Nena News
15 dicembre 2011

Onu-Israele: Fine dell’Impunita’?
di Davide Tundo

Risoluzioni approvate di recente al Palazzo di Vetro condannano le politiche isaeliane di occupazione dei Territori palestinesi ma non sembrano avere alcun effetto concreto sul terreno.

Roma, 15 dicembre 2011, Nena News – Nel corso dell’ultima sessione apertasi a New York il 13 settembre scorso, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato, su raccomandazione di un suo specifico comitato (Fourth Committee on Special Political and Decolonization), una serie di risoluzioni aventi ad oggetto diverse questioni inerenti i territori arabi occupati da Israele sin dal 1967 (Alti Siriani del Golan, Striscia di Gaza e Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est), a seguito della Guerra dei Sei Giorni.[1]

Il meccanismo di votazione non ammetteva voto segreto ed è stato quindi possibile notare maggioranze variabili in relazione a ciascuna risoluzione e al suo contenuto.

Se da un lato tutte le risoluzioni sono state, come era da immaginare, respinte da Stati Uniti (con l’eccezione di 2 astensioni) e Israele, dall’altro è interessante constatare come il voto degli stati europei, Italia inclusa, non è stato uniforme ma si è diversificato secondo le questioni concretamente oggetto di ciascuna risoluzione.

Tra queste, vale la pena menzionare la A/RES/66/76[2] che approva il lavoro dello “Special Committee to Investigate Israeli Practices Affecting the Human Rights of the Palestinian People and Other Arabs of the Occupied Territories”[3].

Passata con il voto favorevole di 86 stati, a fronte di 9 contrari (tra cui Israele, Stati Uniti, Canada e Australia) e 75 astenuti (tra cui l’Italia e tutti gli altri stati europei), questa risoluzione riafferma che l’occupazione (israeliana ndr) rappresenta una grave violazione dei diritti umani e stigmatizza gli effetti negativi sulla popolazione palestinese delle politiche e pratiche illegali perseguite da Israele, in violazione delle sue obbligazioni come Potenza Occupante.

Tra queste misure, si cita l’uso eccessivo della forza, l’ampia distruzione di beni civili e infrastrutture pubbliche, la costruzione del Muro e lo sviluppo delle colonie in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, la massiccia detenzione di civili e le misure di punizione collettiva, particolarmente contro la popolazione civile della Striscia di Gaza.

Coerentemente, la risoluzione ha chiesto la completa cessazione di tutte le pratiche e politiche anzidette e ancor più dello stato di occupazione in atto dal 1967, a cui imputa la violazione dei diritti umani della popolazione palestinese, tra cui l’inalienabile diritto all’autodeterminazione.

In tale contesto, la risoluzione ha inoltre sottolineato la necessità di assicurare “accountability and justice”, finora ignorate nonostante le gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani segnalate, tra gli altri, nel rapporto Goldstone sull’offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza di dicembre 2008/gennaio 2009.

Tale richiamo al diritto alla giustizia per le vittime civili palestinesi si ritrova implicitamente contenuto nella risoluzione A/RES/66/77[4], approvata contestualmente dall’Assemblea Generale con 164 voti favorevoli (tra cui l’Italia e tutti gli altri stati europei), 7 contrari (tra cui Israele, Stati Uniti e Canada) e 2 astenuti, e vertente sull’Applicabilità della IV Convenzione di Ginevra relativa alla Protezione di Civili in Tempo di Guerra nei Territori Palestinesi Occupati, inclusa Gerusalemme Est, e in altri Territori Arabi Occupati”.

Tale risoluzione riafferma l’obbligo di Israele, quale Potenza Occupante nei territori palestinesi (e negli Alti Siriani del Golan), di ivi applicare de iure il diritto internazionale umanitario (convenzionale e consuetudinario), e segnatamente la IV Convenzione di Ginevra del 1949 (IV CG), di cui Israele è altresì parte.

Israele è dunque tenuto a specifici obblighi, non mere facoltà, vis à vis il benessere e la protezione dei civili sotto occupazione, classificati come “protected persons” (art.4 IV GC), contro cui non può comminare, per espresso divieto legale (art. 33 IV GC), misure costituenti punizione collettiva.

La chiusura della Striscia di Gaza, in atto da luglio del 2007, viola apertamente il divieto appena citato e si aggiunge  a una serie di politiche e pratiche israeliane eseguite nei territori palestinesi in violazione del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, come riconosciuto dalla stessa risoluzione A/RES/66/77.

Quest’ultima inoltre, come sopra detto, sembra evocare la responsabilità della comunità internazionale vis à vis accountability and justice” per le vittime civili palestinesi nella misura in cui richiama tutte le Alte Parti Contraenti la IV CG all’obbligo di “rispettare e far rispettare” (art.1 IV CG) la medesima nei territori palestinesi occupati (e negli Alti Siriani del Golan).

