Samuel Adams, James Madison, Ben Franklin, George Washington, Thomas Jefferson, Patrick Henry, John Adams

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sabato 25 gennaio 2014

 

Le influenze massoniche nella rivoluzione americana

di Vittorio Vanni

 

Vi sono state influenze massoniche nella rivoluzione americana? Il quesito, isolato da una situazione storica, non sarebbe certamente risolvibile. E’ necessario, quindi, inquadrarlo nei suoi tempi e nelle sue radici, quelli dell’Illuminismo inglese, che a sua volta ebbero una precisa discendenza storica. Se questa nuova visione del mondo trovò poi la sua patria naturale in Francia, le sue radici filosofiche sono essenzialmente inglesi.

                Di fronte a una tradizione dogmatica e autoritaria, che pretendeva di aver trovato delle risposte valide per tutti i tempi e in tutti luoghi, il Leviatano di Hobbes propose l’eterna inquietudine dell’umanità alla  ricerca  di una verità irraggiungibile. Gli uomini, mossi dalla necessità della sopravvivenza non sola fisica ma concettuale, cercano senza posa di soddisfare il desiderio di tale conoscenza.

                La liberazione da una fede oppressiva e immobile generò il dubbio, teologicamente esecrato per secoli, che a sua  volta produsse la diversità delle opinioni e delle passioni e con esse i diversi modi in cui questa ricerca si compì. Di contro a John Loke e il suo orientamento empiristico e antimetafisico, le attuali ricerche presentano Isaac Newton rosicruciano ed ermetista (copiò di sua mano oltre un milione di parole tratte dai testi alchemici) che creò una metodologia in cui non ci si pongono esteriormente delle domande sull’essenza metafisica dei fenomeni  naturali, sociali, religiosi o spirituali. Si promuove così uno studio critico che pur tuttavia non nega il principio, ma che s’impegna comunque a combattere l’intolleranza religiosa, la superstizione, l’ignoranza, i privilegi di un mondo passato e tutto ciò che si oppone all’evoluzione e al progresso che la libertà di pensiero induce.

                Nel campo religioso si diffondeva la riscoperta del mondo pagano, considerato un’espressione teologica più libera ed esteticamente superiore. John  Toland, che ridiffuse la concettualità neoplatonica, scrisse e diffuse in poche copie il Pantheisticon, celebrandae formula sive  sodalitatis  socraticae (Pantheisticon, o la formula per celebrare la società socratica), che formava una sorta di servizio liturgico tratto da brani di scrittori pagani, su imitazione della Liturgia della Chiesa d'Inghilterra.  Partecipo alla creazione dell’Ancient  Druid  Order ("Antico Ordine Druidico") il 21  settembre 1717 (anno fatidico!) a Londra.

                Quest’Ordine, che esiste tutt’oggi, segnò la creazione del neo-druidismo.  Non è inoltre casuale che Toland traducesse l’opera di Giordano Bruno Lo spaccio della bestia trionfante, scritto contro la Chiesa Romana, ma valido anche per ogni altra setta cristiana. John Milton introduce la ribellione contro le sette religiose cristiane con il suo Paradiso Perduto, in cui la visione di Lucifero, non soltanto è compassionevole, ma Lucifero stesso è visto come un “portatore di  luce”  nel  buio  dell’umanità. 

                Il fine di Milton, espresso nel primo libro, è quello di mostrare l’assoluta dicotomia fra la Provvidenza intesa come predeterminazione divina e il libero  arbitrio, che è la dignità stessa dell’uomo.  William  Blake, illustratore del libro, produsse una simbologia e un’iconografia ancor oggi citata dalla Massoneria.

                Ogni generazione reinterpreta la storia secondo le sue particolari ideologie predominanti e secondo le pulsioni del suo presente, che pur avendo radici in ogni lontanissimo passato, ha alcune sue specificità, secondo la forma che la società umana ha assunto.  Nella storia del pensiero e degli accadimenti umani difficilmente si può determinare ciò che è veramente originale in un determinato periodo storico.

                Forse le idee fondamentali dell'umanità sono presenti nel frattempo in ogni era e solo il più lungo permanere o il più rapido tramontare di alcune di esse forma l'essenza di un'epoca.  Fra tutti i miti che l'umanità ha conosciuto, il più incerto è certamente quello d’evoluzione e progresso che,  partendo  da parametri  precostituiti, è arrivato fino alla nostra  epoca.

                Oggi quei parametri sono soggetti a dubbi e ripensamenti e il mito esaltato ai primi del secolo con il "ballo" Excelsior mostra la rada trama con cui è stato  tessuto.  L'unico metro di giudizio certo è sempre e comunque l'uomo e noi non possiamo purtroppo ipotizzare che vi sia stato un altro miglioramento da quando l'umanità, con la razionalità e l'auto-coscienza, scopro il suo io, perdendo però così quelle superiori qualità d’istintualità e intuività che ancora ricerca con inconscia nostalgia. 

                Tutto ciò che di primitivo, bestiale, crudele, accusa negli uomini di un lontano passato è ancora presente in quelli d’oggi, paradossalmente assieme  a tutte quelle meravigliose qualità quasi divine che i più arcaici testi del passato ci hanno tramandato. Ben poco sappiamo di là da cinque/seimila anni di storia, ma ciò che possiamo intravedere ci dimostra l'assoluta omogeneità dell'uomo di ieri con quello d’oggi, sia nei suoi lati  negativi sia in quelli positivi.  Ciò che ha caratterizzato la nostra era è soprattutto l'attesa messianica di una società razionale e più giusta attraverso l'evoluzione della coscienza del rapporto  sociale e quella tecnico-scientifica.    Questa speranza, spillante da svariatissime fonti confluite da ogni secolo nel XVIII, è ciò che si chiama Illuminismo.  Per quanto questa richiesta di razionale umanesimo sia stata sempre presente nella storia del pensiero umano, solo alla metà del diciottesimo secolo diventa una filosofia per pochi che si percorse strade fra i più larghi strati borghesi della società fino ad arrivare alla coscienza popolare.

 

LA FILOSOFIA ILLUMINISTA E LA MASSONERIA

 

Per quanto sia necessario nel nostro ambito, esaminare brevemente l'illuminismo di se, la nostra domanda fondamentale riguarda essenzialmente la storia della Massoneria.  La Massoneria si è identificata effettivamente in questo movimento di pensiero? Ha ideato realmente alcune operazioni politiche e sociali per l'affermazione di questi ideali?

