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27/09/2020

 

Chi erano i manifestanti che a Trafalgar Square hanno detto no alle norme anti-contagio di Johnson

di Patrizia Cecconi 

 

Londra, 27 settembre 2020

Ieri a Londra faceva freddo e un ventaccio gelido e prepotente ti spingeva ostacolandoti se, come si suol dire, camminavi controvento. Nonostante il clima, oltre 15.000 manifestanti hanno sfidato il freddo  e si sono ritrovati, anche metaforicamente parlando, controvento in una Trafalgar square animata da voci e cartelli che inneggiavano alla libertà. La manifestazione aveva infatti come parola d’ordine “we do not consent” ed è stata convocata come “freedom rally”.  Insomma un “noi non acconsentiamo” e veniamo a manifestare per la libertà.

 

Libertà da chi, da cosa, perché? E chi componeva questa manifestazione così partecipata nonostante il clima, ora che anche il Regno Unito ha  scelto la linea del “restare a casa” e delle mascherine, non più utilizzando la moral suasion, ma decretando multe salatissime che, però, non hanno spaventato i manifestanti?

Forse mai come in questo periodo, e non solo in Gran Bretagna, le voci si sono “con-fuse” e quella linea che definiva la sfera valoriale  che teneva separato il mondo di destra dal mondo di sinistra sembra essersi  talmente frammentata da essere divenuta inconsistente in più di un’occasione.

 

Così oggi, a Trafalgar square, hanno manifestato contro il premier conservatore Boris Johnson migliaia di cittadini, progressisti e conservatori,  uniti solo dal rifiuto di norme che vengono ritenute non di tutela della salute contro la Covid-19, ma di puro ammansimento sociale, sulle orme di quanto avvenuto in quasi tutto il pianeta.

Uno degli organizzatori della manifestazione odierna, lo scrittore David Icke, è stato arrestato. Ci sono stati scontri con la polizia e almeno quattro persone, tra manifestanti e poliziotti sono state ferite. David Icke viene considerato un antisemita, al contrario del nuovo leader laburista Keir Starmer che invece si è dichiarato fieramente e pubblicamente sionista e tra le sue prime azioni come leader del suo partito, dopo esser succeduto a  Corbyn,  ha provveduto all’epurazione (definita esattamente così) dei deputati, dei membri e perfino dei ministri-ombra in odore, a suo avviso, di antisemitismo.

Chi mi legge forse si chiede cosa c’entra questo con l’epidemia di Covid-19.  Beh, qualcosa c’entra perché nella grande confusione del periodo c’è chi ipotizza che dietro le misure di contenimento del contagio si celi un progetto di dominio mondiale, e in questo David Icke è sicuramente un maestro avendo scritto molti libri in cui teorizza l’esistenza di un “governo segreto” mondiale nel quale troverebbero posto famosi banchieri ebrei come i Rothschild.

Per la verità le centinaia di cartelli innalzati dai manifestanti non avevano nessuna attinenza con l’antisemitismo e lo stesso Icke si è più volte  difeso da quest’accusa, ma forse a causa di questa cattiva fama pare che ogni tanto tra i suoi fans spuntino dei neonazisti e questi si sarebbero mescolati tanto a Londra che a Berlino e in altre città alle diverse manifestazioni organizzate dai gruppi che contestano le misure restrittive decise  come rimedio anti-diffusione del virus.

Oggi però non sono stati visti, o almeno chi scrive non ha visto bandiere o cartelli indegni di manifestare per la libertà, concetto che con le ideologie nazifasciste non ha nulla a che vedere. Tra i manifestanti c’erano invece notevoli differenze circa la considerazione della malattia del secolo. Ma la stampa mainstream sicuramente li accomunerà tutti sotto il nome di negazionisti, mettendo insieme il pensiero del professor Piers Corbyn, astrofisico fratello dell’ex leader laburista che nega l’esistenza del virus definendolo una menzogna tout court, o dello stesso Icke che in quanto a teorie considerate stravaganti è sicuramente imbattibile, con le posizioni della stragrande maggioranza dei  manifestanti che invece riconoscono l’esistenza e i vari gradi di pericolosità del virus se e quando si trasforma in patologia, appunto nella Covid-19, ma criticano – in modo diverso e da diverse posizioni
politiche – la gestione strumentale che ne è stata fatta quasi ovunque.

