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2 August 2016

Centro Mondiale Commerciale, gli antenati della strategia della tensione
di Michele Metta

Prosegue l’inchiesta sui membri del Centro Mondiale Commerciale e sui loro legami con gli aspetti più occulti della Storia italiana ed internazionale.

Pertini: certamente il Presidente italiano più amato. Pertini la cui perenne, accanitissima spina nel fianco, ha un nome ed un cognome: Corrado Bonfantini.

La miccia tra i due s’accende già durante la Lotta di liberazione partigiana, quando Bonfantini – lui pure partigiano, ma doppiogiochista – fa recapitare a Pertini una lettera di Mussolini contenente la proposta d’un patto, tra fascisti e socialisti, per – apparentemente – consentire la costituzione, nel Nord della Penisola, d’una nuova repubblica, erede di quella di Salò. Repubblica dove fascisti e socialisti, ammansite reciprocamente le proprie posizioni, si tendessero la mano in nome d’un superiore amore: per la Patria. Apparentemente perché, com’è ovvio, si trattava d’un estremo tentativo di tenere in piedi il fascismo non ostante tutto, e non certo di sposare convinzioni marxiste. Sarà lo stesso Benito Mussolini a confessarlo in segreto: ad esempio, nell’incontro avuto con l’Ambasciatore nazista Rudolf Rahn in data 31 marzo 1945, dove il duce spiega essere questo l’escogitato cinico modo per spezzare l’unitarietà del Comitato di Liberazione Nazionale e, al contempo, dare patente d’antifascismo a chi fascista lo era ancora, ma poteva così, scaltramente e convenientemente, infiltrarsi tra le fila democratiche.

L’integerrimo Pertini non cade nella trappola nemmeno per un minuto: straccia immediatamente la missiva, urlando che con i dittatori non si scende a patti per nessun motivo.

Il dato finora inedito, e che connette il tutto con l’indagine sul Centro Mondiale Commerciale che stiamo rivelando, è che anche Corrado Bonfantini era membro di questa Società per Azioni che, come accennavamo nel precedente articolo, S.p.A. genuina non è, ma maschera escogitata dalla CIA per svolgere le proprie attività più riposte.

Lo scontro tra Pertini e Bonfantini perdurerà negl’anni, in eco che, tra le altre cose, si riverberano in interventi dello stesso Pertini sull’Avanti!, l’organo socialista: accade il 30 aprile 1947; di nuovo, ed ancora più duramente, il 27 gennaio del 1949. Interventi nei quali Pertini ci tiene ad informare d’avere ripetutamente e personalmente diffidato Bonfantini dal tenere contatti con rappresentanti della pseudo Repubblica di Salò e con intermediari di questa.

Discorso che possiamo indubbiamente proseguire tramite le seguenti parole, affidate dall’alto dirigente comunista Giancarlo Pajetta, nel corso d’un’intervista per il quotidiano La Repubblica in occasione del 25 aprile del 1985, a Paolo Mieli. Scandisce Pajetta al giornalista: «Bonfantini lo giudicavamo un avventuriero, aveva strani contatti con i repubblichini. Era stato catturato e aveva riguadagnato la libertà in circostanze misteriose. Insomma non ci piaceva».

Discorso che, altrettanto indubbiamente, possiamo suggellare tramite altre parole ancora, questa volta dello storico Giuseppe Murgia, il quale, in una propria opera, scrive:

Quando le brigate [partigiane] “Matteotti” hanno catturato il generale [fascista] Graziani, Sandro Pertini si è opposto all’ufficiale americano Emilio Daddario che reclamava per sé il prigioniero, e ha ordinato di fucilare il capo dell’esercito di Salò in ottemperanza all’ordine impartito dal Comitato di liberazione contro i criminali fascisti; ma Bonfantini, tergiversando, lo ha salvato favorendo l’agente dell’Oss che ha preso in consegna il generale. Con Daddario, Bonfantini collabora anche a salvare il ministro delle Corporazioni Angelo Tarchi.

Bonfantini si renderà perfino complice dell’importantissima operazione d’intelligence che consente di mettere in salvo l’alto gerarca fascista Valerio Borghese, rendendolo al contempo strumento dei Servizi legati alla NATO.