                Si può affermare intanto  che, curiosamente, il mito della Massoneria complottante per gli scopi Illuministi, che d'altro  canto non può che renderci  onore, ci proviene proprio dagli avversari che negli anni della Restaurazione si scagliarono  con  violenza contro, attribuendogli sia il complotto rivoluzionario sia i suoi eccessi. 

                Caratteristico di questa critica politica e religiosa alla Massoneria è il prudente rispetto portato alla Massoneria inglese, che non è mai attaccata (al contrario è lodata) per i suoi pur tiepidi contributi politici all'Illuminismo, dato l'appoggio dato alla contro-rivoluzione dai monarchi inglesi e nonostante il suo essere fondamentalmente protestante. Quando il Barruél critica nella massoneria continentale il cosiddetto "segreto", che indicava nella predicazione dell’uguaglianza e della libertà come supporto al rovesciamento dei troni e degli altari, salva il "buon  senso" della Massoneria inglese quando afferma:

 

                “I Massoni inglesi, per  la  più  gran parte,  non  riconoscono,  che  i  primi  tre  gradi;  fuori dell'imprudente interpellanza sull'obbedienza  al  Gran  Maestro  dell'Ordine,  non  v'ha  che  la spiegazione giacobina sull'uguaglianza e sulla libertà, che rende il loro segreto pericoloso. Il buon senso  degli  inglesi  ha  fatto  loro  rigettare  questa  spiegazione.  Ho  pure  inteso  parlare  di  una risoluzione,  presa  dai  loro  primari  Massoni,  di  scacciare  tutti  coloro  che  cercano  di  introdurre l'uguaglianza e la libertà dei rivoluzionari”.

 

                In  realtà  l'Inghilterra  fu  la  patria  d'origine  dell'illuminismo.  Newton (1642-1727) ne è

considerato il padre, assieme  a Locke  (1632-1704).  Sir  Isaac Newton,  scienziato  e  filosofo,  pur codificando  il pensiero scientifico sperimentale della scuola italiana, ebbe  l'intuizione  che  si poteva applicarlo anche all'uomo.  Newton, come i più radicali illuministi, non ebbe mai una posizione anti-metafisica, dati anche i suoi interessi teologici e alchemici[if !supportFootnotes][1][endif], ma nei successivi elaboratori delle sue premesse filosofiche (Toland,  Collins,  e  Tindall)  la  tradizione  metafisica  e  quella  religiosa  sono  duramente  criticate.

                Nasce qui la concezione deista della "ragione" naturale come solo criterio per stabilire la validità della ragione e della morale. Da queste  premesse  nasce  il rifiuto  delle religioni rivelate, dei dogmi, dei  misteri,  dei miracoli  e  soprattutto  della  necessità  di  "intermediazione" ecclesiastica  fra l'uomo  e  il  piano  divino.  I  deisti  ammettono  soltanto  che  Dio  esiste,  che  l'universo  è  una  sua creazione, che in un'altra vita un premio attende i buoni e un castigo i cattivi.        Si può affermare, con certezza,  che  questi  principi  illuministi  sono,  nel  contempo,  quelli  della   Massoneria.

                Fra i tanti "svelatori" di cose massoniche il più importante fu l'Abate Augustin Barruél che scrisse tante ponderose opera contro le filosofie del suo secolo e soprattutto contro il razionalismo dell'Enciclopedia, l'Illuminismo e la Massoneria. La sua opera più importante è la "Storia del giacobinismo"[if !supportFootnotes][2][endif], dove attaccava in modo particolare la Massoneria e gli Illuminati di Baviera.

La riforma  Massonica di  Anderson  e  Desaguliers, statuì  l'adesione  alla  religione  naturale, (... la  religione  nella  quale  tutti  gli  uomini  convengono...) e la  credenza  in  un  Grande  Architetto dell'Universo non altrimenti definito e nell'immortalità e nella trascendenza dell'anima.

 

ALLE RADICI DEL FENOMENO ROSICRUCIANO

 

L'incapacità  del  positivismo  di  comprendere  la metafisica  filosofica  dei secoli precedenti  e  i  suoi profondi  influssi  sugli  avvenimenti  politici  e  sociali,  deriva  dall'adorazione  superstiziosa  del  dato oggettivo.  Nella  storia  del  pensiero  tale  concetto  è  un  assurdo,  poiché  ogni  dato  sarà  sempre mediato  e  tradotto  soggettivamente,  e  indotto  dai  parametri  sociologici,  ideologici  e  filosofici dominanti  nell'ambiente. 

                Se  il  pensiero positivista fece  conseguenzialmente  nascere  alcune  nuove discipline  scientifiche  a  lui  congeniali  quali  la  psicologia,  l'etnografia e  l'etnologia,  la  storia  delle religioni,  furono  proprio  da  queste  che  nacquero  i  primi  dubbi  sull'effettiva  natura  "positiva"  e "statistica"  dell'uomo.   

                La  psicoanalisi  scoprì,  o  meglio  riscoprì,  una  componente  occulta  nella psiche  umana,  tanto  da  dover  ricercare  comparazioni  psico-simboliche  nell'antica  metafisica  e nell'ermetismo nelle sue ricerche. L'inconscio  freudiano,  la  legge  di  sincronicità  junghiana,  la  psicosomatica  di  Groddek, l"orgone"  di  Reich,  riaprirono  la  problematica  ermetica  sul  vitalismo  universale  e  sul  rapporto micro-macrocosmico.  Le  nuove  discipline,  attraverso  l'opera  di  numerosi  studiosi,  posero  poi l'accento sull'identità del profondo fra  i popoli primitivi quelli  civilizzati, ponendo fine all'illusione di  un  continuo  e  infinito  progresso  morale  e  sociale  fondato  sulla  razionalità  positivista  e  sulle scoperte  scientifiche. 

                Le  attuali  condizioni  d’ansiosa  insoddisfazione  e  irrequietezza  del  mondo attuale,  che  non  ha  realizzato  le  utopie  illuministiche  e  la  liberazione  dell'uomo  attraverso il rinnegamento  dell'esperienza  delle  età  passate,  hanno  riportato  l'attenzione  del  pensiero  filosofico sull'individuo come monade irripetibile e  centro  dell'universo  e,  conseguentemente,  al  rifiuto della centralità della “natura" della "società" o della “classe”.

