Tratto da La Nonviolenza è in Cammino


Marco Ambrosini e Marco Graziotti Intervistano Alberto L'Abate

Alberto L'Abate e' nato a Brindisi nel 1931, docente universitario di sociologia dei conflitti e ricerca per la pace, promotore del corso di laurea in "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti" dell'Universita' di Firenze, e' impegnato nel Movimento Nonviolento, nella Peace Research, nell'attivita' di addestramento alla nonviolenza, nelle attivita' della diplomazia non ufficiale per prevenire i conflitti; amico e collaboratore di Aldo Capitini, ha collaborato alle iniziative di Danilo Dolci e preso parte a numerose iniziative nonviolente; come ricercatore e programmatore socio-sanitario e' stato anche un esperto dell'Onu, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione Mondiale della Sanita'; ha promosso e condotto l'esperienza dell'ambasciata di pace a Pristina, e si e' impegnato nella "Campagna Kossovo per la nonviolenza e la riconciliazione"; e' portavoce dei "Berretti Bianchi" e promotore dei Corpi civili di pace. Tra le opere di Alberto L'Abate: segnaliamo almeno Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985; Consenso, conflitto e mutamento sociale, Angeli, Milano 1990; Prevenire la guerra nel Kossovo, La Meridiana, Molfetta 1997; Kossovo: una guerra annunciata, La Meridiana, Molfetta 1999; Giovani e pace, Pangea, Torino 2001; Per un futuro senza guerre, Liguori, Napoli 2008. Si veda anche l'intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 345
 
