Forse, viene da rispondere, dobbiamo ripensare la nostra democrazia. I potenti della terra, infatti, hanno tutto il diritto di riunirsi e fare lobby. Ma uno Stato deve essere abbastanza forte da mediare tra i diversi interessi e non farsi imporre la linea da nessun organismo di parte.

Anche se è potente e si chiama Bilderberg.



Al netto di ogni complottismo, le élite che si riuniscono (anche) in questa associazione hanno finito per influenzare, a dir poco, le democrazie. Un nuovo libro ne racconta caratteristiche, strategie e protagonisti

Non sono pochi i premier e i banchieri centrali che, prima di diventare tali, sono entrati a far parte del Bilderberg o della Trilaterale.

Tra questi, Draghi e Monti. L'esistenza di queste organizzazioni pone questioni decisive come quella del controllo democratico sui processi decisionali pubblici.

È possibile gestire le sfide della mondializzazione con forme di coordinamento composte da élites ristrettissime?

Élites selezionate solo in virtù della propria enorme ricchezza, che appartengono a pochi Paesi, non sono elette da nessuno né delegate da alcuna autorità pubblica, agiscono in modo segreto e sono ispirate al dogma del mercato autoregolato.

Le recenti vicende dell'euro dimostrano quanto una gestione affidata a ristrette élites mercatistiche sia portatrice di caos.

L'obiettivo di questo libro è analizzare l'organizzazione internazionale delle élites transnazionali, le basi economiche del loro potere, gli orientamenti e i modi attraverso i quali riescono a influenzare gli altri livelli di potere, a partire dagli Stati-nazione.

Gli eventi ci dimostrano sempre di più che i piani e i progetti del Bilderberg e della Trilaterale, che poi altro non sono che i disegni, anche legittimi, della classe dominante, si stanno sempre di più realizzando.

Questa situazione è accettabile? Fino a che punto si può definire ancora "democratica" una società nella quale i posti di potere sono in mano a poche ma potentissime lobby?