                L'età  antica affermava  l'universalità,  reciprocamente  specchiantesi,  del cosmo  e dell’uomo. L'Illuminismo  volle  sostituire  a  ciò  l'idea  di  "Natura",  in  cui  l'uomo  di  per  sé  non  era  più  la meravigliosa  monade  rinascimentale,  ma  solo  un  frammento  poco  importante  del  cosmo  e  che aveva  un  relativo  valore  solo  nella  sua  qualità  di  componente  sociale.  In  Hegel  si  trova  già codificata  questa  tendenza,  quando  nega  la  forza d’affermazione  della  personalità  e misconosce  il valore dell'individualità, della volontà, del desiderio e della  passione.

                In Marx,  poi, non vi è traccia d’alcuna  antropologia  umanistica.  Per  lui,  gli  uomini  non  costituiscono  un'essenza  di  per  sé,  non sono, storicamente, se non l'insieme delle loro determinazioni sociali. La storia stessa, in Marx, non è  lo sviluppo  unilineare di  un'essenza, ma  costituisce  un processo fondato  sulla  lotta di  classe. Le correnti positiviste  dell'ottocento portarono a una diffidenza totale e a un disprezzo della metafisica delle  età  precedenti,  a  una  sopravalutazione  dell'efficacia  sociale  e  morale  della  scienza,  e soprattutto all'idea  di una particolare subordinazione dell'individuo alla  società. Il positivismo volle costatare  che  la   "positività"  della  scienza  era  uno  stato  di  fatto  che  s’impone  all'osservazione storica,  e questa  constatazione,  si estese  poi in un'analisi sociologica  che  interpreta  la scienza  come prodotto  storico  di  una  struttura  mentale,  la  mentalità  positivista,  che  succede  per  evoluzione  a quella metafisico-teologica.

                Il  positivismo  fu  considerato  utile,  pratico,  sociale  a  priori,  come  se  questi  valori pragmatistici  s’imponessero  dall'esterno  come  dati  neutrali,  come  se  non  avessero  necessità  di un'elaborazione filosofica e  non fossero soggetti al  peso soggettivante  dell'emotività e della psiche umana.  Da  questa  conoscenza  nascono  le  attuali  tendenze  filosofiche  ed  esistenziali  di  ricerca  di valori  religiosi  di tipo  sincretistico  o di  metafisica  esoterica,  nell'abbandono  dell'alternarsi caotico dei  valori  contingenti  e  per  la  linearità  assoluta  dell'infinito  e  dell'eterno. 

                Queste  tendenze  si manifestano  inoltre  nel  campo  politico  e  sociale  in  una  nuova  riflessività  sul  valore  carismatico delle ideologie,  non  più  considerate quali effettivamente  capaci di risolvere totalmente  le  necessità economiche e organizzative di una società. Nel  campo  storico  assistiamo  a  una  rivalutazione  degli  influssi  delle  correnti  metafisiche sul  piano  contingente,  in  quanto  queste  sono  in  grado  di  agire  direttamente  sull'uomo  e  sulla  sua psiche cosciente e profonda  e quindi  sul suo comportamento sociale.

                È solo in questo quadro  che è stato  possibile  ad  alcuni  storici  di  impostare  e  condurre  a  buon  punto  una  nuova  ricerca  e  una nuova valutazione di quel movimento ermetico e magico che ebbe una  sua stagione  "rosicruciana" e  che  portò  i  suoi  affluenti,  dal  Rinascimento  in  poi,  nel  grande  alveo  massonico. Nelle  nostre attuali  concezioni  il  concetto  filosofico  di  Fratellanza  sembra  comportare  in  se  quello  di uguaglianza,  ma  è  dubbio  che  in  una  società,  dove  il  maggiorascato  produceva  effettive disuguaglianze anche fra i fratelli carnali, questo potesse diventare un concetto sociologico.

                Per  quanto  riguarda  l'altro  grande  pilastro  massonico,  quello  della  libertà,  i  pragmatici

Landmark  di  Anderson  escludono  la  possibilità  che  l'Ordine  possa  esser  comunque  coinvolto  in tentativi di eversione  sociale, e predicano  la sottomissione ai poteri  civili, ma non esclude in  alcun modo dalla Fratellanza i membri  che si ribellino alle  autorità.

                Da questa  fraterna  solidarietà morale ai Fratelli non graditi al  potere, pur senza compromettere l'Ordine nella benevolenza dei governanti, deriva  quella  sublime ambiguità psicologica del  massone,  che può essere conservatore  nei  periodi rivoluzionari, e  rivoluzionario nei periodi di reazione. La  Massoneria inglese ha preteso e pretende tuttora  la  primogenitura  latomistica  dalle  Logge,  che  nel  XVIII  secolo  costituirono  a  Londra  una Gran  Loggia.

                Questa ipocrita  cecità storica  nei confronti della  secolare latomistica continentale non vela tuttavia l'originalità della riviviscenza massonica inglese del 1717. Quest’originalità  consiste  nel  distacco  dalla  tradizione  di  sottomissione  religiosa  al cristianesimo che caratterizzava ogni confraternita di mestiere da tempo immemorabile, non tanto a favore  del  movimento  protestante,  come  spesso  si  è  detto,  ma  a  favore  di  un  deismo  astratto  e filosofico che si era appena affacciato alle  soglie  del  pensiero europeo assieme a dei  primi concetti di libertà nella ricerca della conoscenza.

                Queste  idee,  che i  primi  illuministi  inglesi  limitavano al  piano  razionale della  ricerca  etica, scientifica  e teologica,  senza  eccessivi  sconfinamenti socio-politici, proprio per  la relativa libertà e giustizia che godevano nella liberale Inghilterra, ebbero un’ulteriore evoluzione fra i  "Philosophes" continentali.  L'Aufklärung tedesco,  che  è  ritenuto  decisamente  minore, essendo  meno  radicale di  quello  inglese  e  francese,  ha  al  contrario,  per  la  storia  del  pensiero  esoterico,  un’importanza maggiore.  Le  correnti  di  pensiero  che  il  ciclo  storico  del  XVIII  secolo  comportava,  in  Germania furono  mediate  ed  equilibrate  dal  permanere  dell'interesse  tedesco  per  la  metafisica,  a  causa  del carattere  nordico  contrassegnato  dalla  fermezza  spirituale  e  dalla  società  più  tradizionalmente gerarchica.

