Fonte: L’Espresso
apr 7, 2011

Fra due mesi si vota: chi lo sa?
di Mauro Munafò

I temi su cui siamo chiamati alle urne il 12 e 13 giugno non sono quisquilie. Decideremo se vogliamo il nucleare o no, se l’acqua dev’essere pubblica, se il premier e i ministri sono più uguali degli altri. Ecco una piccola guida. Che cosa si vota nel prossimo referendum?

Il referendum del 12 e 13 giugno prevede quattro quesiti distinti: due riguardano la privatizzazione dei servizi idrici, uno il ricorso all’energia nucleare e l’ultimo riguarda la legge sul legittimo impedimento.

Cosa si decide riguardo l’acqua?

Il primo quesito sulla privatizzazione dell’acqua riguarda le modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Il comitato referendario vuole abrogare la norma per cui la gestione delle Ato e dei servizi idrici passerà in mano a società di capitale privato o misto, a partire dal 2012. La vittoria al referendum bloccherebbe di fatto il procedimento di privatizzazione dei servizi idrici avviato dalla maggioranza.

Il secondo quesito riguarda invece “la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito“: il comitato referendario vuole abrogare la parte di normativa che permette ai gestori privati di ottenere un guadagno dal capitale investito. In questo modo verrebbe impedito alle aziende di realizzare profitti e, di conseguenza, renderebbe non conveniente agire su questo mercato.

Cosa si decide riguardo il nucleare?

Il quesito prevede l’abrogazione di una grossa mole di articoli e commi: in breve impedirebbe la costruzione di centrali nucleari sul territorio italiano. In seguito al disastro di Fukushima e al rinnovato dibattito sulla sicurezza del nucleare, il Governo ha però annunciato una moratoria sull’atomo, che posticiperà ogni decisione sull’argomento per almeno un anno. Il comitato referendario accusa la maggioranza di cercare di confondere gli elettori e, in questo modo, di minare il successo del referendum. Nel 1987, a poco più di un anno dalla tragedia di Chernobyl, gli elettori decretarono con una maggioranza dell’80% il no assoluto alle centrali nucleari in Italia. La vicinanza tra disastri nucleari e referendum, con relativa influenza sulle decisioni, si ripete quindi anche quest’anno.

Cosa si decide riguardo il legittimo impedimento?

Si tratta del quesito più “politico” tra quelli proposti il 12 e 13 giugno. Il legittimo impedimento permette al Presidente del Consiglio e ai ministri di non recarsi in un’udienza penale se sopraggiungono impegni di carattere istituzionale. La Corte costituzionale a gennaio ha ridimensionato l’applicabilità della norma, ma un’eventuale vittoria dei sì la cancellerebbe del tutto.

Chi ha promosso i referendum?

I referendum per abrogare le norme sulla privatizzazione dell’acqua sono stati promossi dal Forum Italiano dei movimenti per l’acqua, composto da un vasto numeri di associazioni. I referendum su legittimo impedimento ed energia nucleare sono stati promossi invece dall’Italia dei Valori. Per quanto riguarda il referendum sull’energia nucleare, è stato anche costituito un comitato nazionale composto da sindacati, partiti e associazioni ecologiste dal nome “Fermiamo il nucleare“.

Cosa serve per rendere valide le consultazioni?

Trattandosi di referendum abrogativi, è necessario il raggiungimento del quorum, ovvero il 50% più uno degli aventi diritto al voto. Se il quorum viene raggiunto, l’eventuale vittoria dei “sì” porterebbe all’abrogazione delle leggi.

Da quanto tempo non si raggiunge il quorum?

L’ultimo referendum abrogativo in cui si superò il 50% dei votanti risale al l’11 giugno 1995, ed era composto da dodici diversi quesiti. Le successive sei consultazioni non raggiunsero il quorum. Nel 1999 si arrivò al 49,6%, mentre nel 2009, ultimo referendum, l’affluenza si fermò al 23,84% nonostante fosse stato accorpato con il secondo turno delle elezioni amministrative.

Quando si vota?

Si vota domenica 12 e lunedì 13 giugno, stesse date della consultazione del 2005 in cui il quorum arrivò a poco più del 25%. Alle urne si ricevono 4 schede distinte: è possibile votare solo per i quesiti che si desidera

Perché si vota il 12 e 13 giugno?

Il termine ultimo per i referendum previsto per legge è fissato nel 15 giugno. I comitati promotori avevano richiesto l’accorpamento del referendum con le elezioni amministrative del 15 e 16 maggio, per permettere un consistente risparmio di fondi statali e avere maggiori possibilità di raggiungere il quorum. Il Ministro dell’Interno Maroni ha però deciso di separare le date. Secondo l’opposizione, questa decisione costerà tra i 300 e i 400 milioni di euro al contribuente, per Maroni solo 50 milioni. L’Italia dei Valori aveva anche suggerito la possibilità di accorpare i referendum alla tornata di ballottaggi delle amministrative del 29 maggio, ma anche questa opzione è stata scartata dal Governo.

