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11 febbraio 2020

 

L’indipendenza scozzese è in vista

di Craig Murray

Traduzione di Giuseppe Volpe

 

Non ci sarà mai una via all’indipendenza scozzese considerata legale da Westminster. Il referendum del 2014 non sarà mai ripetuto. Il Regno Unito non cederà mai di buon grado un terzo del suo territorio, la maggior parte dei suoi banchi di pesca, la maggior parte delle sue risorse minerarie, la sua carne, frutti di bosco e whisky più commerciabili, la maggior parte del suo potenziale di energia rinnovabile, una parte vitale del suo esercito, compresa la sua principale base nucleare, le sue università migliori in numerosi settori chiave comprese le scienze biologiche, la sua pronta riserva di talenti intellettuali e professionali. Il primo ministro Boris Johnson, una volta tanto, è onesto quando afferma che mantenere insieme l’Unione è la sua priorità principale. E’ la massima priorità dell’intera dirigenza britannica.

L’ex primo ministro David Cameron aveva accettato il referendum del 2014 solo perché pensava che l’esito avrebbe umiliato e ucciso il nazionalismo scozzese. All’epoca in cui lo aveva accettato il sostegno all’indipendenza era al 28 per cento nei sondaggi.

 

Westminster ha avuto lo shock più enorme e orribile quando il sostegno all’indipendenza è salito al 45 per cento durante la campagna, quando molti, per la prima volta in vita loro, avevano ascoltato gli argomenti reali. Il panico di Whitehall dell’ultima settimana del referendum del 2014 non è qualcosa che la dirigenza britannica intenda mai ripetere.

Sottomarino Trident che lascia la sua base sul fiume CLyde con il villaggio delle HIghlands scozzesi di Strone sullo sfondo (bodgerbrooks, Flickr, CC BY-sA 2.0 Wikimedia Commons)

 

C’è una tesi simpaticamente ingenua proposta da alcuni che, se il sostegno all’indipendenza potrà salire al 60 per cento nei sondaggi d’opinione, Johnson e Westminster dovranno “concedere” un referendum. Questo è il contrario della verità. Se il sostegno all’indipendenza sarà al 60 per cento, l’ultimissima cosa che i Conservatori faranno sarà accettare un referendum che perderebbero. La loro resistenza sarà enormemente indurita. Si ricordi: i Conservatori potrebbero non aver nessun loro parlamentare in Scozia e continuare ad avere una maggioranza di 73 a Westminster. L’impopolarità in Scozia non rappresenta nessun danno per Johnson. In Inghilterra la sua posizione anti-scozzese è molto popolare con una base centrale di sostegno di scimmioni razzisti dalla scarsa istruzione.

La “giustificazione intellettuale” di questa posizione è stata tracciata in televisione dal segretario agli esteri Dominic Raab: indipendentemente dai desideri della maggioranza in Scozia, il Regno Unito ha il dovere di bloccare l’indipendenza scozzese, di impedire che forze secessioniste anarchiche siano scatenate in tutta Europa; ha citato Italia, Francia e Spagna.

Westminster non accetterà mai un altro referendum e  quanto più appariamo probabili vincitori, tanto meno lo accetterà.

Né c’è un percorso a un referendum “legale” attraverso i tribunali. Se un tribunale stabilisse che un referendum consultivo fosse legale secondo l’attuale Legge sulla Scozia (cosa che potrebbe essere realmente) allora i Conservatori approveranno semplicemente una nuova legge a Westminster per renderlo illegale. A Westminster hanno già fatto questo per rovesciare decisioni del parlamento scozzese e la Corte Suprema britannica ha già chiarito che la sovranità del parlamento di Westminster non può essere contestata.

La Scozia può diventare indipendente, ma diventare indipendente sarà, indubbiamente, illegale in base alla legge britannica, cioè la legge di Westminster. Non ci sarà alcuna via all’indipendenza concordata con Westminster.

 

Westminster non ha nessun diritto

Se si crede nell’indipendenza scozzese, si crede che la nazione scozzese sia un “popolo” secondo il significato della Carta dell’ONU, e dunque abbia un diritto inalienabili all’autodeterminazione. Questo significa che Westminster non ha nessun diritto, mediante la legge o con altri mezzi, di impedire che il popolo scozzese eserciti il suo diritto all’autodeterminazione.

Mi dispiace, ma il fatto è questo: se si crede che la Scozia debba passare all’indipendenza soltanto attraverso un processo approvato da Westminster, allora in realtà non si crede per niente all’indipendenza scozzese.

 

Nicola Sturgeon in campagna elettorale nel ricco territorio del Partito Nazionale Scozzese, Kirkintilloch (NInian Reid, Flick)

 

Il che ci porta a Nicola Sturgeon, la leader dello Scottish National Party (SNP) e primo ministro della Scozia. Il suo discorso molto strombazzato circa la via da percorrere dopo la Brexit è stato deplorevole nell’affermare esplicitamente che qualsiasi referendum debba essere tenuto con l’accordo di Westminster e che qualsiasi referendum tenuto senza l’accordo di Westminster potrebbe essere “illegale”. Ha usato le parole “illegale” e “selvaggio” per denigrare l’idea che la Scozia agisca senza il permesso di Westminster.

Persino i più fedeli alla Sturgeon tra tutti i maggiori blogger a favore dell’indipendenza, come James Kelly e Paul Kavanagh, non hanno potuto appoggiare la Sturgeon su questo punto.

