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Scritto il 14/6/11

Airaudo: e ora giù le mani dalla val Susa, bene comune

Acqua, nucleare, giustizia. E adesso, per favore, “giù le mani” dalla valle di Susa. Insistere per compiere a tutti i costi la maxi-devastazione della Torino-Lione «sarebbe un controsenso: mentre gli italiani difendono il bene comune coi referendum, verrebbe condotto un attacco assurdo e inaccettabile contro la popolazione». I gesti contano, come pure le parole: Giorgio Airaudo, responsabile nazionale Fiom per il settore auto, ha scelto proprio il 13 giugno per salire al “presidio” No-Tav della Maddalena di Chiomonte, simbolo della resistenza civile della valle di Susa contro la grande opera: «La vostra lotta è la nostra», scandisce Airaudo, da sempre al fianco dei valsusini: «Non accetteremo forzature». Se i No-Tav temono un’azione di forza per lo sgombero del “presidio”, la Fiom assicura: «Saremo con voi».

La “causa” No-Tav è rimbalzata sui telegiornali il 13 giugno anche dalle piazze romane in festa per la storica vittoria dei “sì”. Lino Balza, di “Medicina Democratica”, protagonista della battaglia antinucleare contro il deposito Sogin di Bosco Marengo, rilancia: «Facciamo della valle di Susa il simbolo dell’Italia dei referendum, l’Italia popolare che sa resistere e vincere, per un nuovo modello economico, sociale e civile». Temi che lo stesso Airaudo, già leader della Fiom piemontese, sposa senza esitazioni: «In questi anni, la valle di Susa ha prodotto buona politica: sono stati i partiti a non saperla raccogliere». Elogi alla “resistenza” valsusina: «Un movimento popolare, democratico e nonviolento, che discute ogni cosa con il dialogo e il confronto, e non accetta imposizioni devastanti, dimostrando coi fatti – conti alla mano – che l’epoca delle grandi opere è finita».

Airaudo non ha dubbi: «Dovrebbero avere l’onestà di ammettere che i soldi per la Torino-Lione l’Italia non li ha». Eppure, si giunge a minacciare lo sgombero violento dei valsusini pur di mettere le mani sui primi 700 milioni “sicuri”, quelli dell’Unione Europea. «Che senso ha devastare un territorio per creare un corridio per merci che non saranno mai prodotte e che comunque nessuno consumerà?». Airaudo mette a fuoco il problema: «Il dramma è questo: vorrebbero farci diventare merce, nient’altro. La Fiat spreme gli operai tagliando le pause, ma poi le auto restano ferme per settimane nei depositi. Una follia assoluta». Alla quale l’Italia, dice il verdetto delle urne  del 12-13 giugno, sta cominciando a ribellarsi. E se l’Italia si sveglia, la valle di Susa è da ventanni su queste barricate: «La politica italiana – insiste Airaudo – dovrebbe imparare dalla valle di Susa».

Intanto, nella trepidante “trincea” di Chiomonte, centinaia di militanti sorvegliano giorno e notte l’area prescelta per aprire il cantiere, che aprirebbe il rubinetto dei primi euro-finanziamenti. «In caso di attacco, siamo in grado di mobilitare migliaia di abitanti in pochi minuti», dicono i “difensori” di Chiomonte. La minaccia di uno sgombero violento è stata ventilata da Sergio Chiamparino e Piero Fassino. «Se anche solo un presidiante verrà toccato, un bambino, un anziano, una donna, sarà l’Italia a insorgere», dice Gigi Richetto, uno dei veterani della protesta. «Non acceteremo forzature», ripete Airaudo: «Sarebbe folle usare la forza contro la pacifica protesta dei valsusini, a cui l’Italia dovrebbe guardare come modello». Sperando che non avvengano scontri e che «nessuno si faccia male», Airaudo comunque avverte: la Fiom sarà in ogni caso al fianco della resistenza civile valsusina.

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