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6 maggio 2020

 

Il giallo del ricercatore cinese assassinato in America

di Davide Bartoccini 

 

La ricerca sul Covid-19 e la sua cura si macchiano di sangue, e adesso è giallo sull’assassinio di un professore cinese dell’università americana di Pittsburgh che è stato freddato con un colpo di pistola alla testa. Era vicino a fare “scoperte molto significative” sul virus che ha scatenato la pandemia globale e rischia di cambiare per sempre le nostre vite. E sebbene gli inquirenti non possano collegare il movente dell’omicidio alle ricerche avanzate campo scientifico su un tema così delicato, un velo di mistero sta già avvolgendo il caso sotto indagine.

 

A freddare Bing Liu, 37 anni, sarebbe stato un altro uomo, Hao Gu, 46 anni, anche lui di Pittsburgh, trovato morto lo stesso giorno, sabato 2 maggio, a poca distanza dal luogo del delitto. Dopo aver sparato diversi colpi di pistola sul ricercatore che si trovata nel patio della sua abitazione, quest’ultimo si sarebbe tolto la vita nella propria auto.

 

Secondo gli inquirenti non si tratterebbe di un rapina, anzi, i due uomini si conoscevano, e l’assassino avrebbe agito mentre la moglie della vittima era fuori casa. Sarebbe da escludere, secondo la polizia di Pittsburgh, la “pista cinese“: ossia un omicidio legato alle origini asiatiche dell’uomo; ma non si può allo stesso tempo non considerare la possibile implicazione delle sue ricerche sul Sars-Cov-2. Fonti interne all’università statunitense dove la vittima lavorava da sei anni hanno dichiarato: “Bing era sul punto di fare scoperte molto significative per comprendere i meccanismi cellulari che sono alla base dell’infezione da Sars-CoV-2 e le basi cellulari delle seguenti complicazioni”. I suoi colleghi del Dipartimento di Biologia Computazionale e dei Sistemi della School of Medicine lo hanno descritto come “ricercatore e mentore eccezionale”, affermando che si impegneranno a “rendere omaggio alla sua eccellenza scientifica” completando le ricerche che stava portando avanti con dedizione.

 

Bing Liu, originario della Cina, aveva conseguito la laurea e il dottorato di ricerca in informatica presso la National University di Singapore per poi stabilirsi negli Stati Uniti, e proseguire la sua carriera accademica prima nella prestigiosa Carnegie Mellon University, dove collabora con il professor Edmund Clarke, e poi all’University of Pittsburgh School of Medicine. La stessa dove Andrea Gambotto e Louis Falo sono attualmente impegnati nel coordinamento di un gruppo di ricercatori che lavora senza sosta alla creazione di un vaccino efficace per fermare il nuovo coronavirus Sars-Cov-2. Secondo quanto riportato dallo scienziato italiano, il vaccino – una sorta di un cerotto che viene applicato sulla cute delle cavie e che potrebbe essere il primo ad essere approvato dalla Food and Drug Administration – ha superato la fase di sperimentazione animale, producendo la quantità di anticorpi specifici sufficienti a neutralizzare il virus. Un obiettivo molto ambito in questo momento di competizione scientifica che vede una vera e propria corsa al vaccino che “salverà il mondo”. In ballo infatti non c’è solo la salvaguardia dell’umanità, ma anche interessi economici e politici.

 

Per questo motivo, e per le “scoperte molto significative” ottenute dalla vittima riguardo il misterioso “virus cinese” – che gran parte dell’opinione pubblica ritiene essere, senza alcuna prova che possa suffragare la tesi, un’arma biologica creata in qualche laboratorio segreto per generare il caos e sovvertire gli assetti geopolitici – si sta cercando un collegamento tra la ricerca sul Covid-19 e questa brutale esecuzione. Per adesso ciò che è certo, è che un giovane e promettente ricercatore ha perso la vita. Lascia una moglie e i suoi genitori, che ancora vivono in Cina.

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