                Già in Wolff le due vie per giungere alla conoscenza sono esclusivamente l'esperienza e la ragione, ma l'intelletto non è rivolto solo al potere sul reale, ma a ogni "possibile", quindi anche al campo della metafisica, dove l'uomo, senza intermediari, può arrivare alla conoscenza sovrasensibile.  Inoltre, l'esperienza e la ragione non sono volte a una catarsi di tipo sociale, ma al miglioramento, individuale e collettivo dei "costumi".

                Questo concetto ha influito profondamente sull’essenzialità massonica che considera la catarsi etica e sociale dell'umanità non  tanto nell'evolversi della società, quanto dell'umanità per mezzo dell'uomo, non nell'espressione d’ideologie transeunti quanto in quelle di una spiritualità che trova nell'interiorità umana i soli mezzi necessari.  

                Ancor più l'illuminismo di Lessing si confonde con quello insito nella Massoneria quando afferma che l'essenza della religione consiste nella morale, perché l'uomo è stato fatto per l'azione, non per escogitare sofismi.  In Lessing, quindi, la migliore religione  rivelata o positiva è quella che contiene il minimo di aggiunte convenzionali alla religione naturale, e da ciò deriva che tutte le religioni  positive e rivelate sono quindi ugualmente vere e ugualmente false.

                Con Lessing la metafisica della Massoneria ha il suo contraltare con il dubbio, che assume esso stesso una valenza metafisica, come espressione di quel Nulla o Zero o Uno o Tutto in cui consiste l'indefinibile piano divino.  L'uomo non può raggiungere nella sua limitatezza la verità assoluta e definitiva.  La verità non può consistere nel suo stesso possesso, ma solo nella sua ricerca, per questo l'uomo ricerca e non possiede la verità.  L'Illuminismo razionalista, da cui discesero poi il materialismo e il positivismo, è qui superato da una visione metafisica in cui non vi è più l'esaltazione della sola ragione, ma il ricorrere a un intelletto superumano che solo può sorpassarle. 

                Il celebre passo di Lessing che espone questo concetto, rappresenta la forma più profondamente massonica dell'Illuminismo:

 

                “Se Dio tenesse chiusa nella sua mano destra tutta la verità e nella sua mano  sinistra, unicamente, il sempre vivo amore per la verità, benché con l'aggiunta di andar errando sempre e in eterno, e mi dicesse sceglie! Io mi precipiterei con umiltà alla sua sinistra e direi: Padre, dammi questo! La pura verità è riservata soltanto per te!”.

 

                In Lessing è ancora caratteristica quella "passione" per l'uomo che l'illuminismo tedesco trasferì poi nella cultura europea attraverso il romanticismo, padre di tutti i miti moderni. Un caso a parte rappresenta Fichte la cui Filosofia della Massoneria ha dei caratteri più preromantici che illuministici e che meriterebbe una più ampia trattazione.

                In Francia gli Illuministi trasferirono con più decisione il ricorso alla ragione nella causa della libertà e inserirono nella storia gli elementi caratteristici della rivoluzione americana prima e di quella francese ed europea poi.  La diretta appartenenza Massonica di alcuni fra i maggiori Illuministi francesi ci porta poi ad altre considerazioni sul mito dell'Illuminismo massonico, così come si creò durante la restaurazione europea.

 

L'ILLUMINISMO MASSONICO

 

Per quanto vi siano delle affinità sostanziali fra la filosofia dell'Illuminismo, in particolare quello tedesco e i principi della massoneria, non è esatto assimilare completamente  questa  a  quelli.  La Massoneria si lega al piano  storico attraverso dei principi etici fondati sull'uomo  e sull'umanità che questi dovrebbe raggiungere perfezionandosi. Ma  la  sua  essenzialità  conosce  dei  principi  metafisici  che  esulano  da  qualsiasi  filosofia  e ideologia  contingente,  rivolgendosi  a  una  metastoria in  cui  gli  avvenimenti  umani  sono  solo dei simboli  di  avvenimenti  cosmici  e  universali  che  superano  qualsiasi  classificazione  ideologica  o filosofica.  È proprio  dal  suo  essere  portatrice  di  valori  superiori  a  quelli  puramente  religiosi  o politici che deriva la secolare denigrazione dell'Ordine.

                Il  mito  dell'Illuminismo  massonico,  visto  in  chiave  negativa,  fu  usato  dai  suoi  avversari come appoggio  della  restaurazione  europea  dopo  l'immane  conflitto  sociale  e  ideologico  portato dalla rivoluzione. Per quanto accusata  di aver  cospirato contro  il trono  e l'altare,  di aver preparato e compiuto la rivoluzione,  la  Massoneria  aveva  in  tal  senso  solo  alcune  responsabilità  morali  in  quanto  aveva propagato idee di eguaglianza  e  libertà che non  erano appannaggio del solo secolo XVIII, ma  sono state un  patrimonio  ideale  di ogni  epoca  e  lo saranno purtroppo ancora  per  molto,  in quanto  la sola evoluzione materiale e tecnologica dell'umanità non  è sufficiente alla sua rigenerazione totale.

                Nell'arco temporale  della rivoluzione  la  Massoneria  era in totale  crisi,  in quanto  i  suoi membri erano  dispersi  in  ogni  fazione,  aristocratica,  moderata  o  giacobina  che  sia.  I  Fratelli  si ghigliottinarono a vicenda  senza alcuna remora,  seguendo la  propria passione  politica  e  le proprie idee,  così  com’è  umano,  purtroppo,  in  ogni  cruento  passaggio  di  regime.  Nessun  complotto, nessuna  finalizzazione  comunitaria  poté  in  realtà  portare  a  un'azione  Massonica  comune, nemmeno per salvare i Fratelli dal carnefice.

                L'Abate Barruél e i suoi emuli fecero  opera  di efficace contro-informazione, per usare un neologismo moderno, confondendo alcuni termini, come Illuminismo, Illuminati e Illuminati di Baviera che fra loro, in realtà, avevano ben poco in comune. Pur nella limitatezza di questa breve ricerca, che avrebbe in realtà necessità di maggior approfondimento, si può cercare di definire nella loro realtà storica l'essenza contrastante di questi termini, per contestarne l'interessata assimilazione.

