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23/04/2020

 

Se la politica non difende la Liberazione

di Sergio Cofferati

 

Il tentativo di sminuire il valore della ricorrenza del 25 Aprile fino a ridurlo a un puro riferimento storico non è solo una triste vicenda di questi giorni dolorosi e drammatici, ma è una pratica che dura da molto tempo, nella distrazione di molti, favorita dalla sottovalutazione di alcuni elementi, come per esempio le politiche comunicative, che compongono la pratica politica.

Non sorprende che ciò che rimane del vecchio fascismo e i nuovi movimenti che ne ripropongono gli obiettivi dittatoriali sia pure in forme diverse cerchino sistematicamente di erodere tutto ciò che da valore alla democrazia e la rafforza. Questa pratica va dalla riproposizione della violenza nei comportamenti quotidiani al tentativo sistematico di ridurre le libertà democratiche nell’informazione, nel sociale, nell’economia e nel lavoro.

Poi nelle fasi di maggior visibilità mediatica, come quello dato dall’avvicinarsi della ricorrenza del 25 Aprile, vengono messi in campo i tentativi più goffi che in quanto tali sono destinati a maggior visibilità mediatica, anche se sono privi di fondamento storico e culturale.

Assegnare identico significato alla canzone del Piave e a Bella Ciao ignorando (volutamente) la differenza tra le ragioni pur nobilissime di chi difendeva la Patria e quelle di chi chiedeva democrazia e libertà ne è solo l’ultima riprova. Ma gli aspetti più inquietanti anche se meno vistosi sono quelli che derivano da una lenta ma costante rinuncia della politica, delle forze democratiche a valorizzare l’anniversario e le sue ragioni.

Si è realizzata nei fatti una delega alle associazioni partigiane e si è praticata una presenza passiva e calante che non ha stimolato adeguatamente le generazioni che quella libertà usano. Insomma l’origine, i contenuti e il valore storico della lotta di liberazione non hanno più avuto la visibilità necessaria.

Siamo arrivati all’assurdo che un governo promuove le celebrazioni del 25 aprile escludendo l’associazione dei partigiani (che ha poi chiarito con l’Anpi). La nostra democrazia ha bisogno che questa tendenza venga rovesciata, ancor di più in questo difficilissimo momento. La risalita dalla voragine nella quale l’epidemia ci ha fatto precipitare sarà efficace solo se contestualmente al riavvio dell’economia si rafforzerà la democrazia e si garantiranno i diritti che ne discendono.

Sabato, in occasione del settantacinquesimo anniversario dovremo fare a meno delle piazze della nostra storia, la piazza virtuale le sostituirà degnamente. Quello che diviene però decisivo è, dal giorno dopo, cominciare a recuperare i nostri ritardi.

 

 

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