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rassegna.it
il 13 mag 2011

Nucleare, le assicurazioni non pagano
di Davide Orecchio

Una ricerca delle assicurazioni tedesche: le polizze sugli incidenti sono impossibili. I costi della responsabilità civile e dei risarcimenti sono troppo alti. Nessuna compagnia si assumerà mai il rischio. Allora chi paga? Lo Stato, ossia i contribuenti

Pessime notizie per la lobby dell’atomo. Polizze assicurative per eventuali disastri e incidenti nucleari sono impossibili: i costi per la copertura della responsabilità civile e per i risarcimenti a sfollati, ammalati e familiari delle vittime sono troppo alti, e nessuna compagnia si assumerà mai il rischio. I danni, insomma, li paga e pagherà sempre lo Stato, ossia i contribuenti, ossia i cittadini. Come sta accadendo in Giappone. La notizia non viene da Greenpeace o dal comitato promotore del referendum antinuclearista, ma dalle assicurazioni stesse: ovvero da uno studio tedesco commissionato dal foro delle compagnie di assicurazione di Lipsia, pubblicato l’11 maggio dal ricercatore Markus Rosenbaum e ripreso dallo Spiegel in un articolo sul suo sito.

È la prima volta, nota lo Spiegel, che un ricercatore si prende la briga di calcolare la possibilità economica di una polizza assicurativa del genere. E la risposta è, senza incertezze, che no, “le centrali nucleari non si possono assicurare”. Lo afferma lo stesso Rosenbaum spiegando che i costi della responsabilità civile sarebbero talmente “astronomici che nessun assicuratore se li accollerebbe mai”.

I danni causati da un incidente possono essere affrontati solo dallo Stato, come confermato dalla richiesta d’aiuto lanciata dalla Tepco al governo giapponese. È un dato di fatto finanziario ma anche e soprattutto politico, se ricordiamo che il 70% dei tedeschi (ossia dei contribuenti tedeschi) è contrario all’atomo; oppure che gli italiani hanno già detto no nuke in un referendum più di 20 anni fa.

In termini economici, quanti danni produce un incidente nucleare? Difficile rispondere. A Fukushima si calcolano tra i 60 e gli 80 miliardi di euro in risarcimenti, ma secondo Rosenbaum la cifra dovrebbe risultare “molto più alta”. Bisogna tenere conto del fatto che un incidente nucleare produce danni che seguitano nel corso del tempo. Così il ricercatore tedesco, nel suo studio, ha tenuto conto di diversi fattori:
* le spese mediche per i malati di cancro
* gli indennizzi per i parenti delle vittime
* i costi dei danni ambientali, dell’avvelenamento dell’acqua e della ricostruzione delle infrastrutture
* le compensazioni per le perdite economiche e produttive.

Ipotizzando un massimo danno probabile di seimila miliardi di euro, lo studio avverte che la cifra dovrebbe essere comunque accantonata in anticipo per garantire la copertura dell’incidente e che il modo più realistico sarebbe un prelievo sulle bollette. Solo che realistico non è affatto: stimando un periodo di dieci anni, l’impatto sui consumi sarebbe di 4 euro per kilowattora. Improponibile. Anche se si spalmasse l’operazione su 50 anni, verrebbe a costare mezzo euro per kilowattora. Nessun consumatore accetterebbe costi simili.

La conclusione è che l’atomo non si può assicurare. Conclusione tecnica che sembra andare nella stessa direzione presa dalla commissione etica sul nucleare istituita dalla cancelliera Angela Merkel. Diversi media tedeschi informano che la commissione – costituita da religiosi, scienziati e sindacalisti – potrebbe suggerire al governo tedesco di riprendere la roadmap di uscita dall’atomo già decisa dieci anni fa dall’esecutivo Schröder, e poi accantonata dalla Merkel in un rigurgito nuclearista.

Il programma della coalizione rosso-verde prevedeva l’uscita dall’atomo entro il 2020. Dopo Fukushima, è probabile che Merkel dovrà fare marcia indietro e confermare l’addio. Anche per ragioni meramente elettorali, sebbene la cancelliera le abbia negate con veemenza in un’intervista alla Zeit: “Lo dico anche se non potrò mai provarlo: se non ci fosse stata alcuna campagna elettorale, avrei fatto esattamente lo stesso”. E se non ci fosse stata Fukushima, cosa avrebbe fatto?

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