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2 settembre 2020

“Ecco cosa vuole la Turchia”

di Lorenzo Vita 

Le acque bollenti del Mediterraneo orientale hanno riportato la Turchia al centro delle attenzioni. Quello che sta avvenendo nel quadrante che va dall’Egeo fino ai fondali di Cipro è un susseguirsi di eventi dai lati ancora oscuri. Il governo di Ankara che ha spedito la nave Oruc Reis e la sua scorta di mezzi militari per la ricerca nei fondali marini. La Grecia ha reagito con una serie di manovre militari e attivando un vero e proprio blocco anti turco nel Mare Nostrum che vede nella Francia uno dei partner di primo piano. Una sfida che vede un dispiegamento di forza aeronavali in continua crescita con il rischio che anche una piccola scintilla possa far deflagrare un incendio di cui è difficile prevede i contorni e le conseguenze. Ma quello che conta è capire come mai si sia giunti a questa escalation. Perché l’Egeo e il Levante si sono trasformati in un luogo di tensioni e perché oggi è possibile vedere in azioni navi greche, turche, francesi, italiane e americane fino ai caccia degli Emirati Arabi Uniti?

 

Per comprenderlo bisogna partire dalla Turchia, Paese che in questi ultimi anni ha visto crescere la sua spinta propulsiva e che ha deciso di dirigere il proprio sguardo al di fuori dei propri confini verso tutte le direzioni per estendere la propria rete di influenza. Prima ha sfruttato e concretizzato la “profondità strategica” ideata di Ahmet Davutoglu. Ora, invece, con la spinta che dalla terra si sposta verso il mare, questo ritorno della Turchia sullo scacchiere internazionale ha un nome che riecheggia con sempre maggiore forza: Mavi Vatan, la Patria Blu. Ne abbiamo discusso con Cem Gürdeniz,

ammiraglio della Marina turca, che ha coniato e studiato per primo questo nome, Mavi Vatan, diventato oggi il simbolo delle mosse di Ankara nel Mediterraneo.

 

“Mavi Vatan si fonda su tre pilastri. Il primo pilastro è il simbolo di una marittimizzazione della Turchia nel ventunesimo secolo. La Turchia ha avuto una visione marittima che purtroppo è stata rimossa nel corso dei secoli. Ataturk provò a rivitalizzarla, ma dopo di lui nessuno si è concentrato davvero sullo sviluppo di una marina capace. Noi dipendiamo dal mare per le risorse, per il commercio, per il sostentamento dello Stato. Il governo e il popolo turco hanno cambiato idea solo negli ultimi anni rendendosi conto di come abbiano bisogno del mare. Ecco perché questa dottrina è un simbolo”.

Ma dalla simbologia si passa alla prassi, e sotto questo profilo, gli altri due pilastri sono fondamentali per comprendere cosa vuole la Turchia. Gurdeniz continua la sua disamina. “Il secondo pilastro di Mavi Vatan è una definizione – ci spiega Gurdeniz. Definisce le aree di giurisdizione marittima, ovvero le acque territoriali, la piattaforma continentale e la ZEE. In questo ambito Mavi Vatan è un approccio difensivo per proteggere le nostre aree di giurisdizione marittima, in particolare contro la Mappa di Siviglia preparata per l’UE e imposta alla Turchia”.

Definizione cui corrisponde poi il terzo pilastro, la dottrina. “Per proteggere, salvaguardare e sviluppare i diritti marittimi e gli interessi nazionali, Mavi Vatan sviluppa dottrine secondarie come l’utilizzo della marina, lo sviluppo dell’industria della difesa, l’uso di navi per la ricerca sismica e perforatrici, lo sviluppo di basi di supporto della flotta nazionale e all’estero e strumenti legali e argomenti per la firma accordi di delimitazione con altri Stati rivieraschi”. Il riferimento è al memorandum con la Libia del 27 novembre 2019. Questo è un profilo su cui l’ammiraglio tornerà spesso: la questione del buon vicinato. “Questa dottrina mira ad avere buoni rapporti con i vicini basati su una quota equa del dominio del mare. Mavi Vatan non presuppone necessariamente conflitti, ma piuttosto avere buoni rapporti con altre potenze come l’Egitto, Israele, Malta o l’Italia”.

 

La domanda a questo punto sorge spontanea, soprattutto per quello che sta avvenendo nel Mediterraneo orientale con Atene.

 

Ammiraglio Gurdeniz, come ritiene che una dottrina come Mavi Vatan possa coesistere con gli interessi degli altri Paesi e con il diritto internazionale?

“Il problema di oggi con l’Unione europea e gli Stati Uniti è un problema di percezione. Per secoli la Turchia è stata vista come una potenza terrestre. La ragione principale di ciò che accade ora è che con Mavi Vatan questa percezione cambia. Siamo rivolti al mare senza alcuna voglia di tornare indietro. Il problema principale per ora è la carta di Siviglia. Se siamo privati di centinaia di migliaia di chilometri quadrati di acque sovrane – secondo questa mappa – con confini che strangolano la Turchia e la escludono dal mare è un problema. Il sistema atlantico impone un sistema che costringe la Turchia a rimanere in Anatolia. Questa mappa impedisce alla Turchia di raggiungere gli oceani. È intenzionalmente progettato per togliere la Turchia dal suo ruolo nel Mediterraneo e nella geopolitica mediterranea. È impossibile per la Turchia accettare la seconda versione del Trattato di Sevres, soprattutto ora che si stanno scoprendo risorse energetiche e le frontiere non lo autorizzano”.

