Fonte: Rebelion
http://www.controinformazione.info
16 Nov 2014

La divisione del Mondo o l’Impero del caos
di Enric Llopis

Traduzione di Luciano Lago

I media hanno sottolineato nella prima settimana di Novembre la vittoria del Partito Repubblicano nel Senato statunitense e l’ampliamento della sua maggioranza nella camera dei Rappresentanti. In realtà quello che è avvenuto è stato molto di più di un risultato elettorale. “Questo è l’ultimo colpo del capitalismo contro l’umanità”, secondo la politologa ispano-iraniana, Nazanin Armanian. “Il popolo nordamericano ha votato la fine dell’era anti Bush; alcuni degli elementi che sono entrati al Congresso e nel Senato sono peggiori di Bush. Le loro prime dichiarazioni -dirette o indirette- mirano a portare la guerra all’Iran o alla Russia. Fino a che punto lo possano ottenere è discutibile, tuttavia non si può scartare”.
Detto in termini semplici, “la Dottrina Obama è sprofondata nel pantano. Quando l’attuale presidente degli USA arrivò al potere, pensava di poter ritirare parte delle truppe dall’Iraq e dall’Afghanistan per concentrarsi su di un nuovo obiettivo: contenere ed accerchiare la potenza della Cina”.
Questo significava considerare come problemi regionali quello che accade in Medio Oriente . Non è più così:, afferma Nazanin Armanian: “L’Arabia Saudita, il Qatar (un piccolo paese nella carta geografica) ed Israele sono riusciti a trascinare Obama ed il suo equipe un’altra volta in Medio Oriente; la Cina e la Russia sono molto contenti per questo. Per tale motivo non stanno muovendo un dito per fermare la rioccupazione e la terza guerra in Iraq”, ha affermato nelle giornate. “Azione…riflessione… azione “organizzate per Xarxa a Lluita, il centro Sociale la Dahlia di Mislata (Valencia).
Attualmente esiste nel mondo una lotta tra le forze del grande capitale, a livello mondiale e regionale, per il controllo delle zone di influenza strategiche. “In nessun caso si tratta di una battaglia per il progresso”, liquida la politologa. La Terza Guerra Mondiale è già iniziata, oggi, localizzata. In Afghanistan, in Iraq, in Siria, in Sudan, In Somalia, in Libia, in Mali, in Nigeria, nel Niger….. questa nuova divisione del mondo è iniziata con il fenomeno delle denominate “primavere arabe” (movimenti popolari spontanei in Egitto e Tunisia per la democrazia politica ed economica), e la caduta dei dittatori come Mubarak e Ben Alì. “Gli stati Uniti ed i loro alleati ne hanno approfittato ed hanno provocato il cambiamento; quello che è successo dopo in Libia e Siria non sono stati in nessun caso delle “primavere spontanee” ma c’è sempre stata la mano dei servizi occidentali e di Israele.
Vedi la situazione determinatasi in Egitto con la caduta di Mubarak e con l’avvento degli islamisti della setta dei Fratelli Mussulmani, favorito dagli USA che, per le loro finalità geopolitiche, hanno appoggiato le forze radicali islamiste in tutto il Medio Oriente. (……)
Dopo le “primavere arabe” si è creata la questione della Libia. L’episodio della guerra contro la Libia deve essere inquadrato nella ripartizione del Medio Oriente. Secondo l’analista “questo è stato un complotto assoluto contro quello che era il paese più sviluppato dell’Africa, non solo economicamente ma anche ad esempio nelle conquiste della popolazione femminile, con una speranza di vita fino ai 78 anni. Un paese ricco di risorse che disponeva fra l’altro di una propria moneta e voleva allontanarsi dal dominio del dollaro e dalle banche occidentali, creando un interscambio tra i paesi africani. Un’altro complotto simile è avvenuto poi in Siria . In Siria hanno creato una finta rivoluzione,ad uso dei media occidentali, con l’infiltrazione nel paese di un esercito di mercenari stranieri fatti passare come “ribelli siriani”, per avere il pretesto di rovesciare il governo laico di Bashar al-Assad, con il sostegno al complotto da parte degli USA, di Israele e delle potenze regionali Arabia Saudita, Qatar, Turchia, interessate alla spartizione della Siria.
