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20/08/2020

 

Le proteste contro Lukashenko minacciano la Belt and Road cinese

 

Il presidente bielorusso ha puntato su Pechino per riequilibrare i rapporti con Russia e Ue. Guerre e disordini interni sono tra le minacce principali al successo della Bri. Le autorità cinesi criticano le interferenze di forze straniere. La Cina ha investito 1,6 miliardi di euro nelle infrastrutture di Minsk.

 

L’instabilità creata dalle recenti proteste in Bielorussia minaccia gli investimenti cinesi nell’ambito della Belt and Road Initiative (Bri), il grande piano infrastrutturale del presidente Xi Jinping per rendere la Cina il perno del commercio mondiale. È quanto sostiene la maggior parte degli osservatori.

La diplomazia “economica” di Pechino si basa sulla stabilità dei Paesi partner: guerre e disordini interni sono tra le minacce principali al successo della Bri, come dimostrano le difficoltà che il progetto incontra in Pakistan, Afghanistan, Iran e Medio Oriente.

Le dimostrazioni contro la rielezione del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che l’opposizione interna – spalleggiata da Usa e Unione europea – ritiene truccata, mettono in pericolo i piani geopolitici di Pechino: la nazione dell’Est Europa è infatti una potenziale porta d’ingresso nel mercato della Ue, il suo secondo partner commerciale.

La linea ufficiale di Pechino rimane quella di condannare ogni interferenza negli affari interni di un altro Stato; ciò vale per l’Occidente e, in misura minore, per la Russia. Xi Jinping è stato tra i primi leader stranieri a congratularsi con Lukashenko per la sua rielezione; ieri il ministero degli Esteri cinese ha dichiarato che la Cina si “oppone alle forze straniere che provocano divisioni e disordini nella società bielorussa”. Una Bielorussia nel caos, o troppo allineata con la Ue o Mosca, non è la prospettiva migliore per la Bri.

Lukashenko ha governato il Paese con il pugno duro dal 1994. Per sopravvivere, evitando di dipendere da un solo “sponsor” straniero, egli ha cercato di volta in volta l’appoggio di Mosca o dell’Europa. Negli ultimi anni, per ampliare le sue opzioni, “l’ultimo dittatore d’Europa” ha accresciuto i rapporti con la Cina, che ai suoi occhi non rappresenta una minaccia per la sovranità bielorussa.

Secondo il China Global Investment Tracker, dal lancio della Bri nel 2013, gli investitori cinesi hanno riversato in Bielorussia 1,6 miliardi di dollari, soprattutto nei trasporti, nella logistica e nell’energia, settori chiave per la Belt and Road. Lo scorso anno, le istituzioni finanziarie cinesi hanno concesso anche una linea di credito da 12,7 miliardi di euro alla Banca bielorussa per lo sviluppo.

Tra gli investimenti più importanti, Pechino ha finanziato la costruzione di un parco industriale hi-tech alle porte di Minsk. La struttura, definita da Xi una “perla” nel quadro delle “nuove Vie della seta”, è costata nel complesso 1,7 miliardi di euro.

 

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