 

GLI ILLUMINATI OD IL REALE ILLUMINISMO MASSONICO

 

Il termine Alumbrados, come espressione di società segreta o riservata, era stato usato per  la prima volta in Spagna nel XVII secolo, e definiva un gruppo di rosicruciani dediti alla teurgia che l'inquisizione condannò al rogo. Molti riti Massonici, un secolo più  tardi, sono stati definiti Illuministi, confondendo tale termine con quello indotto dalla nuova filosofia.

                L'illuminazione di cui si trattava in tali ambiti era quella, puramente spirituale, che si conseguiva attraverso pratiche di conoscenza ascetiche di tipo meditativo e concentrativo, attraverso la teurgia, che letteralmente significa "creazione”, divina, o attraverso l'alchimia che tentava di trasformare la conoscenza umana in conoscenza dell'assoluto.

                Queste pratiche che sono nate all'alba dell'umanità e che sono e saranno sempre presenti, si basano su dei procedimenti metafisici super-razionali che sono forse il contrario del procedimento illuminista filosofico, che respinge la metafisica perché sfuggente alla ragione.  Tali procedimenti, incomprensibili alla rozzezza del potere  politico e religioso, comportano la liberazione interiore e la libertà esteriore e sono sempre stati quindi invisi alla tirannia e alla prevaricazione di coloro che per scopi personali ricercano il controllo assoluto della società.

                Per quanto la politica e la religione in tale situazione non abbiano alcuna importanza ideologica o teologica, chiaramente la necessità fisica e morale della sopravvivenza dei suoi adepti presuppone l'esistenza di una società libera ed evoluta.  Alla libertà interiore necessitando quindi la libertà esteriore, molto spesso gli Illuminati hanno operato anche storicamente e socialmente, senza che per questo in ciò si possa intravedere quel complotto che gli alfieri dell'assolutismo ipocritamente affermano.

                L'Abate Barruél in particolare cita, a  sostegno  delle sue tesi, due Ordini Illuministici, le cui finalità sono in realtà opposte, quello degli Illuminati di Baviera e quello Martinista. Il primo fu una setta che propugnava l'eversione sociale e il comunismo e che solo impropriamente si chiama Massonico, perché cercò di copiare e usare le strutture dell'Ordine per le proprie finalità.

                Il secondo fu introdotto in Francia, su patente di Stuart, da Martinez de Pasqually de las Casas, che propagò prima a Bordeaux un sistema massonico chiamato dei Supremi Giudici Incogniti o dei Filosofi Incogniti, basato su pratiche teurgiche di tipo magico-rituale e kabbalistico, cui aderirono notevoli personaggi, fra cui Louis Claude de Saint Martin, Bacon de la Chevalerie e Jean Baptiste Willermoz, che a loro volta fondò dei sistemi analoghi.

                D’origine Martinista e di particolare importanza massonica fu il Rito Scozzese Rettificato di Willermoz, che riuscì a inglobare nella più ortodossa massoneria la Stretta Osservanza Templare di Von  Hund, che in un certo qual modo rappresentava la volontà egemonica della massoneria tedesca su quella europea.

                L'importanza politica del Martinismo, al di fuori di quella interna alla Massoneria, era inesistente e i suoi scopi esulavano da qualsiasi tipo d’eversione sociale.  La motivazione delle assurde accuse del Barruél poteva consistere soltanto nell'odio per la sua metafisica, che ritorceva come una specie d’apologia segreta dell'empietà e della ribellione.

                Riportiamo un passo della sua Storia del Giacobinismo solo per far  notare la veemenza.

calunniatoria e l’interpretazione surrettizia delle dottrine Martiniste per i consueti scopi denigratori e di contro-informazione:

 

                 “Io però ricavo la sua dottrina (del De  Saint Martin) e il suo grande oggetto dei suoi scritti, da quello che ne ha fatto l'Apocalisse de suoi seguaci, nella sua famosa opera "Degli errori e della verità". Io so quanto costa il decifrare gli enigmi di quest'opera tenebrosa; ma conviene bene aver per  la  verità la costanza, che i suoi seguaci hanno per la menzogna.  Ci vuol pazienza per discoprire tutto il complesso del codice Martinista fra il gergo misterioso dei numeri e degli enigmi.  Risparmiamo per quanto possibile, questa fatica al lettore.  L'eroe di questo codice, il famoso Saint Martin si mostri all'aperto; e ipocrita al pari del suo maestro egli non sarà più che un vile copista delle inezie dello schiavo eresiarca, generalmente noto con il nome di Manete. Con tutti i suoi raggiri egli non conduce meno i suoi seguaci negli stessi sentieri e loro ispirano il medesimo odio agli altari del cristianesimo e al trono de' sovrani, e ancora d'ogni governo politico”.

 

                In questo brano si sintetizza tutta la verità antimassonica di quell'epoca e non solo di quella. La preoccupazione dei denigratori dell'Ordine non deriva che da un solo elemento, il mantenimento del controllo sociale da parte delle due tirannie: quella politica e quella religiosa, che sono a volte contrapposte, ma purtroppo molto spesso unite. La Massoneria, sia nei suoi concetti filosofici sia in quelli metafisici comunque portatrice di libertà, indipendentemente dalla sua azione che solo in alcuni periodi  storici relativamente recenti è stata politica. È questo suo portare nei propri geni questo principio etico essenziale, che porta a  sua  volta in se la tolleranza per l'altrui libertà e la fraterna "passione" per l'uomo, ciò che unisce Massoneria e Illuminismo al là del mito creati dall'odio e dall'intolleranza, ma anche di  là  dalla storia e della filosofia, in quel piano metafisico, dove si pongono l'infinito e indefinibile Grande Architetto dell'Universo.

 

IL PENSIERO RIVOLUZIONARIO COME FENOMENO ROSICRUCIANO

 

Catari, Bogomili, Patarini, Adamiti, Fratelli del Libero Spirito, braccati e perseguitati, non furono passivi di  fronte  al braccio  secolare ed ecclesiastico.  Fondarono città, formarono eserciti, combatterono ovunque potessero per scrollarsi  di  dosso l'oppressione dei grandi, e la loro bandiera era spesso la povertà e l'umiltà del Cristo. Pochi motivarono diversamente le loro idee e ritornarono nella loro mente e nel loro spirito alla libertà del pensiero metafisico, avulso da ogni teologia e sentimento religioso. Anche l'esoterismo dei Rosacroce non era rivolto all'origine che a una catarsi del mondo religioso del protestantesimo. La sconfitta di Federico di Boemia nel Palatinato produsse la fine delle illusioni.