- Marco Ambrosini e Marco Graziotti: Nella storia del Novecento la nonviolenza ha caratterizzato importanti esperienze, dalle lotte condotte da Gandhi dapprima in Sudafrica e successivamente in India, alle esperienze di resistenza nonviolenta contro il nazifascismo, alle lotte di Martin Luther King contro il razzismo, fino alla lotta di Aung San Suu Kyi. Come definirebbe e descriverebbe il contributo della nonviolenza alla storia degli ultimi cento anni?
- Alberto L'Abate: Credo che la nonviolenza sia stata la vera rivoluzione sociale di questo secolo che ha cambiato, o meglio sta cambiando, l'andamento della storia. Prima si credeva che per fare una rivoluzione sociale, o difendere un paese da un attacco nemico, fosse necessario avere molte armi e difendersi o attaccare con la violenza, attualmente e' sempre piu' chiaro che la vera forza trasformativa e' quella di una nonviolenza portata avanti da intere popolazioni ben preparate e coscienti di quello che fanno. E' difficile arrivarci ma e' la strada principale per raggiungere una societa' piu' giusta e piu' pacifica.
*
- Marco Ambrosini e Marco Graziotti: La riflessione nonviolenta si e' intrecciata con varie tradizioni del pensiero politico, ha apportato contributi fondamentali, ed ha costituito e costituisce una delle esperienze maggiori della filosofia politica odierna. Come definirebbe e descriverebbe il contributo della nonviolenza al pensiero politico?
- Alberto L'Abate: Credo che una delle teorie politiche che ha avuto maggiore conferme dalla storia di questo secolo e' quella del potere elaborata e sviluppata da Gene Sharp nel primo volume della sua trilogia sulla politica della nonviolenza, teoria che lui definisce la teoria diffusiva del potere. Quella concentrata o unitaria del potere ritiene che il potere sia tutto concentrato in chi governa e che, per cambiare, bisogna cambiare il gestore, o con una rivoluzione violenta o con il voto. Quella diffusiva dimostra come il potere sia molto diffuso e che tutta la popolazione ne ha un poco ma spesso, anche grazie all'insegnamento ed indottrinamento dei potenti, non e' cosciente di averlo e non l'utilizza. Ma se prende conscienza del suo potere e comincia ad utilizzarlo, il gestore del potere alla fine e' costretto ad abbandonare la sua posizione ed avviene quella appunto che potremmo definire una "rivoluzione nonviolenta", non facile da realizzare ma possibile, come dimostrano alcuni casi storici di questo secolo. Un'altra teoria  importante che ha avuto numerosissime conferme storiche e' quella del cosiddetto "principio di reciprocita'", o "effetto reciproco sequenziale" di cui parla Kriesberg nel suo "Sociologia dei conflitti" e da me ripresa in uno dei capitoli del mio libro "Per un futuro senza guerre". Credo che questi siano dei contributi di cui non si possa fare a meno se si vuole non solo comprendere la realta' attuale ma anche trasformarla nel senso possibile e desiderabile (vedi il costruttivismo di Galtung, altra teoria per me fondamentale).
*
- Marco Ambrosini e Marco Graziotti: La riflessione nonviolenta si e' intrecciata anche con la ricerca e la riflessione sociologica, dando contributi rilevantissimi. Come definirebbe e descriverebbe il contributo della nonviolenza al pensiero sociologico e alla ricerca sociale?
- Alberto L'Abate: Ho risposto anche a questa domanda rispondendo alla precedente, dato che, secondo me, non si puo' separare la sociologia dalla politica e dalla ricerca sociale, a meno di non avere una idea molto limitata della sociologia che la vede solo come disciplina analitica che permette di capire ma non di trasformare la realta', il che, secondo me, e' un grosso difetto ed errore.
*
- Marco Ambrosini e Marco Graziotti: La riflessione e le esperienze nonviolente hanno potentemente investito anche l'economia sia come realta' strutturale sia come relativo campo del sapere. Come definirebbe e descriverebbe il contributo della nonviolenza al pensiero economico?
- Alberto L'Abate: Anche l'economia e' una delle scienze sociali e va vista insieme alle altre gia' citate (con altre come l'antropologia, la  pedagogia, ecc.). Credo comunque che il contributo piu' importante e' quello che per una vera rivoluzione nonviolenta non si puo' solo cambiare i dirigenti attualmente al potere ma che bisogna modificare del tutto l'attuale modello di sviluppo che sta arricchendo i piu' ricchi (come persone e come paesi) ed impoverendo gli altri, e sta rovinando la natura intorno a noi e sprecando, in modo del tutto irresponsabile, tutte le risorse del nostro pianeta. Purtroppo questo aspetto non e' ancora compreso anche da una buona parte della cosiddetta opposizione politica del nostro paese che si rifa' sempre al modello attuale di sviluppo credendo che basti cambiare i gestori attuali e mettere loro al loro posto perche' tutto possa cambiare. Una grande illusione!
*
- Marco Ambrosini e Marco Graziotti: La teoria-prassi nonviolenta ha recentemente avuto uno svolgimento importantissimo nel campo del diritto e specificamente del diritto penale, con l'esperienza sudafricana della "Commissione per la verita' e la riconciliazione" e con le numerose altre iniziative e successive teorizzazioni che ad essa si sono ispirate. Come definirebbe e descriverebbe il contributo della nonviolenza al pensiero giuridico e alla pratica del diritto?
- Alberto L'Abate: Questa domanda mi fa venire in mente quella che gli amici nonviolenti indiani chiamano la "rivoluzione totale", una rivoluzione che coinvolga non solo la persona umana nel suo intimo e nei suoi pensieri, ma anche tutte le strutture sociali intorno a lei, comprese quelle giuridiche, senza cadere in quei due miti di cui parla Galtung nei suoi scritti, "il mito della yoga e quello del commissario". Il mito dello yoga e' quello di chi crede che basti modificare l'essere umano per avere una societa' migliore e piu' giusta, quello del commissario e' di credere che basti modificare le strutture sociali intorno a lui per avere quello stesso risultato. Sono tutti e due miti perche' se cambio solo l'essere umano e non le strutture sociali, queste riusciranno a modificare anche il primo e ritornare alla posizione precedente, ma anche il secondo e' un mito perche' anche se cambio solo le strutture e non l'essere umano succedera' la stessa cosa. Per questo bisogna lavorare contemporaneamente alla modifica delle strutture sociali e dell'essere umano. E' questo che ci insegnano Gandhi, Capitini, Freire, Galtung e tanti altri.

top