SONO 232 GLI OSTAGGI ONU 1:4

Il 6 aprile, in un'atmosfera non molto dissimile da quella del 1992, ricorre il terzo anniversario dell'assedio; sono passati 1.097 giorni di caparbia e incrollabile resistenza all'ostinato urbicidio degli assediati. A Sarajevo sono 12.000 i morti, di cui oltre 1.600 bambini e 60.000 i feriti, storpiati dalle granate, di cui 16.000 bambini. La Bosnia conta 150.000 morti, 2.000.000 di sfollati, 25.000 donne stuprate, 200 cessate il fuoco regolarmente violati, 6 piani di pace abortiti. Il Premier Haris Silajdzic denuncia l'atteggiamento occidentale di semplice contenimento del conflitto, complice della strategia di Belgrado. In seguito ai bombardamenti sulla città, si inaspriscono i rapporti tra l'ONU e i serbo-bosniaci, che ignorano i reiterati appelli al ripristino del cessate il fuoco, neanche i voli radenti dei caccia NATO sulle postazioni assassine intimidiscono il dr. Karadzic, che dichiara: - Nelle prossime settimane mi aspetto un ulteriore peggioramento dei nostri rapporti con l'ONU. Il Comando Superiore e lo Stato Maggiore delle forze armate, apporteranno tutte le misure necessarie per ottenere una vittoria militare finale contro il nemico, se non interviene un regolamento politico. A dire il vero, dubito che qualsiasi iniziativa del gruppo di contatto possa produrre la pace, ma penso che missioni di altri mediatori privi di pregiudizi potrebbero avere miglior fortuna.-

Le fragili tregue e il bando delle armi pesanti fuori dalla zona di esclusione, vengono continuamente violate. A Sarajevo il suono dei mortai stà diventando pressoché quotidiano, mentre i cecchini continuano a mietere vittime, privilegiando i caschi blu, sono almeno una dozzina i morti e i feriti che insanguinano giornalmente l'asfalto della città assediata. L'attività frenetica dei diplomatici ONU, UE e USA non riesce a trovare spazi di manovra per far tacere le armi, tutti gli appelli cadono immancabilmente nel vuoto. Il 30 aprile, l'ennesima tregua non viene rinnovata neppure formalmente. L'aeroporto é ormai esposto al completo arbitrio degli ufficiali di collegamento serbi, i quali approvano o negano l'avvicendarsi dei voli, impedendo l'atterraggio alle delegazioni diplomatiche dirette in città. I mortai da 120mm seminano la morte, rinnovando il terrore tra la popolazione ormai psicologicamente fiaccata. Nessuno si attende più nulla dall'estero, solo la fiducia nei successi militari dell'Armija mantiene vivo un sottile filo di speranza. Il 7 e l'8 maggio, violenti bombardamenti mietono dozzine di morti. Aumentano gli attacchi ai soldati del contingente francese, che subisce le perdite maggiori, il nuovo comandante dell'UNPROFOR in Bosnia, gen. Rupert Smith, invita così le sue truppe: - Non esitate ad usare la forza, quando siete nel mirino di qualsiaisi forza belligerante.-
Il 15 maggio la Corte Internazionale per i Crimini di Guerra, insediata dalle Nazioni Unite all'Aja, in Olanda, apre un'inchiesta sul genocidio attuato in Bosnia, gli indagati sono il dr. Karadzic e il gen. Mladic, che saranno formalmente incriminati dopo qualche mese, per avere ordinato e compiuto crimini contro l'umanità. Il 16 maggio, nuovi e più intensi bombardamenti si abbattono su Sarajevo, le armi pesanti sono state sottratte al controllo dell'UNPROFOR. Caccia NATO sorvolano a bassa quota le postazioni dell'artiglieria serbo-bosniaca. L'urlo delle sirene spinge i cittadini a rifugiarsi nelle cantine, tra le esplosioni delle granate e il boato dei caccia che superano la barriera del suono. Sono dozzine i feriti nelle strade, rimangono sul selciato undici morti, tra cui una bambina di dodici anni. Il 24 viene lanciata una bomba al fosforo, Radio Sarajevo annuncia - Preparatevi contro il pericolo radioattivo e biologico.- Più facile a dirsi che a farsi. La popolazione vive ore di panico sotto gl'incessanti bombardamenti.