In Siria il conflitto ha assunto una dimensione internazionale coinvolgendo Stati Uniti e Russia. La Russia è il più importante alleato della Siria e dispone di una base militare a Tartus , sulla costa siriana e non ha alcuna intenzione di rinunciarvi. La Russia, appoggiata anche dalla Cina e dall’Iran, sta difendendo la Siria dall’attacco degli USA e delle potenze regionali cercando di mantenere l’unico governo laico della regione contro l’ondata radicale islamista ispirata dall’Arabia Saudita e dal Qatar e fortemente appoggiata dagli USA e dalle potenze occidentali.
La strategia degli USA di conquista e di egemonia sui paesi della regione si estende allo stesso modo anche all’Africa, in modo molto silenzioso e con meno clamore. Quello che stanno attuando non è solo un cambiamento di regimi di determinati paesi ( lo avrebbero potuto fare con i metodi tradizionali del colpo di stato ed eliminazione degli oppositori).
Possiamo chiederci quale è il piano imperialista? Si procede con la distruzione delle infrastrutture di un paese (con i suoi ospedali, scuole, strade, centrali elettriche, ponti, esercito, ecc.) per trasformarlo in un “territorio” o “stato fallito”. Tuttavia non soltanto si mira a distruggere lo Stato ma anche a modificarne le sue frontiere. Questo è accaduto in Jugoslavia (paese che non esiste più). Lo stesso è accaduto anche in Sudan, in forma silenziosa e non se ne parla dove la zona petrolifera, quella dove operavano società petrolifere cinesi- è stata occupata militarmente da USA ed Israele. Le prime tre ambasciate ad aprire nel paese sono state quelle di questi tre paesi e del Vaticano. Il risultato è stato una carestia ed una guerra civile-.Secondo l’ONU almeno cento persone al giorno muoiono per questi motivi.
Anche il Libia è accaduto qualche cosa di simile: non esiste più uno stato ma si possono distinguere zone semi autonome o principati sotto il controllo di gruppi paramilitari. Si possono annoverare due governi: uno a Tripoli ed un altro a Bengasi. La Libia è ormai un territorio o uno “stato fallito”. L’altro esempio attuale è l’Iraq: un territorio suddiviso in tre zone: quella curda al nord, quella sunnita al centro e quella sciita al sud.
La stessa cosa sta accadendo in Siria dove il governo di Assad non ha più il controllo di tutto il territorio e dove l’obiettivo degli USA e di Israele è quello di dividere il paese in tre entità.
Se ci chiediamo quali strumenti si siano utilizzati per ottenere il controllo di parte dei territori di Iraq e della Siria, secondo Nazanin Armanian, si è utilizzato il gruppo dello “Stato Islamico” o ISIS, che è una assoluta invenzione del Pentagono. Che all’improvviso un gruppo di miliziani, con armamento improvvisato, sprovvisto di elicotteri o di aviazione, riesca ad occupare vaste zone di un paese esteso come l’Iraq, è un qualche cosa che non si è mai visto da parte di nessun altro gruppo di guerriglieri nella Storia dell’umanità, spiega l’analista.
