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Mahmoud Darwish, 13 marzo1941 - 9 agosto 2008, il poeta della lotta palestinese

Potete legarmi mani e piedi togliermi il quaderno e le sigarette riempirmi la bocca di terra: la poesia è sangue del mio cuore vivo sale del mio pane, luce nei miei occhi. Sarà scritta con le unghie, lo sguardo e il ferro, la canterò nella cella della mia prigione, al bagno, nella stalla, sotto la sferza, tra i ceppi nello spasimo delle catene. Ho dentro di me un milione d'usignoli . Per cantare la mia canzone di lotta. Mahmoud Darwish


Il Manifesto 12-08-2008
http://nena-news.globalist.it
giovedì 9 agosto 2012 22:12

Mahmoud Darwish, quattro anni dopo ma sempre con lui
di Michele Giorgio 



Nena News pubblica un articolo scritto quattro anni fa da Michele Giorgio dopo la morte del grandissimo poeta palestinese, apparso sul quotidiano Il Manifesto

«O caro amico, ci è sufficiente dipingere con l'inchiostro dell'anima e con il sangue della poesia una chiara freccia (spero che sia chiara), che indichi la direzione giusta verso il nostro carrubo, il nostro ulivo e i fiori della nostra splendente prugna». Così 22 anni fa Samih Qassem, poeta druso palestinese e giornalista, scriveva all'amico Mahmud Darwish.

«Spesso comunicavamo con i versi, la nostra era una amicizia speciale, unica, e poco importa se ci sentivamo in competizione», ci disse Qassem qualche anno fa in una intervista. E Qassem lo piangeva ieri quel suo amico-fratello che negli ultimi tempi parlava spesso della fine della sua vita e la morte ha portato via lasciando un vuoto incolmabile tra i palestinesi. «Vi prego, lasciatemi solo, non riesco ancora a crederci», diceva ieri Qassem hai giornalisti che provavano a raccogliere qualche suo commento alla scomparsa di Darwish, deceduto sabato scorso in un ospedale del Texas.

È un dolore diffuso, che tocca ogni palestinese, dall'intellettuale al più semplice dei lavoratori, nei Territori occupati e in esilio. Uomini e donne, anziani e ragazzi. Senza eccezioni. Dalla Galilea a Gerusalemme fino al deserto del Neghev. Ieri nelle strade di Ramallah, dove Darwish ha vissuto gli ultimi 14 anni, sono state issate su balconi, tetti e piloni dell'elettricità migliaia di bandiere e poster con l'immagine del poeta. Da sabato scorso radio e televisioni, palestinesi e arabe, continuano a trasmettere documenti sonori e immagini del poeta. Amici e colleghi di Darwish si alternano ai microfoni e davanti alle telecamere per raccontare episodi legati alla sua vita, il suo amore per la Palestina ma anche qualche curiosità diventente volta ad addolcire il ricordo di quella sua eccessiva riservatezza. «Per me era una continua fonte di ispirazione, il fatto che sia morto non cancella la sua opera che resterà per sempre con noi», ha commentato Butheina Arraf, una studentessa dell'università di Bir Zeit.

«La poesia che aveva dedicato a sua mamma (resa celebre dal famoso cantautore libanese Marcel Khalife, ndr) appartiene a ogni madre palestinese che poi non è altro che la terra di Palestina», ha aggiunto da parte sua Khawla Abdel Hadi, una insegnante.

Non solo le poesie ma anche la vicenda personale rendeva sempre vicino alla sua gente lo schivo Darwish, poeta della «resistenza» è stato detto ma soprattutto poeta dell'«esistenza» di un intero popolo. Nato a Birwah, in Galilea, nel 1941, Darwish all'età di sette anni, nel 1948, visse la tragedia della dispersione del suo popolo (Nakba) e finì in Libano. Il padre rifiutò di diventare profugo e preferì ritornare, con enorme difficoltà, in una patria ormai divenuta Stato di Israele. Scrisse la sua prima poesia già alle elementari e da adolescente mise subito in mostra il suo enorme talento. Gli arresti da parte delle autorità israeliane e le difficoltà della vita affinarono le sue liriche tanto che attirarono l'attenzione di lettori e critici. Darwish lavorò per Al Ittihad, il giornale del partito comunista, e si stabilì nella città di Haifa, dove divideva una camera con l'amico Samih Qasem. All'inizio degli anni Settanta, clamorosamente decise di trasferirsi in Libano, scegliendo la via dell'esilio. Qui si unì all'Olp e rimase con la sua gente durante la guerra civile e l'invasione israeliana (1982) fino al trasferimento forzato a Tunisi e alla successiva partenza per Parigi. Nel 1993 non accettò gli accordi di Oslo fra l'Olp e Israele perché convinto che avrebbero messo fine al sogno palestinese.

Parole di apprezzamento per l'opera di Mahmud Darwish sono state espresse da esponenti della cultura e della politica di tutto il mondo, tra cui il presidente francese Nicolas Sarkozy. Espressioni di stima sono giunte anche da qualche esponente israeliano. L'ex ministro dell'istruzione Yossi Sarid ha affermato che «i nostri ragazzi conoscono il poeta nazionale israeliano Haim Bialik e possono imparare a conoscere il loro (dei palestinesi, ndr) poeta nazionale». Nettamente contrario si è detto il deputato Zevulun Orlev, secondo il quale «quelle poesie potrebbero favorire lo sviluppo di sentimenti contro il Sionismo, l'Ebraismo e Israele». Alla fine degli anni Novanta un poema di Darwish, And we will love, venne inserito nei programmi di letteratura nelle scuole superiori di Israele. La decisione venne però revocata dall'allora premier Ehud Barak (ora leader laburista).

L'Anp ha proclamato tre giorni di lutto nazionale e ha organizzato, per domani, «funerali di stato» per il poeta palestinese, paragonabili a quelli per il presidente Yasser Arafat morto quattro anni fa. Darwish verrà sepolto a Ramallah e non nel villaggio di Jadida (Galilea) dove risiede parte della sua famiglia. La salma arriverà domani mattina ad Amman. Poi, in elicottero, verrà trasferita alla Muqata di Ramallah, dove si svolgerà una cerimonia ufficiale alla presenza del presidente Abu Mazen. Dopo il corteo funebre, al quale parteciperanno decine di migliaia di persone, attraverserà il centro della città fino a un giardino adiacente al Palazzo della Cultura dove avverrà la sepoltura e, in seguito, sarà costruito un mausoleo.

Hamas intanto resta in silenzio. Non è chiaro se il movimento islamico si unirà alle commemorazioni nonostante il suo leader in esilio, Khaled Mashaal, abbia definito Darwish una delle «massime espressioni della cultura e della identità dei palestinesi».

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