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23/01/2020 

 

Il lobbying del FMI contro le pensioni

 

La Banca Centrale Europea ha preso per i fondelli il governo italiano con una lettera in cui gli rinfacciava di non essere in grado di dimostrare che l’introduzione dei nuovi limiti all’uso del contante abbia dei reali effetti sulla riduzione dell’evasione fiscale. La notizia è stata banalizzata da molti commenti nel senso che anche la BCE oggi ammetterebbe che la limitazione del contante non ha effetti positivi, semmai deleteri. In realtà il PD non s’è inventata la fobia per il contante, ma l’aveva adottata con il tipico entusiasmo conformistico che oggi caratterizza le sinistre di fronte ad ogni direttiva che piova dalle organizzazioni sovranazionali.


L’attuale presidente della BCE, Christine Lagarde, era sino a pochi mesi fa direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, cioè proprio quell’istituzione che negli anni passati ha condotto una furiosa lotta contro il contante, presentando il “no cash” come misura indispensabile per sollevare le masse povere del mondo dal loro analfabetismo finanziario. Il primo Paese ad adottare in modo drastico questa misura è stato l’India, che è diventata un laboratorio di finanziarizzazione di massa. Il FMI, pur riconoscendo gli inconvenienti che l’abolizione del contante aveva comportato in India, ne celebrava ugualmente i presunti benefici effetti per la “salvezza” delle masse povere. 
Il FMI rappresenta la principale agenzia di lobbying finanziario, quindi il vero scopo della lotta al contante era quello di favorire l’indebitamento esponenziale dei poveri attraverso il microcredito o microfinanza. Il denaro contante facilita gli scambi mentre il denaro elettronico facilita l’indebitamento: puoi far indebitare le masse di ogni angolo del mondo senza la difficoltà di doversi trasferire materialmente il denaro contante. 
Adottata parallelamente a forme di biometrizzazione, come il riconoscimento attraverso la mano, o l’iride, al posto delle tradizionali carte di credito, la digitalizzazione finanziaria consente di allargare a dismisura ciò che il FMI definisce, con subdola retorica umanitaria, come “inclusione” finanziaria. Gli strumenti biometrici consentono infatti di esercitare un controllo molto più pervasivo e incisivo sui debitori di quello che si potrebbe attuare con il contante.
In Europa ci sono però Paesi che contano, come la Germania, i quali non hanno nessuna intenzione di privarsi dell’agevolazione che il contante comporta negli scambi, perciò la BCE prende le distanze dal “no cash” mettendo alla gogna i governi gonzi che si erano bevuta la propaganda lobbistica del FMI. La protervia del lobbying di marca FMI non ha limiti nell’evocare palingenesi salvifiche o catastrofi incombenti pur di imporre le misure che fanno comodo ai potentati finanziari e industriali. 

Da anni nel mirino del Fmi c’è la previdenza pubblica. Per le lobby finanziarie non si tratta solo di favorire la previdenza privata, ma anche di impedire che il sostegno alle famiglie garantito da una pensione renda i giovani lavoratori meno ricattabili e meno disponibili ad accettare salari sempre più bassi e condizioni di lavoro sempre meno dignitose. E, se i salari sono bassi, tanto più bisogna rivolgersi al credito ai consumi; insomma, i prestiti sostituiscono i salari. Ecco perché il FMI non perde occasione per paventare apocalissi previdenziali, che sarebbero dovute alla presunta lievitazione delle “aspettative di vita”, apocalissi da scongiurare ovviamente con drastiche “riforme strutturali”. Il fatto che proprio tutte queste “riforme” determinino una crescente disoccupazione e sottooccupazione e quindi una diminuzione dei contributi previdenziali, non viene minimamente posto in evidenza.
L’obbiettivo del lobbying finanziario quando attacca le pensioni, è di impoverire i lavoratori e i ceti medi. La povertà rafforza la dipendenza: il rapporto gerarchico basilare è quello tra ricchi e poveri. 

In Francia la “riforma” delle pensioni imposta da Macron in obbedienza alle direttive del Fmi, ha determinato un’opposizione energica e di una durata inaspettata. Per inciso, nel caso che rivolte simili avvenissero in Paesi come l’Iran o il Venezuela, ciò sarebbe considerato motivo sufficiente dalla sedicente “Comunità Internazionale” per imporre un intervento militare o sanzioni in difesa dei diritti umani. 
Almeno in Francia la propaganda lobbistica non è bastata e il sospetto che gli allarmismi sul buco previdenziale abbiano altri scopi comincia a diventare senso comune. Attaccando le pensioni il lobbying colpisce un fondamentale ammortizzatore sociale, un fattore di equilibrio che per decenni ha funzionato per smussare le tensioni e per impedire che intere parti della popolazione sprofondassero verso il basso. Un intero sistema di mediazione sociale viene oggi liquidato con la prospettiva di poterlo sostituire con strumenti di controllo tecnologico. 

La pauperizzazione non crea alle oligarchie alcun problema morale poiché il divario di classe viene da loro percepito come una differenza razziale. L’idea che le classi dominanti condividano con i propri dominati un senso di comune umanità, è una pia illusione. Il razzismo non riguarda solo il colore della pelle o i tratti somatici, bensì è una visione complessiva dei rapporti sociali. Ma le attuali oligarchie finanziarie sono ancora più sradicate dai territori in confronto alle oligarchie che le avevano storicamente precedute. Ciò comincia a mettere in questione la stessa nozione di società.

 

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