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26 settembre 2020

L’attentato contro l’ex sede di Charlie Hebdo, spiegato

di Giovanni Giacalone 

L’attacco di venerdì 25 settembre nei pressi dell’ex sede della redazione di Charlie Hebdo che ha causato il ferimento di quattro persone, di cui due in modo grave, ha ricordato alla Francia che la minaccia del terrorismo islamico è sempre in agguato e, nonostante le informazioni disponibili siano ancora molto limitate, la procura parigina ha reso noto che le autorità stanno seguendo la pista terroristica. Il luogo dell’attacco e le tempistiche forniscono del resto degli elementi piuttosto chiari: non solo è avvenuto nei pressi dell’ex sede della rivista satirica, ma una delle vittime è stata aggredita proprio davanti al murales disegnato in omaggio ai fumettisti del settimanale uccisi nell’attentato terroristico del 2015. L’attacco è avvenuto di venerdì, giorno sacro per i musulmani e anche in parallelo con il processo ai 14 imputati accusati di aver fiancheggiato i terroristi negli attentati che avevano colpito la Francia nel 2015 (ieri è toccato alle mogli dei fratelli Kouachi testimoniare).

Bisogna poi tener presente che redazione di Charlie Hebdo aveva deciso, in concomitanza con l’inizio del processo a inizio settembre, di pubblicare nuovamente le caricature su Maometto che all’epoca scatenarono la rabbia dei musulmani e l’attacco alla redazione.

 

Chi sono gli attentatori

Allo stato attuale si sa che il principale sospettato, arrestato poco dopo l’attacco, è un 18enne pakistano arrivato tre anni fa in Francia come minore non accompagnato. L’arma utilizzata per l’attacco, una mannaia da macellaio, è stata ritrovata nei pressi della stazione della metropolitana. Il soggetto in questione era stato fermato per controlli un mese fa, trovato in possesso di un cacciavite ma subito rilasciato e non risultava inserito nella lista di soggetti sensibili al fenomeno terroristico.

Un secondo individuo, un 30enne algerino, è stato fermato dalla polizia per accertamenti, ma non sono ancora state fornite ulteriori informazioni al riguardo. Nel frattempo altre cinque persone, tutte nate tra il 1983 e il 1996, sono state portate in caserma durante le perquisizioni di una casa dove viveva anche il pakistano nel quartiere periferico di Pantin.

 

L'elemento Pakistan

Un fattore da tenere in considerazione è la nazionalità pakistana del presunto attentatore in quanto le proteste più violente in risposta alla nuova pubblicazione delle caricature da parte di Charlie Hebdo erano scoppiate proprio in Pakistan. Venerdì 4 settembre infatti migliaia di manifestanti si erano riversati per le strade delle città pakistane per protestare contro le caricature, definite “un insulto al Profeta“, reato che in Pakistan prevede la pena di morte.

Seguaci del partito islamista radicale Tehreek e-Labbaik Pakistan erano scesi in strada a Karachi, Lahore, Islamabad e Multan lanciando slogan contro Charlie Hebdo e bruciando bandiere francesi. Il predicatore Mohamed Zaman aveva anche chiesto la rottura dei rapporti diplomatici con Parigi e l’espulsione dell’ambasciatore Marc Barety.

Intervento durissimo anche da parte di Maulana Abdul Waseh, leader di Jamaat Ulema e Islami Baluchistan, che tra le varie cose aveva definito la pubblicazione delle caricature “blasfema” e “un palese atto di terrorismo”. Proteste anche dal Ministero degli Esteri di Islamabad che ha dichiarato:

Un tale atto, deliberato e con l’obiettivo di offendere i sentimenti di milioni di musulmani, non può essere giustificato con la scusa della libertà di stampa e di espressione

Il presidente della JR Global Security Consulting, Roland Jacquard, aveva avvisato che le proteste di inizio settembre contro la Francia potevano essere interpretate come un segnale d’allarme in quanto il Pakistan sarebbe presto potuto diventare un vasto e fertile terreno per il reclutamento di potenziali terroristi.

Il sentimento anti-francese in risposta alla pubblicazione delle caricature era esploso anche sui social e gli stessi media pakistani avevano fornito ampio spazio al fenomeno. Non si può dunque escludere che il 18enne pakistano (se effettivamente identificato come l’attentatore) possa essere stato influenzato anche da questa pesante campagna anti francese.

 

Alcune riflessioni

Come già detto inizialmente, allo stato attuale non ci sono sufficienti elementi per fornire una panoramica chiara su quanto avvenuto venerdì nei pressi dell’ex sede di Charlie Hebdo ed è normale che sia così; serviranno alcuni giorni per capire meglio le dinamiche, ma ci sono alcuni elementi che sono già indicativi, come ad esempio la tempistica.

Il prof. Marco Lombardi di Itstime/Università Cattolica di Milano indica come “l’attacco sia avvenuto chez Charlie (o quasi) mentre è in corso il processo ai terroristi degli attentati del 2015, con modalità e armi tipiche del terrorismo islamista, dopo una serie di minacce raccolte e divulgate dai media nei giorni precedenti; l’attentatore è un giovane pakistano, maschio, musulmani e il fatto è avvenuto dopo che Charlie Hebdo aveva pubblicato nuovamente le vignette su Maometto. Queste cose messe in fila non lasciano dubbi sul fatto che, per i suoi effetti, l’attacco è certamente riconducibile al terrorismo islamista. Un attacco che fornisce un revival non sperato al jihadismo un po’ in crisi, rinfocola la paura dell’Occidente e rilancia le narrative dei media del terrore che si erano affievolite”.

 

CREATOR: gd-jpeg v1.0 (using IJG JPEG v62), quality = 82 Attacco davanti alla ex sede di Charlie Hebdo (LaPresse)

 

Secondo l’esperto di terrorismo Wasim Nasr, l’arma utilizzata per l’attacco, un coltello da macellaio, fa ipotizzare un’iniziativa personale più che un attentato pianificato da gruppi come Al Qaeda (che aveva minacciato ritorsioni). Bisogna però tener presente che la nuova strategia del jihadismo globale targato Isis prevede proprio questo tipo di attacchi “spontanei” o  di rapidissima pianificazione, utilizzando anche strumenti del quotidiano e contro soft-target.

Non si sa inoltre se il 18enne fosse veramente da solo o se in coppia (come hanno affermato alcuni testimoni); non è ancora noto se l’attentatore ha potuto usufruire di supporto logistico o di aiuti nella pianificazione. Tutti elementi che dovranno essere chiariti nel corso delle indagini.

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