Illeciti che, nella vita di Corrado Bonfantini, si perpetuano: durante gl’anni Settanta, Bonfantini si rende protagonista d'una altra impresa ben poco limpida, questa volta connessa al Giovanni Ventura esecutore, assieme a Franco Freda, della strage di Milano del 1969.

Ventura, infatti, aveva cercato di ammorbare l’opinione pubblica tramite una manovra di pericolosissima disinformazione: aveva, cioè, messo in giro dei documenti, appositamente fabbricati dal nostro spionaggio, mescolanti fatti veri a fatti totalmente inventati. Lo scopo, come in questi casi accade, è di cercare di convincere, tramite i fatti veri, che anche i fatti inventati siano reali. Una delle bugie principali di quelle pagine avvelenate era che – ci siamo – Sandro Pertini fosse un venduto. Pagine la cui diffusione aveva visto un singolarissimo pilastro in Alberto Sartori. Singolarissimo perché Sartori, almeno ufficialmente, era un politico di Sinistra estrema. Sartori cercherà di giustificare quel suo oggettivo aiuto fornito al Ventura spacciandolo come un tentativo di carpire la fiducia dello stragista per poi smascherarlo: cosa totalmente smentita dalle risultanze processuali su Piazza Fontana, che identificano in Sartori un sodale consenziente e pieno del Ventura. A cercare, viceversa, di difendere l’asserita – e fasulla, come appena visto – buonafede di Sartori, interviene appunto, e ripetutamente, nonché prepotentemente, proprio il Corrado Bonfantini membro del CMC e nemico acerrimo di Pertini.

Bonfantini che Relazioni dei nostri Servizi segreti fotografano appartenere, sempre nei Settanta, a strutture legate ad un progetto eversivo, capeggiato da un più che virulento anticomunista chiamato Edgardo Sogno, e spalleggiato da Eugenio Cefis: il Presidente dell’ENI dopo l’omicidio di Mattei. Lo stesso Cefis che, per nulla a caso, nel corso della Seconda guerra mondiale, aveva avuto abboccamenti proprio con il summenzionato Emilio Daddario, il quale, per completezza di discorso, era emissario diretto dell’Allen Dulles allora capo delle azioni dell’intellicence statunitense in Europa e successivamente capo della CIA.

Operazione, quella della coppia Sogno-Cefis, caldamente voluta oltreoceano dal Presidente USA Richard Nixon, ed infatti andata a monte solo ed unicamente perché Nixon, incappato in quel colossale scandalo battezzato Watergate, era stato poi costretto alle dimissioni. Operazione che prevedeva di condurre l’Italia ad una dittatura fascista tramite un piano occulto parecchio raffinato, alimentato anche dalla messa in essere d’una infiltrazione all’interno delle allora nascenti Brigate Rosse. Infiltrazione condotta tramite un certo Roberto Dotti: un ex comunista poi, analogamente a Bonfantini, divenuto doppiogiochista e uomo di fiducia di Sogno. Sogno il quale – e, per il momento, concludiamo – era un tutt’uno, come registrano con estrema chiarezza i lavori della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sulle Stragi, con un generale mussoliniano chiamato Giuseppe Pièche. Pièche lui pure ai vertici, come ci rivelano le carte societarie finalmente da me reperite, del Centro Mondiale Commerciale. Pièche i cui legami con la strategia della tensione sono talmente estesi e forti da meritare senza dubbio che di lui ci si occupi in una prossima puntata di questa nostra inchiesta sul CMC.


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20 July 2016

 

Centro Mondiale Commerciale, la pista italiana dell'omicidio Kennedy

di Michele Metta

 

Dai documenti il ruolo di una strana società aperta a Roma che aveva nel board Clay Shaw, implicato nell'inchiesta del giudice Garrison sull'omicidio di Dallas

 

Grazie ad un importante ritrovamento di documenti, parte oggi un’inchiesta in più puntate che permette di guardare tra gli aspetti più occulti della Storia italiana ed internazionale.

 

In un breve filmato del 1959, è raccontata la cronaca della concessione alla S.p.A. Centro Mondiale Commerciale, ad un anno dalla sua costituzione, della sua sede all’Eur, in una notevolissima cerimonia cui intervengono i maggiori notabili democristiani dell’epoca.

