(Sul sito No-Tav, il video dell’intervento di Giorgio Cremaschi al “presidio” della Maddalena di Chiomonte all’indomani del trionfo dei referendum).

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Scritto il 20/6/11

L’Italia dei referendum difenderà la valle di Susa

Dopo la valanga dei referendum, la valle di Susa diventa “capitale del bene comune”: imminente la convocazione, al “presidio” No-Tav di Chiomonte, della prima assemblea nazionale dei comitati referendari che il 12-13 giugno hanno trascinato alle urne 27 milioni di italiani. «Scoprirete presto che non siete affatto isolati», dice Giorgio Cremaschi, dirigente Fiom, salito in valle di Susa a sostenere i presidianti che occupano fisicamente l’area alpina prescelta per il cantiere di apertura della Torino-Lione. Il vento sta cambiando: la maggioranza degli italiani potrebbe «scendere in campo per opporsi a chi promette sviluppo e lavoro ma in realtà, con le grandi opere come questa, è interessato solo al profitto di qualcuno».

Sul piano politico, l’appello al fronte referendario si annuncia come una possibile svolta: la proposta è stata lanciata da Lino Balza, di “Medicina Democratica”, protagonista della battaglia legale contro il deposito nucleare alle porte di Alessandria. «Facciamo della valle di Susa un simbolo dell’Italia dei referendum, la prossima meta comune». Detto fatto: il “presidio” di Chiomonte ospiterà nei prossimi giorni la prima convocazione degli “stati generali del governo dei beni comuni”: la val Susa si appresta quindi a diventare il quartier generale dei comitati che hanno convinto gli italiani a pronunciarsi su acqua, nucleare e giustizia. E’ ora che il caso-Valsusa venga messo al centro dell’agenda politica nazionale, dice Balza: tutti gli italiani devono avere la possibilità di capire che la resistenza civile dei No-Tav è una battaglia politica cruciale per il futuro dell’Italia.

Lo stesso Paolo Ferrero, ex ministro prodiano e ora leader di Rifondazione comunista, è salito a Chiomonte a testimoniare solidarietà ai No-Tav: «La Torino-Lione devasterebbe la valle di Susa solo per l’interesse privato dei costruttori, quindi saremo come sempre al fianco della mobilitazione dei valsusini». Se per Beppe Grillo la Tav in valle di Susa sarebbe «un crimine contro l’umanità di domani, costretta a pagare un debito immenso per un’opera faraonica e inutile», Luigi De Magistris si appella all’Europa, chiedendo a Bruxelles di non finanziare un “eco-mostro” inflitto al territorio ignorando la protesta popolare degli abitanti. In prima linea la Fiom, con il leader piemontese Giorgio Airaudo: «Lasciamo scappare all’estero le nostre imprese e poi pretendiamo di sacrificare un’intera valle per creare un corridoio per merci che nessuno consumerà e forse neppure produrrà?».

Il vento sta cambiando, insiste Cremaschi, presidente del comitato centrale dei metalmeccanici Cgil: «Lo insegna il referendum sui beni comuni: dopo vent’anni in cui sembrava valessero solo mercato e profitto, e quindi grandi opere come la Tav, credo che l’opinione pubblica sta cambiando molto più velocemente di chi la dovrebbe rappresentare, come si vede in particolare a Torino, dove sembra che il tempo si sia fermato». Chiamparino e Fassino prendano nota: gli italiani che hanno votato contro il nucleare e la privatizzazione dell’acqua non sopportano più i diktat della Casta, tantomeno sulle grandi opere che spaventano le popolazioni. La Torino-Lione, poi, è stata progettata senza neppure una stima ufficiale del rapporto costi-benefici: conti alla mano, la sbandierata utilità “strategica” dell’infrastruttura più costosa e controversa della storia italiana continua a restare un mistero. «Inaccettabile, oggi più che mai».

Bene, continua Cremaschi: se prima l’Italia dormiva, ora s’è svegliata. «Io credo che lotte come questa, contro la Torino-Lione, abbiano un grande consenso. Non è vero che sono lotte isolate. Dicono che coi cantieri vogliono “difendere il lavoro”? Con questa espressione, spesso passano le peggiori porcherie», attacca il dirigente sindacale. «Per “difendere il lavoro”, Marchionne sta distruggendo la Costituzione dentro la Fiat e i diritti più elementari dei lavoratori, mentre qui per “difendere il lavoro” vogliono distruggere un valle». Per Cremaschi, «noi difendiamo il lavoro quando difendiamo i diritti, la natura, la nostra vita civile e sociale; altrimenti non difendiamo affatto il lavoro, ma solo i profitti, anche quelli meno presentabili».

La battaglia è aperta, il braccio di ferro continua. E Mario Virano, il commissario straordinario che avrebbe dovuto instaurare un dialogo coi valsusini per far digerire la Tav ma ha invece incassato soltanto sonore bocciature, dopo aver premuto per l’avvio del cantiere entro il 31 maggio e poi, di fronte alla resistenza dei No-Tav, entro il 30 giugno, ora accenna a una mezza retromarcia, annunciando che l’ultimatum potrebbe slittare ancora. Sottotraccia, avanzano prove di dialogo almeno per evitare lo scontro: il questore di Torino ha chiesto ai politici una soluzione negoziale per evitare lo sgombero forzato del “presidio” di Chiomonte e i No-Tav hanno inviato alla polizia una lettera aperta, invitando gli agenti a riflettere su quel che verrebbe loro chiesto: «Usare la forza per consentire l’avvio di un’opera dannosa e inutile, che equivarrebbe a una rapina ai danni dell’Italia».

Dai No-Tav, anche un appello ad Amnesty International per invocare protezione contro il ricorso alla violenza, dopo che i torinesi Chiamparino e Fassino hanno chiesto la “linea dura” contro i manifestanti: il Pd ha ventilato addirittura il dispiegamento dell’esercito in valle di Susa per militarizzare l’area e spezzare la resistenza popolare. L’offensiva contro i No-Tav si è fatta anche giudiziaria: avvisi di garanzia per la sassaiola con la quale nella notte fra il 23 e il 24 maggio alcuni manifestanti hanno scoraggiato il primo tentativo di occupazione dell’area, e anche l’accusa di “istigazione a delinquere” nei confronti del leader No-Tav Alberto Perino, reo di aver minacciato agitazioni a tutto campo, con manifestazioni anche a Torino, nel caso il sito di Chiomonte venisse attaccato e sgomberato con la forza.

«Venite a trovarci», insistono i valsusini che si danno il cambio alla Maddalena, presidiando l’area di Chiomonte: «Siamo attrezzati per ospitare migliaia di persone». In questi giorni, la tendopoli si è trasformata in agorà militante per la democrazia: assemblee, dibattiti, interventi culturali, concerti come quello degli Statuto e persino lezioni universitarie. Obiettivo: occupare fisicamente l’area per proteggerla dall’assalto delle ruspe, sperando che l’Italia si accorga che la resistenza civile della valle di Susa non è solo una questione locale, ma mette in gioco il futuro. Il modello politico-economico oggi in crisi tenta ancora la carta del cemento, ma forse il vento sta davvero cambiando. «Queste lotte, come quella valsusina, difendono tutti noi», dice Cremaschi. E ora, lo ripeteranno anche i comitati referendari: è finita l’epoca delle grandi opere “a mano armata”, che la gente non vuole e che non servono a niente, se non a dare ossigeno alle vecchie lobby del cemento.

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