 

“Toom Tabard” [Mantello vuoto] come fu deriso re Giovanni, con la corona e lo scettro simbolicamente spezzati e con uno stemma vuoto come rappresentato nel “Forman Armorial” del 1562 per Mary, regina degli scozzesi (Wikimedia Commons)

Ciò che ha detto la Sturgeon corrisponde a un riconoscimento esplicito della sovranità britannica sul popolo scozzese come sia legittima sia immutabile. Lei sta accettando che il Patto d’Unione abbia cancellato permanentemente il diritto all’autodeterminazione. La Sturgeon dovrebbe prestare ascolto al racconto di Toom Tabard, riguardo a quale rispetto i governanti inglesi mostrino nei confronti di leader scozzesi che accettino la loro autorità. Il suo discorso la rafforzato la mia idea che lei sia realmente troppo a suo agio nel suo ruolo di governatrice coloniale.

 

Eppure…

 

Convenzione costituzionale

Quando la Sturgeon ha cominciato a parlare di convocare una convenzione costituzionale, io inizialmente ne ho riso, pensando che lei stesse semplicemente confermando la mia predizione che il suo “piano” fosse di avviare semplicemente un altro chiacchiericcio. Ma poi sono rimasto stupefatto quando lei ha elencato i potenziali membri: i rappresentanti eletti della Scozia riuniti insieme, parlamentari scozzesi, parlamentari britannici, (ex) parlamentari europei e leader di consigli.

Ho spiegato diffusamente negli ultimi due anni la mia proposta di un percorso all’indipendenza che conduca al riconoscimento da parte della comunità internazionale. Donald Tusk, l’ex presidente del Consiglio d’Europa, ha confermato oggi quello che io sono andato dicendo riguardo all’enorme simpatia che ci sarà nella UE riguardo all’accoglienza del ritorno della Scozia, ora che il Regno Unito è passato allo status di paese terzo. (Ho conosciuto ragionevolmente bene Donald Tusk quando ero primo segretario dell’ambasciata britannica a Varsavia negli anni Novanta e lui era un politico senza cariche della mia stessa età. Mi piacerebbe pensare di aver avuto un effetto!)

Ma il nucleo di ciò che stavo proponendo è questo, come ho scritto nel dicembre del 2018:

“Il parlamento scozzese dovrebbe poi convocare un’Assemblea Nazionale di tutti i rappresentanti scozzesi eletti nazionalmente: parlamentari scozzesi, parlamentari britannici e parlamentari europei. Tale Assemblea Nazionale dovrebbe dichiarare l’indipendenza, fare appello ad altri paesi per essere riconosciuta, raggiungere accordi con il Regno Unito superstite e organizzare un plebiscito di conferma. Ciò è legale, democratico e coerente con la normale prassi internazionale”.

 

O, come ho scritto di nuovo due settimane fa:

“Dovremmo riunire tutti i parlamentari europei, parlamentari britannici e parlamentari scozzesi della Scozia e dichiarare l’indipendenza nel settecentesimo anniversario della Dichiarazione di Arbroath, sottolineando in tal modo la continuità dello stato scozzese. Le idee e le leggi di Londra divenute a quel punto irrilevanti, dovremmo organizzare, da stato indipendente, un nostro referendum per confermare l’indipendenza, da tenersi nel settembre del 2020”.

 

Sala dei dibattiti del parlamento scozzese (Colin, CC BY_SA 4.0 Wikimedia Commons)

 

Leggete, per favore, gli articoli segnalati se non l’avete già fatto. Spiegano come la Scozia possa diventare legittimamente una nazione indipendente indipendentemente dalla legge nazionale britannica.

Ora, fino al discorso della Sturgeon, non avevo mai visto nessuno, tranne me, avanzare la proposta che la via da seguire sia un’assemblea di tutti i parlamentari britannici, parlamentari scozzesi e parlamentari europei, dando tripla legittimazione all’elezione democratica. La Sturgeon ha rafforzato questo aggiungendo i leader dei consigli.

C’è una grande differenza tra un’assemblea – o convenzione – di rappresentanti eletti e una nominata di grandi e buoni. Questa nuova assemblea proposta dalla Sturgeon è realmente molto diversa sotto tale aspetto dalla convenzione dallo stesso nome che ha contribuito a formulare il decentramento.

Ora, io non penso nemmeno per un momento che la Sturgeon abbia convocato questa convenzione per dichiarare l’indipendenza. Ma un’assemblea di parlamentari britanni, scozzesi ed europei della Scozia avrà una chiara maggioranza numerica a favore dell’indipendenza e una grande maggioranza per l’indipendenza intellettualmente. Avrà un diritto estremamente forte a essere un’assemblea correttamente rappresentativa i cui membri hanno ciascuno un mandato democratico. La Rivoluzione Francese fu naturalmente scatenata in modo analogo da un’innovazione costituzionale che convocò un’Assemblea Nazionale che riuniva i diversi stati e tale assemblea fu trascinata dal fervore di assumere misure proto-rivoluzionarie che si spinsero molto oltre le posizioni iniziali dei suoi membri.

La dinamica di un nuovo organo costituzionale i cui membri sentano di disporre di legittimità non andrebbe sottovalutata. La convocazione di tale organo sarà una reale innovazione costituzionale. Dobbiamo  assicurarci che, come l’Assemblea Nazionale francese, si senta chiaramente un grande folla fuori dalle finestre che chieda un cambiamento radicale e rapido.

Craig Murray è uno scrittore, giornalista radiofonico e attivista per i diritti umani. E’ stato ambasciatore britannico in Uzbekistan dall’agosto del 2002 all’ottobre del 2004 e rettore dell’Università di Dundee dal 2007 al 2010.

 

 

 


da Znetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://consortiumnews.com/2020/02/11/scottish-independence-is-within-sight/

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