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21 giu.2012

Ai Weiwei, bando decaduto ma non può lasciare la Cina
di Sonia Montrella



Roma, 21 giu.- Ai Weiwei non può lasciare la Cina nonostante il divieto sia decaduto oggi. Lo ha riferito lo stesso architetto e dissidente che giovedì si è visto recapitare un comunicato che annunciava la scadenza della restrizione annuale ma in cui si sottolineava che l’uomo non può comunque lasciare il Paese. “Sono andato alla stazione di polizia. L’ordine dice che non posso lasciare il Paese ma non specifica se posso viaggiare all’interno dei confini” ha spiegato Ai Weiwei.

Il dissidente è accusato di bigamia, di pornografia e di evasione delle tasse con la Beijing Fake Cultural Development, la factory artistica che produce le sue opere. Un accusa, quest’ultima, per cui Ai Weiwei sarebbe stato condannato a pagare una multa da 15 milioni di yuan (1,8 milioni di euro) senza però aver avuto modo di visionare i documenti che provano la sua colpevolezza. E mercoledì le autorità cinesi hanno impedito all’artista-dissidente di recarsi al tribunale di Pechino, dove la Fake Co. sta sfidando l’agenzia delle entrate.


“Il processo per i crimini commessi potrebbe durare anni” ha detto la polizia all’ideatore dello stadio olimpionico Nido d’Uccello per motivare il divieto di lasciare il Paese.


“Continuano con le restrizioni e cercano ancora di costruire falsi crimini” ha detto Ai all’AFP. Accuse, ad esempio, come quella di diffusione di materiale pornografico che consisterebbe essenzialmente in alcune foto scattate in studio nel 2010 in si vede l’artista, nudo, seduto vicino a 4 donne, anch’esse senza vestiti. Secondo la polizia il file sarebbe stato visualizzato sul web più di mille volte e per questo l’uomo avrebbe violato la legge.


“Era una provocazione. Non ci siamo neppure toccati” ha obiettato Ai. “Ho provato a chiedere alla polizia perché quel lavoro dovrebbe essere considerato pornografia e mi hanno risposto che secondo la legge se c’è nudità e se le persone provano a visualizzare l’immagine molte volte allora scatta il reato di pornografia. E’ ridicolo”.


Arrestato lo scorso aprile e detenuto per 81 giorni, per molti l’accusa mossa all’artista non sarebbe altro che un pretesto per ‘imbavagliare’ una delle voci più scomode del Paese che in più occasioni non ha esitato a criticare il governo cinese. Quello di Ai è diventato un vero e proprio caso mediatico tanto da attirare l’attenzione (e le critiche) dell’intera comunità internazionale e dei sostenitori dell’artista che, mesi con una colletta comune, raccolsero 9 milioni di yuan per saldare il debito finanziario dell’archistar.

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