                Nell'ambito del pensiero rosicruciano, in Olanda e in Germania, nacquero i nuovi miti, e gli archetipi furono finalmente usati come armi contro il potere politico e religioso. Per la prima volta un termine astronomico, rivoluzione, fu utilizzato come termine politico. In astronomia rivoluzione significa il moto orbitale di una stella verso il punto originario.  Così la rivoluzione politica era un ritorno verso la tradizione perenne, verso un eone in cui il vento dello spirito soffiava liberamente.

                Nacque, nel frattempo e nello stesso ambito, il mito della vendetta templare, prima sconosciuto.  Il trono e l'altare, non essendo più strumenti materiali della tradizione, e avendo usurpato ogni concezione metafisica e spirituale, non furono più considerati degni di rispetto. Nella creazione del 30° grado scozzese, il pugnale sconfigge la tiara e la corona. La ricerca della libertà, che ha  lo  stesso  valore su tutti i piani, non poté più esimersi dal travolgere quelle strutture ormai vuote, dei gusci qulifotici pieni di larve contro-iniziatiche e antitradizionali.

 

GLI INGLESI IN AMERICA

 

Dal XVI secolo, le inglesi e altre etnie europee si erano stabilite sulle coste atlantiche dell’America settentrionale.  L’emigrazione europea in America e soprattutto quella inglese, aveva avuto uno stimolo notevole dallo sfuggire alle persecuzioni e della libertà di esercitare varie opinioni politiche e religiose di alcuni gruppi, in particolare durante la dittatura di Cromwell. Non dimentichiamo che l’evoluzione politica e ideologica era talmente avanzata da aver potuto permettere il processo e la condanna a morte di un re da parte di un’autorità civile. Le condizioni di relativa libertà dell’Inghilterra non permettevano comunque altre tolleranze religiose in particolare, né richieste di maggiore libertà  politica. Nel dicembre  del 1620, centodue puritani, membri di una setta religiosa, sbarcarono dalla nave Myflower a Capo Cod. Consci di una nuova possibilità di esercitare liberamente il proprio credo, prima  di sbarcare giurarono di restare uniti e di seguire delle proprie regole “per il bene di tutti”.  In ciò consiste la prima affermazione americana di uguaglianza politica. Prima della metà del XVIII secolo le colonie inglesi erano più di tredici, con oltre due milioni di abitanti.

                Nelle colonie inglesi del Sud il potere era nelle mani dei grandi proprietari  terrieri, ricchissimi grazie alle loro immense piantagioni di cotone e tabacco in cui lavoravano schiavi e negri, presi dalle coste africane. Nelle altre colonie la popolazione era formata da piccoli agricoltori indipendenti, che costituivano il 90% del totale dei coloni: gli altri erano mercanti, marinai, artigiani, armatori etc. Vivevano in piccoli villaggi, dalle case modeste e in gran parte di legno.  Le città erano poche, la più grande era Filadelfia. I coloni erano religiosissimi, tanto  che l’influenza del pastore religioso sulla comunità era molto forte, e la lettura della Bibbia una delle consuetudini quotidiane. Nella famiglia il marito era il capo assoluto e aveva la più completa autorità sui figli e sulla moglie.

                I rapporti fra gli abitanti delle colonie e la madrepatria (Inghilterra) non erano molto buoni. Ogni colonia, che aveva una propria assemblea elettiva, avrebbe voluto governarsi da sé; invece, i governatori nominati da Londra le tenevano  sotto  controllo. Sul piano  economico, poi, il contrasto era assoluto. Per il governo inglese, i territori americani dovevano soltanto fornire materie prime (grano, legname, pellicce, ferro) ed essere un mercato per la produzione inglese, senza possedere industrie coloniali.

                Dovevano insomma vendere le materie prime delle colonie all’Inghilterra, importare i manufatti dalla madrepatria stessa e pagarli a un prezzo fissato dagli inglesi. Una situazione questa, che non poteva durare nel tempo.  Fin quando i coloni ebbero  bisogno di essere protetti dall’Inghilterra, contro i francesi che li circondavano, sopportarono, ma a  malincuore.

Dopo le guerre coloniali con la Francia, la minaccia svanì. La guerra contro la Francia era costata una cifra colossale.  Per raddrizzare il proprio bilancio, il governo inglese introdusse numerose tasse, alcune del quale colpivano solo le colonie.

                I coloni reagirono prontamente, facendosi sentire contro il parlamento di Londra, non ritenendo giusta l’imposizione di sottostare alle tasse inglesi. Infatti, nel parlamento inglese non c’erano deputati che rappresentavano le colonie, e quindi non si aveva nessun diritto di tassazione.  La protesta impressionò il governo e le tasse furono cancellate, tranne il dazio sulle importazioni del “tea”, mantenuto per affermare che, comunque, il parlamento inglese aveva il diritto di tassare le colonie americane.

                Nel 1773, per ribellarsi, un gruppo di americani travestiti da pellirosse gettò in mare il carico di tea di alcune navi giunte nel porto di Boston. Da qui iniziò il ricorso alle armi da parte dei coloni americani. Il re Giorgio  III di Inghilterra decise di opporre le sue truppe contro i ribelli delle colonie, per riportare l’ordine e l’obbedienza, e nell’aprile 1775, truppe inglesi si scontrarono con reparti di coloni a Lexington e a Concord.  Le ostilità erano ormai aperte. Un congresso di delegati delle colonie riunitosi a Filadelfia organizzò un esercito di volontari, affidandone il comando a George  Washington. 

                Ciò malgrado, le colonie americane esitavano di  fronte  all’idea di una separazione netta dall’Inghilterra: il congresso tentò dunque di giungere a un accordo.  Re Giorgio III respinse ogni forma di compromesso, ritenendo i coloni americani dei ribelli. La rottura fu definitiva e al congresso non rimase che proclamare, il 4 luglio 1776, una solenne Dichiarazione d’Indipendenza delle colonie.