Il 25 maggio alle H.16.00, sei caccia F-16 e F-18 colpiscono due grandi depositi di munizioni presso Pale. I cittadini di Sarajevo guardano increduli la colonna di fumo nero che si alza nel cielo primaverile in direzione dell'odiata cittadina nemica. Il Presidente americano Bill Clinton commenta - Spero che l'azione dissuada la leadership serbo-bosniaca dal violare la zona di esclusione e la convinca ad obbedire agli ordini delle Nazioni Unite.- Il 26 maggio, 13 caschi blu vengono fatti prigionieri e incatenati in prossimità di obbiettivi militari suscettibili di rappresaglia. I soldati ONU, usati come scudi umani, passano sugli schermi televisivi di tutto il mondo, é uno schiaffo senza precedenti alla politica del sig. Boutrous Ghali, specialmente nell'anno in cui ricorre il cinquantenario dell'Organizzazione. Nella tiepida serata dello stesso giorno, intorno alle H19.00 una nuova strage di civili, questa volta a Tuzla, stronca 73 giovani vite, tra i 2 e i 25 anni, che sostavano in una piazza tra i tavoli di alcuni caffé all'aperto.


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Il 27 maggio sono 232 gli ostaggi Onu in mano ai miliziani serbo-bosniaci. Frustrazione e rabbia tra i caschi blu in attesa di ordini. Da parte della comunità internazionale le proteste e l'indignazione hanno il sapore amaro dei luoghi comuni: "severa condanna", "atto barbaro", "violazione dei principi internazionali", "comportamento oltraggioso", "immediato rilascio", ecc ... Nel frattempo, sei dei sette magazzini dove erano state raggruppate le armi pesanti, sono tornati nelle mani del gen. Mladic, i 200 pezzi d'artiglieria vengono presto riposizionati, in gran parte nella zona dell'aeroporto.

Il 28 maggio vengono presi in ostaggio altri 40 caschi blu, il totale sale a 274.
L'ONU dichiara: - I serbi sono terroristi.-
Sarajevo commenta: - Come mai ve ne siete accorti solo adesso?-
Boutrous Ghali propone al Consiglio di Sicurezza ben quattro opzioni:
1°) Contenimento del conflitto.
2°) Ridimensionamento del contingente.
3°) Ritiro completo.
4°) Sostituzione dell'UNPROFOR.

Il 3 giugno a Parigi si riuniscono i 15 Ministri della Difesa dei paesi membri dell'Alleanza Atlantica. Viene varata di comune accordo una Forza d'Intervento Rapido (Rapid Reaction Force, RRF), la comanda il gen. Janvier. Mentre si intensificano gli sforzi diplomatici dei mediatori del Gruppo di Contatto per ottenere il rilascio di tutti gli ostaggi, incrociatori e portaerei NATO fanno rotta verso il mare Adriatico.
RRF: puntamento mortaio Il generale Janvier indica Sarajevo sulla mappa
Il 5 giugno, dopo reiterate pressioni del Gruppo di Contatto sul pres. Milosevic, il capo dei servizi di sicurezza di Belgrado ritorna a Pale per ottenere la liberazione dei 257 ostaggi ancora in mano di Karadzic, che ne libera solo alcuni. Sarajevo é stretta nella morsa dell'assedio, di nuovo al buio, senza acqua ne gas, il ponte aereo é sospeso da settimane, i convogli umanitari vengono confiscati dai miliziani serbi, le scorte alimentari si stanno rapidamente esaurendo, l'UNHCR informa che le riserve alimentari non superano il 15% del fabbisogno, farina e fagioli cominciano a scarseggiare. Kemal Mesac, direttore del panificio cittadino, che sorge ai piedi di una collina completamente disboscata, dichiara: - Stiamo vivendo la crisi alimentare più grave degli ultimi mesi, dai 95.000 pezzi di pane al giorno, siamo passati agli odierni 45.000, molto presto i forni potranno lavorare solo ogni due giorni.-Intanto 100 tonnellate di farina sono bloccate, dai serbi, all'aeroporto e ne viene impedito il trasporto in città. Karadzic dichiara: - Solo noi possiamo aprire un corridoio umanitario sul nostro territorio.-