La conclusione è che gli Stati Uniti ed i loro alleati hanno in pratica smontato l’equilibrio del Medio Oriente ed adesso vorrebbero costruire altri paesi a loro misura (il 23 Settembre del 2013 il New York Times ha pubblicato due cartine geografiche che plasmavano il nuovo progetto degli USA per la regione: 5 paesi vengono trasformati in 14 stati). Tuttavia secondo la politologa il problema che hanno attualmente i popoli della zona è che adesso non avviene come nell’epoca dell’URSS quando piccoli governi e gruppi organizzati obbedivano ad uno o all’altro campo; questo perché li finanziavano o gli fornivano armi. Attualmente ci sono tanti governi e tanti attori sociali e politici che nessuno controlla la situazione; un attore neutralizza quello che fra l’altro. Ad esempio l’Arabia Saudita non obbedisce agli USA: sono molto amici e stretti alleati ma l’Arabia Saudita odia Obama; lo odia a tal punto che ha finanziato gli esponenti “falchi” al Congresso che hanno guadagnato il Senato.
L’asse del vespaio mondiale ricorre nel Medio Oriente e nell’Asia centrale. Se si tracciasse un rettangolo, questo includerebbe i quattro principali produttori di gas del pianeta (il prodotto energetico del secolo XXI). Per esempio, l’Iran, la prima riserva di gas del mondo (davanti alla Russia dopo le ultime scoperte di giacimenti). Il gas ed il petrolio iraniano non sono sotto il controllo delle multinazionali anglo statunitensi, pertanto la madre di tutte le battaglie si trova in Iran, per quanto questo non lo dicano perché ancora c’è un governo forte ed una popolazione che non è costituita da gruppi tribali; si tratta di una nazione con una storia di 3.000 anni. Di conseguenza dovranno andare per fasi. Le potenze imperialiste non possono operare nello stesso modo in cui operano in Iraq, in Afghanistan o in Libia.
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La situazione è estremamente complessa e le ramificazioni di questa arrivano fino all’odierno conflitto in Ucraina. Gli USA vogliono che gli europei non comprino il gas russo ma comprino il loro gas. Obama lo ha detto direttamente ma perché questo possa accadere, che gli USA possano sostituire la Russia, nel migliore dei casi, bisognerà attendere fino al 2018.
Il vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sostiene che bisogna cambiare le frontiere del Medio Oriente, soprattutto della Siria e dell’Iraq, per creare paesi di piccole dimensioni, divisi per gruppi etnici e confessionali. Questo implicherebbe fare una pulizia etnica in ogni città, segnala Armanian.
Joe Biden (jr), figlio del vicepresidente, è il direttore di Burisma Holding, una delle società del gas più importanti che operano in Ucraina.
A tutto quello si aggiungono conflitti latenti che ancora ingarbugliano di più il panorama. Come la minaccia di Israele al Libano di “farlo ritornare all’età della pietra”. “Il prossimo paese a cadere potrebbe essere il Libano o incluso la Giordania; Israele è anche tornato a minacciare l’Iran. Nessuno controlla niente”, ribadisce l’analista ed aggiunge: Qualche cosa di molto grave è successo circa tre giorni fa e non si sono visti titoli di giornali. I negoziati nucleari tra Stati Uniti ed Iran non sono arrivati da nessuna parte. I repubblicani USA, l’Arabia Saudita, Israele e i suoi gruppi di pressione stanno facendo pressioni adesso per un aumento delle sanzioni.
Circa il 70% del bilancio dell’Iran dipende dall’esportazione del petrolio. Le sanzioni, confidano gli alleati, potrebbero far scoppiare una insurrezione popolare, la caduta del regime, una guerra civile e la disintegrazione del paese, formato da 15 etnie diverse. Di fatto esiste il brodo di cultura di un conflitto etnico in Iran, ad esempio il Partito democratico del Kurdistan, il più antico, prima non era autonomista d ora lo è divenuto, nelle sue pagine web stanno dichiarando la lotta armata contro il governo islamico dell’Iran. Allo stesso modo l’unione dei curdi di Iraq e Siria per la formazione di un paese autonomo. Neppure nello Yemen si è dato risalto a quanto sta accadendo, il primo paese comunista arabo negli anni ’70 dove si vedevano manifestazioni con le magliette con il Che; anche qui esiste un grande sommovimento con la presenza di sindacati operai solidi, forze socialiste, nazionaliste, anarchiche e maoiste. Un polverone globale.

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