Commento al reportage di Gianmarco
di Maurizio Cucci

Mi prende un poco di nostalgia a leggere di Sarajevo, bella e orgogliosa, vissuta pacificamente da fiumane di persone indaffarate. Io la ricordo deserta, diroccata, insidiosa, buia, ma anche accogliente e calda di umanita’ in lotta. Persone che resistevano credendo fermamente in una Sarajevo multietnica e multi religiosa. Non addormentata, sospesa … ma sempre sveglia, mai sazia, pronta a difendere diritti che evidentemente si sono persi nel presente, sopiti dalla pace e soprattutto dalla narrazione dei vincitori, non sono in grado di giudicare i giovani che vivono oltre la fame e il terrore degli anni dell’assedio.
 
Mi rattristo non poco a leggere della clamorosa alchimia che sta alla base di due narrazioni separate. Cosa che dimostra da un lato, che la guerra non la vince nessuno, e dall’altro che non vincendola nessuno le vittime la perdono. A conferma di cio’ l’evento che richiami per simboleggiare l’inizio del conflitto, cecchini sul corteo nuziale serbo, evento chiaramente di matrice serba, gli assedianti, non di matrice mussulmana, le vittime.
 
In realta’; verso la fine del 1991, il gen. Dzurdzevac, che comanda il quarto corpo della seconda zona e controlla la piazza di Sarajevo, viene incaricato dallo stato maggiore di disporre l'artiglieria pesante sulle colline circostanti la città.
 Di lì a poco, la stampa, allarmata, chiede spiegazioni al gen. Kukanjac, il quale giustifica le manovre dell'artiglieria come routine, nel quadro di normali esercitazioni.
 
Gia da tempo amici che si conoscevano e frequentavano da anni, accumulavano riserve di cibo per poi sparare dai loro appartamenti sui loro ex-amici mussulmani, ignari di cosa i loro amici serbi stessero organizzando. Il conflitto e’ iniziato nella primavera del 1992, nel 1994 si avviava alla conclusione, avvenuta nel 1996. Le date sono importanti. Il 2014 non puo’ segnare un ventennio esatto.
 
Rattrista constatare che la storia, che tra le righe si innesta nelle menti dei giovani di oggi sia molto diversa, almeno per me, da quella che ho vissuto e annotato in quei giorni. Mi prende male verificare, leggendo le tue parole, che la storia la scrivono i serbi.
 
Ad esempio a fine marzo 1992 vengono trovati 600 mussulmani uccisi dalle milizie cetniche del comandante Arkan (ex capo della curva sud dello spartak di belgrado) ultimamente abbiamo letto che anche a Roma ceffi del genere attizzano le manifestazioni, ma questa e’ un’altra storia. Per tornare alla Bosnia, nelle campagne, in silenzio la mattanza era gia’ iniziata quell’inverno.
 
Domenica 5 aprile ci fu la grande manifestazione indetta dai sindacati per evitare il conflitto, quando alcuni spari di cecchini spinsero parte della folla all’interno del parlamento, nell’aula occupata, viene imposto il Parlamento del Popolo di tutta la Bosnia, un forum cittadino permanente dove tutti possano parlare, perché bisogna ascoltare la voce del popolo. Così, sventolando bandiere della ex Jugoslavia, innalzando ritratti di Tito e inneggiando alla rivoluzione francese, inizia il forum popolare.
 
La storia e’ gia’ iniziata e corre verso uno stillicidio lunghissimo, per fortuna interrotto dopo quattro anni anche se con pochissima soddisfazione delle vittime.
 
Ecco, con rispetto per il tuo lavoro che, come sempre del resto, e’ pragmatico e corretto, ho rispolverato emozioni sepolte dal tempo e anche un lavoro su Sarajevo, riesumato qualche anno fa che ora mettero’ sul sito, probabilmente nella zona degli archivi, in biblioteca.

Saluti
Maurizio

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