 

Trattasi dell’identico Centro Mondiale Commerciale per il quale lavorava Clay Shaw, un imprenditore statunitense che, nel 1967, grazie ai riscontri raccolti, diventa l’indiziato principe della più fondata inchiesta giudiziaria svolta sulla morte di John Fitzgerald Kennedy: quella compiuta da JimGarrison, l’allora Procuratore distrettuale di New Orleans. Garrison, infatti, non persuaso dalla versione governativa, fornita dalla Commissione Warren, additante come colpevole un folle solitario, aveva, come consentitogli dalla legge, riaperto il caso.

 

La più fondata perché la sua totale lineare evidenza, una volta resa universalmente notagrazie al rinomato film d’Oliver Stoneappunto intitolato JFK, è stata in grado di generare un movimento d’opinione pubblica tant’esteso ed efficace da obbligare le autorità USA ad emanare il cosiddetto Assassinations Disclosure Act, dispositivo tramite cui scaturisce l’Assassination Records Review Board, organo che, mettendo assieme nuove prove, e togliendo finalmente il segreto a molte già esistenti, dimostra ulteriormente la validità piena dell’inchiesta di New Orleans: John Kennedy è stato ucciso da un complotto.

 

La più fondata, altresì, visto quant’appurato grazie al mioessere riuscito ad entrare in possesso, integralmente, delle carte societarie del CMC.

 

Carte che ci raccontano di riunioni del Consiglio d’Amministrazione del Centro Mondiale Commerciale in un luogo della Capitale ben particolare; e cioè: Piazza di Spagna 72/A. Vale a dire, come specificato dagli stessi resoconti aziendali: «presso lo studio dell’avvocato Roberto Ascarelli».

 

Per capire meglio chi sia Roberto Ascarelli, prendiamo ora in mano Trame atlantiche, opera d’uno tra i massimi esperti su Licio Gelli: Sergio Flamigni.

 

Flamigni pone subito in evidenzia come durante gl’anni Sessanta, a far sì che il fanatico mussoliniano Gelli intraprendesse la propria scalata all’interno della loggia P2, la quale stava allora vivendo i suoi importantissimi albori, fosse stata fondamentale una spinta, fornitagli proprio da Roberto Ascarelli. Ascarelli aveva infatti espressamente e con forza raccomandato a Giordano Gamberini, contemporaneamente uomo di fiducia della CIA e capo della massoneria cosiddetta di Palazzo Giustiniani – vale a dire: la più potente espressione massonica del nostro Paese – ,d’affidare la segreteria della P2 a Gelli. Dati che Flamigni così, esemplarmente, chiosa:

 

I trascorsi fascisti e repubblichini di Gelli che ne hanno bloccato l’affiliazione divengono piuttosto un elemento di garanzia per la funzione anticomunista che verrà chiamato ad assolvere.

 

Il legame strettissimo tra Ascarelli e le fortune di Gelli è ribadito anche dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 presieduta dall’Anselmi, la quale scrive che «il Gran Maestro aggiunto, Roberto Ascarelli, segnala Licio Gelli al Gran Maestro, Giordano Gamberini, raccomandandolo come elemento in grado di portare un contributo notevole all’istituzione, in termini di proselitismo di persone qualificate».

 

Commissione Anselmi che, circa Ascarelli, aggiunge un ulteriore elemento chiave: era a capo d’una loggia denominata Hod. Loggia Hod della quale, prima d’approdare alla P2, entra a far parte lo stesso Gelli.

 

L’importanza ed il retaggio di tale loggia Hod sono tali da spingere Tina Anselmi a scriverne anche nella propria Pre-relazione: una sorta di bozza di quella che sarà poi la Relazione finale. Pre-relazione nella quale l’Anselmi rilevache tanto la Hod che la stessa P2 avevano per propria sede esattamente l’anzidetto studio di Roberto Ascarelli. Leggiamo:

 

Licio Gelli cominciò con il riunire i fratelli già affiliati alla P2 e quelli che avrebbero dovuto entrarvi, presso lo studio dell’avvocato Ascarelli in piazza di Spagna. Qui si erano fino ad allora dati appuntamento i fratelli di un’altra loggia molto riservata, considerata da alcuni anticamera e da altri distaccamento della P2, la loggia Hod. Con l’arrivo di Gelli questi fratelli cominciarono a distinguersi con l’etichetta “Raggruppamento Gelli-P2”.