Non solo, dunque, come esplicitamente detto nella risoluzione, gli stati devono “continuare a fare tutto il possibile per assicurare il rispetto di Israele (della Convenzione) nei territori palestinesi occupati”, ma una piena aderenza al dettato dell’art.1 imporrebbe loro un passo ulteriore.

Infatti, non avrebbe senso un richiamo (ex art. 1) se non completo a tutti gli obblighi positivi degli stati parte della Convenzione, e dunque l’obbligo di “rispettare e far rispettare” va letto congiuntamente, essendone premessa, con quello dell’art.146 della IV CG, cioè l’obbligo (di tutti gli stati parte) di condurre dinanzi i propri tribunali i responsabili di gravi violazioni della Convenzione (inter alia, crimini di guerra), indipendentemente dalla nazionalità del reo (o dal territorio), e di introdurre la legislazione a ciò necessaria.

Pertanto, una lettura completa dell’art.1 della IV CG (e della risoluzione A/RES/66/77 che lo richiama) in realtà potrebbe lecitamente invocarsi per esigere, ancora una volta, l’impegno degli stati nella persecuzione dei crimini internazionali commessi da Israele nei territori palestinesi occupati, in applicazione della giurisdizione universale e a sostegno del diritto alla giustizia delle vittime palestinesi.

Risulta difficile comprendere i motivi che hanno indotto gli stati europei, Italia inclusa, ad astenersi sulla prima risoluzione qui analizzata, la A/RES/66/76, che esigeva “accountability and justice”, seppur senza specificare gli obblighi all’uopo della comunità internazionale, e dunque con un “prezzo politico” inferiore, salvo poi votare a favore della risoluzione A/RES/66/77, che con maggior chiarezza sembra rievocare il dovere degli stati, peraltro finora disatteso, di esercitare la giurisdizione universale nei confronti dei presunti criminali di guerra israeliani.

Quale che siano i motivi sottesi alle diverse votazioni in seno all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, resta il fatto che sia difficile immaginare un futuro e genuino impegno degli stati, in adempimento di doveri specifici preesistenti alle citate risoluzioni (che sono peraltro per sé non vincolanti), nel perseguire i crimini di guerra imputabili a cittadini israeliani, compresi membri dell’establishment militare e politico, nei territori palestinesi occupati.

Sullo sfondo delle scelte politiche della comunità internazionale, e da questa ignorate, rimangono le richieste di giustizia della popolazione civile palestinese, “protected persons” del diritto internazionale.

Note

[1] Si tratta delle risoluzioni A/RES/66/72 “Assistenza ai rifugiati palestinesi”, A/RES/66/73 “Persone trasferite come conseguenza delle ostilità del giugno 1967 e successive”, A/RES/66/74 “Operazioni dell’UNRWA”, A/RES/66/75 “Proprietà dei Rifugiati Palestinesi”, A/RES/66/76 “Lavoro dello Special Committee to Investigate Israeli Practices Affecting the Human Rights of the Population of the Occupied Territories”, A/RES/66/77 “Applicabilità della IV Convenzione di Ginevra relativa alla Protezione di Civili in Tempo di Guerra nei Territori Palestinesi Occupati, inclusa Gerusalemme Est, e altri Territori Arabi Occupati”, A/RES/66/78 “Insediamenti Israeliani nei Territori Palestinesi Occupati, inclusa Gerusalemme Est, e gli Alti Siriani del Golan”, A/RES/66/79 “Pratiche Israeliane concernenti i Diritti Umani della Popolazione Palestinese nei Territori Palestinesi Occupati, inclusa Gerusalemme Est”, A/RES/66/80 “Gli Alti Siriani Occupati del Golan”. La lista, pendente pubblicazione delle medesime risoluzioni, è disponibile su http://www.un.org/depts/dhl/resguide/r66.shtml.

[2] Al momento è disponibile solo un draft (A/C.4/66/L.13) nel rapporto dello Special Political and Decolonization Committee (A/66/427, del 21 novembre 2011), disponibile su www.un.org/Docs/journal/asp/ws.asp?m=A/66/427.

[3] L’ultimo rapporto dello Special Committee (A/66/370, del 22 settembre 2011) è disponible su www.un.org/Docs/journal/asp/ws.asp?m=A/66/370.

[4] Al momento è disponibile solo un draft (A/C.4/66/L.14) nel citato rapporto dello Special Political and Decolonization Committee (A/66/427, del 21 novembre 2011), disponibile su www.un.org/Docs/journal/asp/ws.asp?m=A/66/427.

top