 

Queste parole, questi concetti, ricordano molto alcuni discorsi del presidente Recep Tayyip Erdogan…

“Io sono un kemalista. Mavi Vatan è qualcosa che protegge gli interessi dello Stato ed è assolutamente estraneo alle visioni neo-ottomane, all’espansionismo e all’islamismo. Mavi Vatan è una dottrina difensiva contro le richieste e le imposizioni dell’Ue e degli Stati Uniti basata sulla mappa di Siviglia. Difende le regole internazionali, le giurisprudenze della Corte internazionale di giustizia e della Corte permanente di arbitrato con le precedenti decisioni sui conflitti di delimitazione marittima. Mavi Vatan è al di là della politica, non ha nessun collegamento diretto con qualsiasi partito politico. Tuttavia fornisce indicazioni sulla politica statale…”

 

Siamo oltre la politica, quindi anche oltre lo Stato e oltre la Turchia

“La Turchia non è sola nel Mediterraneo” spiega Gurdeniz.” La Turchia rappresenta anche il mondo turco: rappresenta i popoli dal Kazakistan ai Balcani che non hanno coste. La Repubblica Turca è l’unico Paese per questo mondo a essere una potenza marittima e consente a questi popoli di collegarsi al mare e ad altre parti del mondo. Dobbiamo pensare a tutti questi popoli e stati. Esiste un’area di interesse, cooperazione e coordinamento che arriva fino al Golfo Persico, Aden e tutto il Mediterraneo fino agli oceani. L’Italia ha portaerei, ad esempio, ed è un’arma fondamentale perché significa che la marina protegge gli interessi economici e politici nazionali. In Italia è stato coniato il concetto di Mediterraneo allargato, che indica il desiderio di proiettarsi al di là delle proprie coste. La Turchia deve estendere la sua area di operazione e in caso di emergenza deve avere basi operative all’estero per far operare la Turchia, come Libia, la Repubblica di Cipro Nord, Gibuti, Albania, Qatar”.

Un concetto che l’ammiraglio Gurdeniz ci sottolinea più volte: “La Marina turca deve espandersi e questa è una reazione naturale alla crescita di un potere regionale e arrivare a un punto di svolta. La Turchia sta crescendo come stato membro del G20, con 83 milioni di abitanti, una grande industria della difesa. Un passaggio fondamentale che non può essere trascurato perché i vicini come la Grecia e Cipro cercano di privare la Turchia della sovranità e dei diritti marittimi. Il mondo sta cambiando, ci sono nuovi poli e ci stiamo muovendo verso il multipolarismo. Cina e Russia stanno cambiando il mondo unipolare basato sulla pax americana. L’Italia stessa ha firmato un accordo con la Cina per la Via della Seta”.

 

Ecco, ammiraglio, parlando dell’Italia, come ritiene che siano o debbano essere i rapporti tra Italia e Turchia? Alcuni episodi negli ultimi tempi hanno dimostrato fratture tra i due Paesi ma anche forti sinergie in alcuni ambiti

“Parlando dell’Italia, è possibile che la Turchia sia partner o concorrente dell’Italia. Dal punto di vista geopolitico, l’Italia e la Turchia possono essere concorrenti. Sono due paesi fortemente marittimi che hanno o vogliono avere il controllo del Mediterraneo o di parte di esso. L’Italia ha un doppio fronte, il Mediterraneo occidentale e orientale, e si trova in una posizione molto critica e particolare, che ne è anche la sua forza. Francia e Germania premono per un’Italia posizionata in un certo modo, ma il problema parte dal sistema atlantico. L’Italia ha una forte cultura atlantica ma allo stesso tempo ha in sé una spinta eurasiatica e ha la capacità di avere interessi diversi da quelli del sistema che fa capo a Washington. Cosa che la accomuna alla Germania. La Turchia aveva al suo interno una scuola legata a Gulen che era istigata dalla Nato e dal sistema atlantico. Ma una parte del paese non è d’accordo perché la presenza militare statunitense e la politica strategica americana è vista come un problema. La Turchia è vicina alla politica eurasiatica così come sembra essere l’Italia, che è l’unica potenza del G8 sulla Via della Seta e abbiamo interessi comuni in Libia e Nord Africa. Questo è qualcosa che la Francia non vuole e preme per avere una propria forza autonoma nel Mediterraneo, come è accaduto e sta accadendo in Libano”.