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Il 7 giugno nuovi bombardamenti aggrediscono la città prostrata. Intanto colonne di carriarmati serbi manovrano sulle colline intorno a Sarajevo, mentre i bosniaci ammassano truppe in città e si preparano a sfondare il fronte dell'assedio. Il sindaco di Sarajevo, Tarik Kupusovic dichiara: - Se l'UNPROFOR non é in grado di aprire una breccia per fare entrare gli aiuti umanitari, al massimo entro la fine dell'estate, ci penseremo noi.- Sarajevo é stufa della diplomazia dell'immobilismo, perché questo significa lo strangolamento della città e favorisce solo la strategia dei serbi. Il 10 giugno, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite trasforma la forza di protezione UNPROFOR, in forza di pace UNPF. Decisione che lascia apparentemente invariati i compiti dei caschi blu, solo le targhe dei veicoli vengono adeguate alla nuova risoluzione.
Il 13 giugno Karadzic annuncia la liberazione di tutti gli ostaggi, ma ne saranno liberati, in serata, solo 114 dei 145 rimasti, ne mancano ancora 31 all'appello. La pista che attraversa il monte Igman viene chiusa al traffico civile, in città la popolazione é di nuovo nei rifugi, le granate cadono a caso sulle strade deserte, all'Ospedale Kosevo le schegge uccidono tre pazienti, già feriti nei giorni precedenti.
Il 15 giugno Boutrous Ghali scrive ai serbi recriminando duramente sul loro atteggiamento di sfida:- Noi non possiamo tollerare più a lungo le violazioni di ogni accordo, ci rifiutiamo di prendere in considerazione le vostre scuse, le vostre false accuse, i sospetti e i riferimenti a elementi che sfuggono al vostro controllo, per giustificare le interferenze nei movimenti di aiuti e personale umanitario.-

Il 16 giugno l'Armija lancia un'offensiva per la liberazione di Sarajevo. Sono le H.05.00, una nebbiolina leggera rende tutto umido, bagnato, silenzioso, grigio. Sarajevo é laggiù, occultata dalla nebbia, mentre 20/30.000 fanti bosniaci vengono lanciati all'assalto dell'artiglieria serba, nel tentativo disperato di spezzare il fronte del martirio. La battaglia esplode in decine di direzioni, solo dopo 12 ore di furiosi combattimenti, verso sera, ritorna la calma nella valle della Milijacka.


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Tuttavia i bosniaci sono consapevoli di non essere in grado di sfondare il fronte dell'assedio, ben presto avranno bisogno di rifornimenti e allora i serbi passeranno al contrattacco. Ma un risultato importante é stato ottenuto con la conquista della “Collina Grassa" (Debelo Brdo), una posizione chiave da dove i bosniaci possono bombardare la cittadina di Pale, mai raggiunta dalla guerra, ed instaurare così l'equilibrio del terrore, che produrrà molto presto i suoi frutti letali. Il terzo giorno di battaglia inizia il bombardamento su Pale, limitato a due granate intimidatorie, che cadono in prossimità del luogo dove, la figlia di Karadzic, sta celebrando le nozze insieme ad una folta schiera di importanti ospiti. Dopo lo shock arriva l'offerta politica, - Sospenderemo l'offensiva quando verrà sbloccata una via d'accesso alla città.- Per altre due volte il mortaio bosniaco lancia i suoi messaggi sopra i tetti di Pale. La cronaca non registra vittime. Mentre a Dobrinja una granata miete sette morti e una dozzina di feriti, piombando su di una fila di anziani e ragazzini i quali, dopo tre giorni nei rifugi, erano andati ad approvvigionarsi di acqua e a godersi un momento i raggi del sole. Domenica 18 giugno vengono liberati gli ultimi 26 ostaggi.

Il 21 giugno, cinque morti e due feriti tra i ricoverati dell'ospedale Kosevo, cinque i feriti in un mercatino semideserto, ancora a Dobrinja sei giovanissime, dopo una giornata passata in cantina escono a prendere un pò d'aria sulla porta di casa, dove perdono la vita, centrate da una granata. Lo stesso giorno l'offerta lanciata dal "Colle Grasso", viene accettata. L'offensiva viene così interrotta, le truppe bosniache si ritirano dal colle e, contemporaneamente, il primo convoglio umanitario con 120 tonnellate di farina entra in città.


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