 

Scopriamo così, quindi, incrociando il tutto, un primo sconcertante dato, circa la Società per Azioni. Determiniamo, cioè, che il Centro Mondiale Commerciale svolge propri incontri nel medesimo luogo di riunione sia del Raggruppamento Gelli-P2 che, precedentemente, di quella loggia Hod definita, dai testimoni interrogati dalla Commissione, come anticipatrice, se non, addirittura, distaccamento gemello, della stessa Propaganda2; loggia Hod diretta in prima persona da Roberto Ascarelli.

 

Attenzione: che piazza di Spagna 72/A sia stato il punto di partenza della Propaganda2 è circostanza, più in là negl’anni, confermata addirittura dallo stesso Gelli. E per ben due volte.

 

La prima, è quando stila un promemoria a beneficio della magistratura di Firenze che lo sta indagando. Il testo, disponibile pure tra gl’allegati della Commissione Anselmi, recita:

 

Nel 1967 il Maestro venerabile Avv. Bruzio Pirrongelli mi condusse dal Prof. Roberto Ascarelli, – Piazza di Spagna, 72 – , Gran Maestro Aggiunto all’epoca della Gran Maestranza del Prof. Giordano Gamberini, per essere elevato al grado di Maestro: successivamente mi fu chiesto di interessarmi della Loggia “P.2”.

 

Perfino più dovizia, poi, Gelli mette in una lunga intervista concessa, assai dopo, a Sandro Neri, per il libro di quest’ultimo: Parola di Venerabile. A domanda su dove avvenissero le iniziazioni dei suoi neofiti, così s’esprime:

 

Nella prima fase iniziavamo tutti [nel senso, appunto, d’iniziare alla massoneria] nello studio di Ascarelli, al numero 72 di piazza di Spagna, al terzo piano. Ci assisteva Virgilio Gaito, che all’epoca svolgeva l’apprendistato di avvocato e che successivamente sarebbe diventato Gran Maestro del Goi. La cerimonia durava circa un’ora e un quarto, perché molti passaggi del rituale venivano saltati. Ascarelli iniziava i nuovi fratelli, io facevo da testimone. Non essendo in una sede massonica, utilizzavamo un tempio portatile, contenuto in una valigetta 24 ore che aprivo sul tavolo. Aveva tutto: una riproduzione in scala delle colonne, del pavimento a scacchiera, dell’ara che guarda all’Oriente. La spada era pieghevole. In vista di ogni iniziazione consegnavo ad Ascarelli un curriculum del nuovo arrivato, così che lui, a cerimonia conclusa, potesse anche parlare col neofita del suo lavoro e delle sue esperienze. In genere, queste conversazioni finivano sempre sui grandi personaggi della storia.

 

Quando Gelli afferma non essere Piazza di Spagna 72/A sede massonica, quel che intende – si badi – è sede massonica palese. È l’essere sede massonica occulta a far sì che, in effetti, manchino quelle strutture architettoniche tipiche – pavimento a scacchiera, colonne, ara – alle quali si sopperisce con la riproduzione in miniatura da Gelli recata con la valigetta.

Non è finita. Perché, sempre grazie ai documenti del CMC da me reperiti, arriva la seconda sorpresa: la novità – inedita, enorme – di vedere tanto Roberto Ascarelli che Virgilio Gaito comparire, altresì, tra i vertici del Centro Mondiale Commerciale. Virgilio Gaito che, oltretutto, è nome destinato adindossare, dal 18 dicembre 1993 al 21 marzo 1999, laveste, già portata da Gamberini, di Gran maestro del Grande Oriente d’Italia.

 

Un quadro al quale unire, per un verso, la certezza d’un ruolo di fiduciario della CIA ricoperto da Clay Shaw, come inequivocabilmente attestato da Rapporti della stessa massima agenzia di spionaggio statunitense oggi desecretati. Per altro verso, la presenza, sempre nel CMC cui Shaw presta la propria opera, di tantissimi altri individui al centro delle trame più occulte del nostro Paese: quelle trame da cui scaturisce quel così deprecabile pezzo della nostra Storia patria che va sotto il sanguinoso nome di strategia della tensione. Ma, di questo, ne parleremo in una prossima puntata.

 

 

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