 

La partecipazione alle esercitazioni “Eunomia” con la Grecia indica che l’Italia sembri più legata al blocco occidentale. Anche se c’è stato un Passex con la Marina turca

Per quanto riguarda le esercitazioni, la Turchia le fa continuamente ed è una politica di equilibrio: non dobbiamo sorprenderci delle esercitazioni. Possiamo farle con chiunque e tutti le fanno con diverse potenze”.

 

A proposito di Grecia, di Eunomia e di quello che sta avvenendo tra Atene e Ankara, cosa ne pensa lei, Cem Gurdeniz, ideatore di Mavi Vatan e stratega dell’espansione turca nel mare?

“Il problema tra Grecia e Turchia non è né politico né legale: è geopolitico. La Grecia si comporta come ‘procuratore’ del sistema euro-atlantico che la Turchia ritiene non rispettoso del sistema internazionale e del diritto del mare. La mappa di Siviglia dà l’intera piattaforma continentale dell’Egeo alla Grecia. Kastellorizo (l’isola al centro dell’attuale escalation ndr) ??prende 40mila chilometri quadrati dalla piattaforma continentale turca nonostante abbia 20 chilometri di costa: la penisola anatolica ne ha 1600. Quindi è contrario alla realtà voluta dal diritto internazionale, è una mappa dettata, calata dall’alto e che la Turchia non potrà mai accettare”.

 

Ma pensa che possa essere il preludio a una guerra?

“Penso che non ci saranno scontri armati perché se la Grecia, con o senza altri partner dell’Ue e della Nato, attaccasse la Turchia, sarebbe la fine dell’Alleanza atlantica. E senza Turchia ci sarebbe un’accelerazione del nuovo ordine mondiale, con Ankara che si sposta ad est. Penso che il mondo dovrebbe persuadere i greci a rinunciare alle loro affermazioni inaccettabili, irrealistiche e irrazionali sia nell’Egeo che in tutto il Mediterraneo. Lo ripeto: se la Grecia minaccia o compie atti di guerra, ci sarebbero ripercussioni sull’ordine mondiale, non solo sulla regione”.

 

A proposito di Nato in crisi, questa escalation nell’Egeo e il dinamismo francese riportano alla mente le parole di Emmanuel Macron che definì l’Alleanza in uno stato di “morte cerebrale”. La realtà sembra dargli ragione. Che cosa succederà tra Nato e Turchia?

“La Nato ha abusato della Turchia negli ultimi 70 anni. Allora eravamo il principale baluardo contro la spinta sovietica a sud. Ora la Guerra fredda è finita e la Turchia ha riconfigurato una nuova geopolitica che non si adatta alla visione euroatlantica. Ed ecco che si è arrivati allo scontro. Vogliono il ritiro delle truppe turche da Cipro, vogliono che la Turchia accetti la mappa di Siviglia e imponga uno stato curdo fantoccio nel sud con accesso al mare, hanno utilizzato i gulenisti nell’ultima fase per spezzare la volontà della Turchia di perseguire una nuova geopolitica. Il colpo di stato del 15 luglio 2016 è stato il colpo finale, ma hanno fallito. I gulenisti sono stati perseguiti in Turchia ma alcuni sono andati in America o nei paesi occidentali dove hanno trovato protezione e rifugio”.

 

Il suo è un attacco importante: ma la Turchia, la nuova Turchia di Mavi Vatan può coesistere con la Nato? Può esserci ancora effettivamente una potenza turca interna all’Alleanza atlantica? 

“La Nato è in crisi in questo momento per quanto sta accadendo nel Mediterraneo orientale e non credo che la strategia turca possa coesistere troppo a lungo con il Patto atlantico. Il Mediterraneo sta passando da una pax americana a pax sinica, portata e creata dalla Cina. È un processo molto lungo ma è chiaro che la pax americana, che è venuta dopo la pax britannica, non accetterà l’inevitabile cambiamento senza confronto. Spero che questo cambiamento si concluda senza spargimento di sangue. Ma è chiaro che queste due pax stanno cambiando il Mediterraneo o potrebbero cambiare in futuro”.

Gurdeniz, su questo punto, sembra avere molte certezze. “Le relazioni tra Nato e Turchia non saranno più così forti come prima perché l’Ue e la Nato agiscono in modo diverso dagli interessi nazionali turchi”, chiosa il militare. “La visione del sistema euroatlantico nei confronti della Turchia dovrebbe cambiare. Devono nascere nuove alleanze. Dobbiamo fare nuovi accordi e cercare nuovi alleati, ad esempio con la Russia che è sotto assedio e con la quale facciamo accordi in Siria e Libia. Potremmo anche riconoscere la sovranità sull’Abkhazia se Mosca riconosce quella di Cipro del Nord. C’è un equilibrio dei rispettivi interessi. Se l’Ue e gli Usa vogliono privare la Turchia delle risorse di cui ha bisogno per il suo futuro, non c’è possibilità di un compromesso che ci porterà a perdere tutto. Gli americani e alcune nazioni della Nato si stanno alleando con il Pkk e le Ypg per un Kurdistan indipendente che è contro gli interessi turchi. In che modo gli alleati terrestri di un membro della Nato mirano a destabilizzare e fratturare un altro alleato?”

 

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