DIE WELT
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30 marzo 2011

Due strade verso il futuro
di Matthias Horx
traduzione di Andrea De Ritis

Nella sua opera Il crollo delle società complesse, l'antropologo Joseph A. Tainter sviluppa un modello globale che permette di spiegare la scomparsa delle civiltà. Nella tesi sostenuta da Tainter, l'energia svolge sempre un ruolo decisivo nel declino di una società.

Nel secondo secolo l'agricoltura romana non era più in grado di soddisfare le esigenze di una popolazione crescente, e i tentativi di risolvere il problema attraverso campagne di espansione sempre più cruente erano falliti a causa degli alti costi logistici.

Le risorse energetiche non rappresentano l'elemento distintivo, ma il carburante stesso delle società complesse. Le merci sono sottoposte a un va e vieni costante; la gente deve aver accesso alla luce, all'energia, ai prodotti alimentari, ai sistemi di informazione. Anche diventando più economa ed efficiente, una società moderna sarà sempre destinata a consumare molta energia.

Il petrolio concentra un'enorme quantità di energia prodotta dal sole e dalle piante, immagazzinata e compressa per milioni di anni. L'energia cinetica contenuta in un barile di petrolio – 159 litri – equivale a 3.625 ore di duro lavoro fisico.

È su questa riserva fossile che si basa il nostro stile di vita – che ci permette di andare al cinema, di partire in vacanza o di fare tante altre cose che non sono obbligatorie ma che abbiamo voglia di fare. L'energia nucleare moltiplica questa efficienza per cento. Difficilmente potremo privarci di questo effetto moltiplicatore.

L'approvvigionamento energetico non si limita alle materie prime. Si tratta soprattutto di una questione di concetto energetico. Il nostro sistema si basa su reti di distribuzione centralizzate: raffinerie, centrali elettriche, condutture, stazioni di servizio, nelle quali versiamo centinaia di miliardi. Nulla simboleggia meglio questa organizzazione centralizzata che una centrale nucleare.

Per alimentare una società complessa con energia prodotta dalla biomassa, dall'acqua, dal vento o dalle maree, bisogna sostituire a questo sistema piramidale una "rete verde" estremamente sofisticata, che si basa su una produzione e un consumo di energia a flusso continuo.

In questo caso gli schemi di mobilità sarebbero modificati. Si ritornerebbe a un tipo di produzione regionale. Anche le abitazioni cambierebbero: le case diventerebbero delle microcentrali. Tutto ciò costituirebbe un piano di rilancio "verde" di grande portata.

La catastrofe di Fukushima non provocherà grandi cambiamenti energetici a livello mondiale. In realtà gli uomini e le culture valutano i rischi in modo molto diverso e oggi le strade intraprese divergono.

La Germania e altri paesi sceglieranno la strada, complessa ma rispettabile, del "modello verde tedesco". Altri invece giocheranno la carta del nucleare e cercheranno di migliorare questa tecnologia.

L'evoluzione tecnologica è sempre il prodotto dei fallimenti e delle catastrofi precedenti. Se oggi gli aerei sono così sicuri è perché gli esordi dell'aviazione sono costati molto in termini di vite umane. Nel 1970 l'automobile ha ucciso 21mila persone solo in Germania occidentale.

Entro il 2030 le esigenze energetiche mondiali saranno aumentate del 40 per cento. Alcuni paesi diventeranno leader nel campo delle energie verdi, e fra questi ci sarà probabilmente la Germania. Ma la quota del nucleare nella produzione energetica mondiale – attualmente intorno al 18 per cento – non cambierà molto.

L'incidente di Fukushima renderà l'energia nucleare più sicura, e sarà forse possibile impedire la fusione del nucleo del reattore. Già adesso alcune tecniche che permettono di ridurre sensibilmente la quantità di scorie radioattive sono quasi operative. Il rischio non sarà completamente eliminato, ma progressivamente ridotto.

Preziose catastrofi

Nel 1986 il sociologo Ulrick Beck pubblicava La società del rischio – un saggio che dà una spiegazione globale e definitiva del mondo. La tesi centrale è che l'epoca moderna aumenterà sensibilmente i rischi mortali per l'individuo. Ma questo non è affatto vero: più si risale nel tempo e più i rischi erano grandi.

Nelle società di cacciatori-raccoglitori fino al 50 per cento degli uomini erano uccisi dai loro consimili. Nella società contadina i nostri antenati morivano di influenza, di peste e di guerre. Nel secolo scorso due guerre terribili hanno falciato milioni di vite. Società del rischio? Il mondo non è mai stato così sicuro. Ma forse siamo noi a essere incapaci di ammetterlo.

Odo Marquard ha definito con finezza questo fenomeno con la "tesi del male residuo": "Più le sventure del mondo vengono meno, più sono considerate gravi, proprio perché scompaiono. Man mano che diventano più scarsi, i mali diventano più preziosi".

Per il mondo e il suo futuro, l'affermazione di un doppio scenario energetico globale non deve essere necessariamente considerato come un male. L'opposizione fra la "rete verde" e il "nuovo nucleare" crea una concorrenza benefica che rafforzerà la salute della nostra civiltà sul lungo periodo.

Dopo il 2030 i due scenari convergeranno, e assisteremo all'avvento di una civiltà più pulita, più sicura, altamente energetica. Forse è proprio questa la cosa che temiamo di più. Che cosa sarà infatti del nostro desiderio di decadenza?

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