di giustificare perché il programma avrebbe favorito alcuni Paesi, tra cui non fatichiamo a riconoscere i membri dell’Europa di area mediterranea come l’Italia, che partendo da livelli di rendimento dei titoli e da spread più elevati hanno maggiormente beneficiato dall’ampliamento dell’esposizione di Francoforte nei loro bilanci. Se la Corte, come scritto nella sentenza, non accogliesse le spiegazioni della Bce, la Bundesbank potrebbe dover rivendere i titoli di Stato acquistati con il Pspp, paralizzando l’Eurotower.

 

C’è quindi una pericolosa discrasia temporale che rischia di sfavorire l’Italia. 

Recentemente, la Bce ha dato il via libera al piano di oltre 750 miliardi di euro che non prevede limitazione al capital key, cioè alla percentuale di titoli di ogni Paese detenuti al suo interno. L’Italia è stata favorita due volte: con questa mossa e con l’annuncio dell’Eurotower di acquistare i Btp anche in caso di declassamento a livelli speculativi da parte delle agenzie di rating.

 

Una paralisi legata al defilarsi della Bundesbank in una fase tanto critica, causata anche da una sentenza su un programma già concluso, avrebbe effetti rovinosi. Il Qe non ha avuto effetti pienamente proporzionati sul tema dei rendimenti perché asimmetrico era stato l’effetto della precedente crisi dei debiti sovrani. A ben guardare, operando un quantitative easing che la Germania certamente non ha subito sul piano concreto (con facilitazioni al suo export e nei saldi Target2), la Bce ha favorito la svalutazione dell’euro vitale alla competitività dell’industria tedesca, compensando di fatto il guadagno dei Paesi mediterranei in termini di rendimento.

 

Berlino potrà ora avere una sponda negoziale per concentrare sulla sua agenda Mes-Bei-Sure la risposta europea alla crisi, tenendo in mano anche il futuro della Bce con la sua sfera costituzionale. L’Italia non può permettersi di subire modifiche al piano di acquisto titoli da parte dell’Eurotower sulla base del giudizio su programmi precedenti: questo perché l’attuale crisi supera in complessità tutte le altre, è simmetrica sul piano sanitario ma fortemente asimmetrica su quello economico, dato che i Paesi più impattati dal contagio e dal lockdown, come l’Italia, subiranno maggiori danni economici.

 

La sponda di Francoforte ha aiutato a salvare il rating e a chiamare in soccorso all’Italia la finanza americana. Cambiare le regole in corsa ora avrebbe, per l’intera Europa, effetti rovinosi e in Italia creerebbe una crisi di sfiducia verso la tenuta dell’economia e del debito pubblico che apre scenari di crisi disastrosi: il default non sarebbe un’ipotesi da tenere nel campo dell’impossibile. Per Berlino il mito europeista vale finché non si entra sui confini tedeschi: saremmo ipocriti se considerassimo questo un problema se ciò valesse per ogni Stato. Ma l’interpretazione settoriale della politica europea da parte delle istituzioni tedesche: come nella Fattoria degli animali di Orwell, in Europa c’è un Paese che è più uguale degli altri.

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