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24/1/2020

 

Il Nobel Stiglitz: “Le conseguenze di 45 anni di teorie di Friedman: crisi finanziarie, salari in picchiata, disparità sociale, inquinamento”

di Vittorio Da Rold 

inviato a Davos.

 

L’aria è fredda e la salita ripida ma Joseph Stiglitz, 77 anni, un veterano di Davos che con A. Michael Spence e George A. Akerlof, ha vinto il Premio Nobel per l’economia nel 2001 per aver gettato le basi per la teoria dei mercati con informazioni asimmetriche, si arrampica come un giovanotto sulla stradina di montagna tra le nevi dei Grigioni svizzeri con l’aiuto di una bastone da passeggio mentre concede un’intervista in esclusiva a Business Insider Italia sul tema del momento: i diritti degli stakeholders e la loro pari dignità rispetto ai diritti degli azionisti che l’hanno fatta da padroni negli ultimi decenni dai tempi della rivoluzione del premier britannico Margaret Thatcher e dell’allora presidente Usa, Ronald Reagan.

 

A Davos il Wef proprio quest’anno ha deciso di porre al centro del dibattito dei tremila partecipanti i diritti degli stakeholders (dipendenti, clienti e fornitori, le comunità dove l’azienda è collocata) rispetto a quelli degli azionisti. Mission impossible?

“Puntare tutto sul valore delle azioni,specialmente su valore delle azioni nel breve termine, è completamente sbagliato e lo dissi 45 anni fa in numerosi lavori pubblicati nel Quarterly Journal Economic and Journal Financedove avevo dato una elaborazione matematica dei motivi per cui questo approccio non avrebbe funzionato”.

 

Quindi la teoria monetarista di Milton Friedman e i Chigago Boys avevano torto?

Sì, certo Milton Friedman aveva torto. Ci vogliono delle condizioni molto particolari in cui la sua teoria può considerarsi corretta come avere a disposizione paritetiche informazioni sulle previsioni di mercato. (ma il lavoro che è valso il Nobel a Stiglitz ha dimostrato che questo non accade quasi mai, ndr)

 

Ma perché ci sono voluti 45 anni per arrivare a questa conclusione?

Perché era una semplicistica idea che in quel momento con la Reaganomic dominante era difficile controbattere. Solo a 45 anni dal mio allarme noi possiamo vedere le conseguenze di questa idea errata nelle crisi finanziarie, in un incremento delle diseguaglianze sociali, nei salari sempre più bassi e infine nell’aumento del tasso di inquinamento del pianeta. Abbiamo finalmente capito che questo tipo di capitalismo non è buono per la società nel suo complesso.

 

Pensa che questi sforzi che si stanno operando al Wef di Davos in favore di un’economia più inclusiva possano ottenere qualche risultato trasformando questo capitalismo in una capitalismo migliore o sia solo fumo negli occhi?

Penso che sia possibile ottenere risultati ma occorre che ci sia un maggior ruolo delle regolamentazioni pubbliche. Comunque cambiare opinione è già un passo importante. Quando le persone riconoscono che la visione della massimizzazione del valore delle azioni è un’idea negativa questo è un punto di partenza importante su cui iniziare a lavorare. Penso che qui al Wef di Davos ci stiamo muovendo nella giusta direzione ma naturalmente non è ancora abbastanza e dobbiamo fare di più”.

 

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