Non va dimenticato che ai primi di marzo in Gran Bretagna, quando ancora il governo non si era allineato alla pratica delle restrizioni liberticide ma si limitava a dare linee guida di precauzione, un gruppo composto da cittadini inglesi e italiani residenti a Londra aveva promosso una petizione per militarizzare la nazione “prendendo esempio dall’Italia” e in meno di una settimana la petizione aveva superato 400.000 firme.

Insomma, al di là delle battute facili che l’improvvido Boris  scatena grazie ad espressioni agevolmente estrapolabili dal contesto, resta il fatto che questo governo sembra ormai cotto e non riesce a soddisfare né chi chiede le restrizioni massime, né chi vi si oppone. Qualunque sia la linea scelta ormai Johnson sembra avviato verso l’ultimo miglio. Gli sforzi economici del suo cancelliere, superiori perfino a quanto aveva progettato Corbyn, non sono serviti se non ad evitare – per il momento – licenziamenti di milioni di lavoratori, né sono serviti a dare poco più che una boccata d’ossigeno ai tanti piccoli esercizi commerciali, molti dei quali non ce la faranno comunque a sopravvivere.

In una confusione – caratteristica del periodo ed effetto collaterale della Covid – che ha colpito anche menti solitamente lucide e capaci di brillanti osservazioni politiche, si è scambiata “la difesa del capitale” con la difesa delle condizioni che garantiscono i posti di lavoro e sono piovute critiche su chi ha scelto di non uccidere l’economia per non uccidere successivamente per fame e/o per disperazione i propri cittadini, come alcuni paesi africani o come la Svezia, per esempio. Ma sull’inquilino di Downing Street le critiche sono arrivate comunque e ad ogni mossa in qualunque direzione, e sono arrivate a livello mediatico planetario. A seguire il pensiero di alcuni noti “complottisti” si potrebbe dire che si sta progettando la sua sostituzione con qualcuno più utile a sviluppare progetti che vanno ben oltre  la Covid-19.

Con la stessa confusione, e con altrettanta prevedibile malafede, circa la manifestazione odierna di Londra,  i media  maistream scambieranno la critica per negazionismo e, come insegnava George Orwell in 1984, ridurranno al minimo le parole fagocitando la prima nella seconda. Pochi ricorderanno che la manifestazione di oggi non era vietata perché nella democrazia (borghese) che ancora più o meno si respira in Gran Bretagna, le restrizioni secondo la regola del sei non valgono per le manifestazioni, purché i manifestanti si impegnino a mantenere il distanziamento previsto.  Erano progressisti o conservatori i manifestanti antigovernativi? Conta poco, manifestavano contro norme che ritengono lesive della libertà e che portano alla devastazione economico-sociale che sembra dietro l’angolo come altro effetto collaterale del maledetto virus e della sua gestione.

Laburisti come il sindaco di Londra nella tarda sera di ieri si sono rivolti al governo per chiedere che vengano aumentate le restrizioni impedendo drasticamente anche le visite ai familiari. Altri laburisti tre ore fa erano alla manifestazione per dire al governo che non accetteranno le sue limitazioni.

Tanta è la confusione sotto il cielo, ma non annuncia nulla di buono.

Intanto il leader laburista Starmer, che al contrario di Corbyn ha tutte le carte in regola per sostituire l’ormai quasi sicuramente sconfitto Johnson, aspetta che l’epidemia dia i suoi buoni frutti.  Sicuramente sarà gradito alla comunità ebraica date le sue dichiarazioni e le epurazioni che ne hanno mostrato la sincerità. Quando arriverà il suo turno il virus probabilmente non farà più paura e lui potrà goderne gli effetti ruotati a suo favore.  

Ma queste sono solo  ipotesi personali di chi scrive. Per tornare alla manifestazione di oggi va invece posto il focus sulla sua partecipazione numerosa e diversificata e questo almeno un significato preciso, anche se solo uno, sicuramente ce l’ha: Londra, se non la Gran Bretagna, non accetta all’unisono il diktat governativo quale che sia, e oggi lo hanno detto chiaramente più di 15.000 persone, molte delle quali erano presenti anche alla manifestazione contro il razzismo dopo l’uccisione di George Floyd e a quella contro l’estradizione Julian Assange. Per oggi da Londra è tutto.

 

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