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25 settembre 2011

"Ad Assisi anche per il nostro Francesco"
In marcia per la pace la famiglia Azzarà
di Alberto Custodero

ASSISI - "Alla Marcia della Pace, qui ad Assisi, marciamo per san Francesco per ciò che ha rappresentato. Ma anche per il nostro Francesco, affinché riottenga presto la libertà come riconoscimento del suo essere un operatore di pace". Quaranta giorni dopo il sequestro avvenuto a Nyala, capitale del Darfur, i familiari dell'operatore di Emergency, il trentaquattrenne Francesco Azzarà, rompono il silenzio stampa che si sono imposti. Non lo fanno i suoi genitori, ancora chiusi nel massimo riserbo. Ma i suoi cugini, Paolo Laganà, il sindaco di Motta San Giovanni (paese natale del sequestrato, nel Reggino), e Antonino Chilà. Gigantografie di Azzarà sono state esposte un po' dappertutto in Italia: al Campidoglio a Roma, a Palazzo Marino a Milano e ai balconi del palazzo del Consiglio comunale a Napoli. La sua immagine compare anche nella marcia Perugia-Assisi voluta cinquant'anni fa da Aldo Capitini, il capifila del pensiero non violento e del pacifismo ante-litteram non a caso soprannominato il "Gandhi italiano". Laganà è l'unico sindaco oggi ammesso a parlare dal palco di Assisi.

"All'appuntamento con i mille giovani per la pace - dice Laganà - lanciamo il nostro appello alla Farnesina affinché ci sia una svolta nella trattativa coi rapitori. Questa vicenda porta all'attenzione dell'opinione pubblica non solo il dramma di Francesco, ma anche quello del popolo del Sud del Sudan che proprio qualche giorno fa ha ottenuto il riconoscimento dall'Onu".

"Le ultime notizie, che risalgono a una settimana fa - aggiunge il sindaco - ci rassicuravano sulla salute e sulle condizioni di Francesco. Ma 40 giorni senza avere la libertà è già di per sé una condizione estrema. Siamo preoccupati, ma attendiamo. Ora è il momento delle risposte istituzionali: aspettiamo anche queste".

"Francesco - dichiara l'altro cugino, Antonino Chilà - è l'espressione di quella nazione pulita, intelligente, solidale. Rappresenta la Calabria migliore, la sana voglia dei tanti giovani calabresi di mettersi in gioco e di aiutare gli altri, di rendersi utili e porsi al servizio di chi vive situazioni di disagio estremo, senza se e senza ma, nei confronti dei dimenticati del mondo, con abnegazione ed incosciente passione, coerente con se stesso e con il proprio modo di intendere la vita, come espressione simbolica di un mondo giovanile proteso al prossimo, fatto di ragazzi che si impegnano nel sociale, che dedicano il loro tempo agli ultimi, sopperendo talvolta alle mancanze delle istituzioni preposte all'uopo". "Francesco - dice ancora Chilà - è uno di questi giovani, che non dobbiamo dimenticare ed il cui dramma attuale dobbiamo vivere con profonda compartecipazione, auspicando l'interessamento, a più livelli, ed uno sforzo maggiore di quello fino ad oggi profuso, per la sua immediata liberazione e per il suo ritorno a casa. Persone e ragazzi come Francesco ci fanno sentire orgogliosamente calabresi e italiani".

"Abbiamo avuto un contatto diretto con Francesco - aveva riferito Cecilia Strada, figlia di Gino e presidente di Emergency, alla Commissione straordinaria per i diritti umani del Senato presieduta da Pietro Marcenaro - ci ha detto che sta bene, per quanto possibile nella situazione in cui si trova. Mangia e beve e tiene duro". Per la pace, e per la sua liberazione, marceranno oggi migliaia di persone tra Perugia e Assisi.

 

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