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venerdì 22 novembre 2013

L'inferno della Repubblica Centrafricana
di Sonia Grieco

Allarme della Francia: rischio genocidio nel Paese diventato il teatro di un sanguinoso scontro interreligioso. L'Onu pensa all'invio di caschi blu

Roma, 22 novembre 2013, Nena News –

La Repubblica Centrafricana è "sull'orlo del genocidio". A denunciarlo è stato il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, sottolineando che le Nazioni Unite stanno valutando l'invio di caschi blu francesi e dei Paesi africani. Parigi, dunque, prosegue sulla strada dell'interventismo in Africa, come accaduto per il Mali, ed è disposta a mandare altri soldati (ha già un gruppo di militari che si occupano della sicurezza aeroportuale) nell'ex colonia, precipitata nel caos dopo l'offensiva dei ribelli seleka contro il governo del presidente François Bozizé, iniziata lo scorso dicembre.

Il Paese è ricco di risorse minerarie (oro, diamanti e uranio) e sono queste la reale posta in gioco del conflitto sfuggito al controllo degli stessi ribelli. A marzo i seleka hanno conquistato la capitale Bangui e hanno costretto alla fuga Bozizé. Al suo posto si è insediato il capo della coalizione dei ribelli, Michel Djotodia, il primo presidente musulmano della storia del Paese, che su pressione internazionale ha promesso elezioni e ha sciolto le milizie che lo avevano portato al potere. Una decisione mal digerita dai gruppi armati che hanno innescato una spirale di violenze dai contorni confessionali: i musulmani contro la maggioranza cristiana in un Paese di 4,5 milioni di abitanti in cui le due comunità hanno sinora vissuto in armonia. Nelle zone settentrionali, inoltre, si sono formate altre milizie per contrastare i seleka, formate dai fedeli all'ex presidente Bozizé in cui sono confluiti ex militari, contadini e vigilanti cristiani. E il governo non ha il controllo di gran parte del territorio.

La Repubblica Centrafricana è diventata il teatro di un conflitto influenzato dallo scontro confessionale che sta contagiando l'Africa ed esposto al rischio di una guerra d'importazione. Tra le file dei seleka, infatti, si contano molti stranieri, sudanesi e ciadani, e anche tanti minorenni. Il Paese, uno dei più poveri al mondo, è ormai in emergenza umanitaria. Le Ong denunciano il reclutamento forzato dei bambini (circa 3.500, secondo Amnesty International) e lo sfruttamento sessuale delle bambine, la pratica dello stupro come arma, le stragi che non risparmiano civili inermi, le esecuzioni sommarie, le razzie e i saccheggi. Mancano i beni di prima necessità, la gente ha trovato riparo nella boscaglia, ma tanti patiscono la fame e vivono in condizioni igieniche pessime. Le vittime sono centinaia, oltre 400.000 gli sfollati interni e 70.000 quelli fuggiti negli Stati confinanti, a loro volta alle prese con instabilità e presenza di gruppi armati sui propri territori, come per esempio il Lord Resistence Army nella vicina Repubblica democratica del Congo. Il rischio che sconfinino in cerca di bottini facili è alto.

La transizione politica annunciata la scorsa estate, che dovrebbe portare il Paese alle urne in 18 mesi, non è mai iniziata. Le istituzioni pubbliche sono nel caos e non forniscono servizi, anche le entrate fiscali sono quasi azzerate e oltre un milione e mezzo di persone ha bisogno di assistenza. L'Unione africana invierà una missione di pace, Misca, composta da 3.600 uomini, ma non prima del prossimo anno. Nena News

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