                Nasceva così il primo nucleo degli Stati Uniti. Mentre Washington cercò di dare un assetto militare ai suoi ribelli contro la Gran  Bretagna, un grande diplomatico, Benjamin Franklin, decise di prendere  contatti con le altre potenze europee per avere degli alleati contro l’Inghilterra. Così Francia, Spagna e Olanda decisero di scendere  in  campo contro gli inglesi per  via  di vecchi conti da regolare. L’esercito inglese fu sconfitto a Yorktown in Virginia, nel 1781. L’Inghilterra si decise allora a firmare la pace e, col trattato di Parigi del 1783 riconobbe l’indipendenza delle colonie americane.

                Quando la guerra ebbe fine, gli americani si trovarono a discutere un problema importantissimo: che tipo di Stato dovevano organizzare?  La costituzione approvata nel 1787 da un’assemblea composta di rappresentanti di tutte le colonie, stabilì che il nuovo Stato fosse di tipo federale. Ogni Stato, cioè, avrebbe deciso da solo, con un proprio governatore e una propria assemblea, i propri problemi interni.  Un solido governo  centrale avrebbe invece provveduto ai problemi comuni a tutti gli stati che avrebbero creato agli Stati  Uniti  d’America. La nuova nazione emise una carta costituzionale che è, anche ora, il modello sociale e politico delle democrazie e affermo quei principi di evoluzione civile che ebbero poi la loro attuazione anche in Europa, attraverso la rivoluzione francese e le successive guerre d’indipendenza.

                La Costituzione degli Stati  Uniti  d’America è la carta  costituzionale più antica tuttora in atto.  Entrata  in  vigore nel 1789 e integrata nel 1791 con dieci emendamenti, Bill  of  Rights, posti a tutela  delle libertà del cittadino, negli oltre 200 anni di applicazione, è stata sostenuta da un sentimento di venerazione e di  rispetto diffuso in tutta la comunità.  In questi due secoli, infatti, nonostante la storia americana sia stata percorsa da fratture e sconvolgimenti tali da incidere sugli assetti sociali e da mutarne gli equilibri, non si sono verificati paralleli fenomeni di alterazione del sistema costituzionale ma, attraverso singoli e rari emendamenti puntuali, il testo originario dei Padri di Philadelphia, ha seguito l’evolversi dell’economia e della società statunitensi.

 

LE INFLUENZE MASSONICHE NELLA RIVOLUZIONE AMERICANA

 

Per la  verità più che di rivoluzione americana si dovrebbe definirla una guerra  d’indipendenza coloniale. Il peso della Massoneria in quest’ambito e periodo  storico non aveva dovuto soltanto alla presenza  di autorevolissimi fratelli come lo stesso George  Washinghton, Benjamin  Franklin, Thomas Jefferson ,Paine, il fiorentino Filippo Mazzei e tanti altri. Quello che era meno conosciuto è il ruolo svolto dalla Massoneria all'interno  della madrepatria inglese durante le vicende del 1775-83, e particolarmente all'interno dell'esercito britannico, che regalò una vittoria a un avversario inferiore da tutti i punti di vista.

                 Infatti, né la sconfitta di Saratoga, né quella di Yorktown può essere considerate decisive; la situazione sul campo, a livello complessivo, non era compromessa in modo irreparabile; le risorse di cui la Gran  Bretagna poteva disporre, e che avrebbe potuto ancora mobilitare, erano ancora immense e il suo dominio sui mari le avrebbe permesso, nonostante l'intervento in guerra di Francia, Spagna e Olanda, di far affluire in America uomini e mezzi in quantità tale da riportare, alla lunga, la vittoria definitiva.

                Quella fu l'unica volta in cui la Gran  Bretagna, sfidata nel suo impero   coloniale, si adattò a subire una sconfitta che poteva evitare e a ritirarsi dalle proprie posizioni, sacrificando il mito della propria invincibilità.  In  occasione  della guerra  coloniale contro gli Americani indipendentisti (che erano, lo ricordiamo, solo una parte della popolazione delle tredici colonie) la Gran  Bretagna combatté in maniera fiacca e svogliata e i suoi capi  militari sprecarono sistematicamente tutte le occasioni di finire il conflitto in modo favorevole, come se, in fondo, non desiderassero per niente vincere.

                La cosa, a  dir  poco curiosa sul piano strettamente militare, appare addirittura inspiegabile sotto  il profilo politico.  Esiste, d'altra  parte, una possibile spiegazione a tanta distrazione e a tanta fretta di dichiarare chiusa la questione.  Forse quelle stesse forze che, agendo nell'ombra, piegarono la volontà di vittoria degli Inglesi e li spinsero ad accettare una sconfitta tutt'altro  che inevitabile, erano rimaste  vive e operanti, sempre nell'ombra, anche in seguito e che abbiano potuto esercitare una tale influenza nelle due società coinvolte in quegli eventi, quella americana e quella inglese, da essere ancora capaci di condizionare la storia.

                Quelle forze hanno un nome: Massoneria; e così come il ruolo da esse giocato nelle guerre  d'indipendenza delle colonie spagnole dell'America Latina è emerso solo in seguito, come altrettanto si può dire per la parte che ebbero nello svolgimento del Risorgimento italiano e di altre vicende storiche, nelle quali riuscirono ad agire restando abilmente nell'ombra.

                In  altri  termini: solo ammettendo che i supremi capi  militari inglesi, a  cominciare  da Cornwallis, fossero adepti della Massoneria e, pertanto, «fratelli» dei nemici che avrebbero dovuto combattere, ossia i coloni americani, divengono possibile spiegare lo strano andamento delle operazioni militari e la loro sorprendente conclusione.

                Vorremmo aggiungere che anche la partecipazione della Francia alla guerra, che non le fruttò quasi nulla, ma, in compenso, le costò moltissimo (secondo molti storici, creò il dissesto finanziario che aprì  le  porte al 1789) presenta aspetti alquanto enigmatici, che potrebbero ricevere un  po'  di luce allorché si ammetta, anche in questo caso, un coinvolgimento della Massoneria in  favore  delle colonie ribelli.

                Tutta quella vicenda, il ruolo di Franklin a Parigi, inviato  speciale del Congresso americano; quello giocato da Lafayette e dai suoi volontari; la spedizione  militare del generale Rochambeau a Rhode  Island, il fatto che le tredici colonie firmarono l'armistizio con la madre patria senza neanche preavvertirne i loro alleati francesi - presenta aspetti misteriosi e, a  volte, paradossali.