Perché si deve votare “sì” per dire “no” e votare “no” per dire “sì”?

Trattandosi di referendum abrogativi, i quesiti chiedono all’elettore se è favorevole alla cancellazione di una legge. Per dire no alla privatizzazione dei servizi idrici è quindi necessario essere favorevoli all’abrogazione della legge che li istituisce.

Come si sono schierati i partiti?

Il partito che più di tutti sta sposando la causa referendaria è l’Italia dei Valori, promotrice di due dei quattro quesiti e dichiaratamente favorevole anche agli altri due. Per i quattro “sì” si sono espressi anche Sinistra Ecologia e Libertà, Rifondazione Comunista e il Movimento 5 Stelle. Più complessa invece la posizione del Partito Democratico: numerosi esponenti, locali e non solo, hanno dichiarato di appoggiare tutti i quesiti, ma manca una presa di posizione da parte della segreteria. Un gruppo di esponenti dei democratici ha dato vita alla campagna “PD per l’acqua pubblica”, con lo scopo di spronare la direzione a prendere una posizione netta sul referendum e a mobilitarsi per rendere possibile il raggiungimento del quorum. Il partito di centro Udc ha invece invitato i suoi elettori a recarsi alle urne, ma per votare no ai quesiti su acqua e nucleare.

E il Governo?

Trattandosi di referendum per l’abrogazione di leggi emanate dall’attuale Governo (ad eccezione della norma sulle tariffe sull’acqua, introdotta dal Governo Prodi), la maggioranza è chiaramente contraria. Come è ormai tradizione in questi casi, viene incentivato l’astensionismo in modo da non raggiungere il quorum e rendere nulla la consultazione.

Referendum di giugno, i quesiti

Ecco i testi che troveremo sulle schede il 12 e il 13 giugno prossimi, con una breve spiegazione

NUCLEARE

Quesito

«Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?»

Spiegazione

Quella che i referendari vogliono abolire è una parte di un decreto legge (“disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” firmato il 25 giugno 2008 e convertito in legge “con modificazioni” il 6 agosto dello stesso anno) che permette la costruzione di nuove centrali atomiche in Italia. Chi è contrario alla costruzione di nuove centrali deve votare sì. Chi invece è favorevole alla costruzione di nuove centrali deve votare no.

ACQUA PUBBLICA 1

Quesito

«Volete Voi che sia abrogato l’art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e finanza la perequazione tributaria”, convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall’art. 30, comma 26, della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”, e dall’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea”, convertito, con modificazioni, in legge 20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della sentenza n. 325 del 2010 della Corte costituzionale?»

Spiegazione

Il referendum vuole cancellare un articolo che stabilisce l’affidamento del servizio idrico a Spa a capitale misto pubblico- privato oppure a capitale interamente pubblico. L’abrogazione di questo articolo non consentirebbe né gare né affidamenti di gestione a società di capitali, favorendo il percorso verso l’obiettivo opposto: quello della gestione del servizio idrico attraverso enti di diritto pubblico con la partecipazione dei cittadini e delle comunità locali. Chi vuole cancellare la legge che affida l’acqua ai privati deve votare sì, chi è favorevole ad affidare il servizio idrico ai privati deve votare no. A

ACQUA 2

Quesito

«Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”, limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”?»

Spiegazione

Il comma che i referendari vogliono abrogare è quello che permette al gestore del servizio idrico di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7 per cento a remunerazione del capitale investito, senza collegamento a reinvestimenti per il miglioramento del servizio. Abrogando questo comma si elimina lo strumento che ha aperto la strada ai privati nella gestione dei servizi idrici.

LEGITTIMO IMPEDIMENTO

Quesito

“Volete voi che siano abrogati l’articolo 1, commi 1, 2, 3, 5 e 6, nonché l’articolo 2, della legge 7 aprile 2010, n. 51, recante Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza?”

Spiegazione

La norma sul Legittimo impedimento è composta solo da due articoli, quindi il referendum in pratica ne chiede la cancellazione integrale. In origine la norma consentiva al premier e ai ministri di autocertificare il proprio impedimento a presentarsi in udienza: dopo la sentenza della Consulta invece l’impedimento deve essere stabilito dal giudice (che tuttavia difficilmente può negarlo in caso di incontri internazionale, consigli dei ministri etc). In caso di vittoria dei sì la legge verrebbe abrogata del tutto, quindi il presidente del consiglio e i ministri potrebbero avvalersi del legittimo impedimento né più né meno degli altri cittadini. In caso di vittoria dei no la legge rimarrebbe come ora, consentendo a presidente del consiglio e ministri di invocare il legittimo impedimento per motivi che possono essere accettati o meno dal giudice.

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