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10 Marzo 2020 

 

L’Italia diventa zona rossa. Ma in gioco non c’è solo il contrasto al coronavirus

 

La proclamazione da parte del Governo della cosiddetta Zona Rossa in tutto il paese è una misura eccezionale che certifica la gravità della situazione sanitaria ed il pericolo immanente per la salute delle persone.

 

Come comunisti che hanno a cuore – prima di tutto – la salvaguardia e la tutela generale della nostra gente prendiamo atto di questo provvedimento e per ciò che possiamo fare nella situazione attuale – direttamente ed attraverso le strutture politiche, sindacali e sociali in cui operiamo – siamo impegnati a sostenere ogni esigenza di difesa collettiva della salute, di salvaguardia del diritto al salario e del complesso delle questioni che attengono alle nostre condizioni di vita e di lavoro.

E’ drammaticamente evidente, però, che anche questa ultima decisione del Governo è intervenuta a posteriori dei pesanti dati che emergono quotidianamente sulla diffusione dell’infezione e che – come dimostrato, anche goffamente, nelle settimane precedenti – l’Esecutivo sta agendo sotto pressione della Confindustria e dei vari centri di potere con un andamento oscillante, disorientante e marcatamente avventurista.

Il tutto in un contesto dove si mostrano, platealmente, i disastri compiuti dalle politiche economiche e sociali degli ultimi decenni – fondate sull’Austerity e la “filosofia della privatizzazione” – le quali hanno distrutto il servizio sanitario e tutto il comparto di prevenzione e tutela della salute.

Certo il non blocco della produzione (ai fini del profitto immediato e della “sacralità del mercato”) e, quindi, la permanenza di molti fattori di rischio di contagio sono una palese contraddizione delle scelte operate per bloccare la diffusione del virus e lo specchio di una società in cui la sostanziale assenza di ogni idea di pianificazione dell’economia e di programmazione a larga scala dimostrano il suo carattere schizofrenico e antisociale che – in contesti eccezionali come quelli che stiamo vivendo – possono rivelarsi come ulteriori complicanze per tutti.

Per cui – pur dentro una condizione inedita di fermo obbligato/necessario dell’attività politica – non dismettiamo neanche per un attimo non solo la denuncia dei disservizi, dei guasti e del disastro che è stato determinato contro la dignità e la vita delle persone ma lanciamo un allarme circa lo stringente autoritarismo antisociale che accompagna, anche mediaticamente, l’intero arco di provvedimenti che il Governo sta assumendo. 

Del resto la criminale gestione militare della drammatica situazione dell’emergenza/carceri (su cui vige una scandalosa censura informativa) è la prova provata di come la strada della repressione resta quella preferita dalla borghesia nei momenti di crisi e di acutizzazione delle contraddizioni.

Ma la vicenda del Coronavirus, ben oltre le cronache italiane e degli altri paesi, squaderna la crisi conclamata di un modello sociale – il Capitalismo – il quale mostra tutti i suoi limiti e, soprattutto, le modalità di regressione umana, culturale e materiale che oramai attanagliano questa formazione sociale.

Ritorneremo, su questi aspetti, nei prossimi giorni con un ragionamento più ampio ed argomentato in cui le questioni della battaglia ideologica, dell’alternativa di società e della necessità – storica ed immediata – del Socialismo trovino una ulteriore conferma ed attuale validità particolarmente a fronte di un fenomeno globale come il Coronavirus.

Oggi – intanto – è il tempo della salvaguardia delle nostre vite, del nostro popolo e delle nostre comunità.

 

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