                Solo un sotterraneo lavorio delle Logge inglesi, francesi e americane, convergenti intorno  a un comune progetto «sovversivo» che già guardava, forse, ai possibili sviluppi rivoluzionari in terra francese, potrebbe in buona  parte spiegare.

                Impegnandosi nella guerra al  fianco  degli insorti americani, che così male lo avrebbero ripagato, è come se il ben intenzionato ma debole Luigi XVI, avessero firmato la propria condanna e la rovina dell'Ancien Régime in Francia e, in prospettiva, nel resto d'Europa. Sola eccezione fu la Gran Bretagna che, avendo già realizzato il trapasso verso la modernità (liberalismo, parlamentarismo, rivoluzione  industriale e ascesa trionfale della borghesia commerciale e finanziaria), poteva permettersi di guardare con sovrano disprezzo alle sanguinose convulsioni del Vecchio Continente, del resto così utili al perseguimento delle sue ambizioni imperiali («divide et impera»).

                Dalla fondazione, nel 1717, della Grande Loggia londinese, si assiste a un’accelerazione nei processi politici e sociali che, dal liberismo relativamente moderato della filosofia di Locke e dall'umanitarismo e dal cosmopolitismo, tipici del primo Illuminismo, giunge ai furori iconoclasti della Rivoluzione  francese e, poi, ai fortissimi elementi anticlericali delle lotte indipendentistiche, sia nelle colonie spagnole dell’America Latina (vedi Miranda nel Venezuela), sia nell'Italia risorgimentale (Mazzini e Garibaldi in primis).

                 È come se un grosso ragno avesse filato, con pazienza e costanza, una rete sempre  più vasta, mirante a creare un nuovo ordine mondiale che, con l'obiettivo dichiarato di abbattere l'assolutismo regale e quello papale, avessero in realtà perseguito quello, segreto, di instaurare un potere occulto a livello globale, di natura sia economica che politica. 

                Hanno scritto Michael  Beignet e Richard Leigh (già noto a  livello  internazionale per la controversa opera The Holy  Blood and the Holy  Grail (3) che uno degli interrogativi fondamentali sulla guerra d'indipendenza americana è come e perché la Gran  Bretagna riuscì a perderla.  Giacché la guerra non fu tanto vinta dai coloni americani, quanto persa dagli inglesi.  La Gran  Bretagna da  sola, indipendentemente dagli sforzi dei coloni, aveva la capacità di vincere o perdere il conflitto, e mancando la determinazione di vincere, la guerra fu persa circa per omissione. 

                In quasi tutti i conflitti - la guerra  di successione spagnola, ad esempio, la guerra  dei  Sette  Anni, le guerre dell'epoca napoleonica, la guerra  di  secessione americana - la vittoria o la sconfitta dell'uno o l'altro contendente può essere spiegata in termini militari.

                Nella maggioranza di quei conflitti, lo storico può indicare uno o due fattori specifici risolutivi: certe decisioni tattiche o strategiche, certe campagne, certe battaglie, certe considerazioni logistiche (come le linee di rifornimento o il volume della produzione industriale), o il semplice processo di logoramento.

                Uno qualsiasi di questi fattori, può affermare lo storico, singolarmente o in combinazione con altri, provocò il crollo di uno dei combattenti, e lo mise nell'impossibilità di continuare a combattere. Nella guerra  d'indipendenza americana non vi sono fattori che oggettivamente lo storico possa validamente indicare. Persino le due battaglie considerate abitualmente decisive - Saratoga e Yorktown - si possono considerare tali.

                Nessuno dei due scontri annientò, o ridusse drasticamente, la capacità della Gran Bretagna di continuare a combattere. Entrambi coinvolsero solo in minima parte le truppe britanniche dislocate in America settentrionale. La guerra sarebbe continuata per quattro anni dopo Saratoga, e durante quel tempo la sconfitta britannica fu compensata da una serie di vittorie.

                 E quando Cornwallis si arrese a Yorktown, il grosso delle forze britanniche in America settentrionale era ancora intatto, ancora ben piazzato per continuare le operazioni altrove, ancora in una posizione di vantaggio strategico e numerico.

                Non vi fu, nella guerra d’indipendenza americana, una vittoria conclusiva paragonabile a Waterloo, nessuna "svolta" ineluttabile paragonabile a Gettysburg.  Sembra semplicemente che tutti gli inglesi si fossero annoiati, avessero perso interesse e deciso di fare i bagagli e tornarsene a casa.                  Nei libri di storia americani, certe spiegazioni standard sono abitualmente presentate come interpretazioni militari della sconfitta britannica solo perchè, naturalmente, queste equivalgono a un attestato del valore americano in campo.

                Così, ad esempio, è spesso suggerito, se non apertamente dichiarato, che tutte le colonie nordamericane si levarono  in  armi e la Gran  Bretagna dovette affrontare un intero continente ostile: una situazione simile  a quella di Napoleone o Hitler quando invasero la Russia e un intero popolo si unì per respingere l'aggressore. Ma non fu così.

                Ancora più spesso, si sostiene che l'esercito britannico si trovava fuori del suo elemento nelle regioni selvagge dell’America settentrionale ed era impreparato e inadatto per il tipo di guerriglia irregolare praticato dai coloni, imposta dal terreno. E spesso si afferma in generale che i comandanti britannici erano incompetenti, ma si dimentica che durante la guerra quasi tutti i comandanti delle due parti erano massoni o comunque imbevuti delle idee e degli atteggiamenti massonici.

                La caratteristica della guerra  d’indipendenza americana di rivolta anticoloniale cade di  fronte  alla volontà illuministica e massonica di libertà, dignità e uguaglianza fra gli uomini, che prevalse fino alla creazione di una Costituzione che non è esagerato definire totalmente massonica.

 

Thomas Paine e l’atto costituivo

 

[1] Recenti studi hanno dimostrato che Newton copiò di sua mano oltre un milione di parole da testi alchemici, nella sua epoca venduti sottobanco.

[2] Augustin Barruél Storia del Giacobinismo, Edizioni Arktos-Oggero Editore Carmagnola 1989

[3] Origini e storia della Massoneria.  Il Tempio e la Loggia (titolo originale: The Tempe and the albergo, Lindon, 1989; traduzione italiana di Maria Eugenia Morini, Newton & Compton Editori, 1998, 2066, pp. 224-25, 228-29).