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3 mag.2012

Stallo in Ospedale per il Dissidente Chen
di Antonio Talia


Pechino, 3 mag.- La crisi tra Cina e USA legata al caso Chen Guangcheng entra nel dodicesimo giorno, ma la soluzione sembra ancora lontana. Nella mattinata di giovedì l’attivista politico, protagonista nei giorni scorsi di una clamorosa fuga dagli arresti domiciliari, è stato spostato in un’altra ala dell’ospedale di Chaoyang, nel centro di Pechino, dove era giunto mercoledì mattina dopo aver lasciato l’ambasciata statunitense.

La corsia è presidiata da decine di agenti della polizia cinese in uniforme e in borghese, che effettuano continui controlli su tutta la stampa straniera presente. Gli agenti rifiutano di qualificarsi, come prevederebbe la legge cinese. Sul luogo ci sono anche alcuni funzionari USA, giunti in mattinata sull’automobile del vice ambasciatore insieme a un medico della missione diplomatica americana. I funzionari non commentano la vicenda e non rivelano alla stampa se siano riusciti a incontrare Chen o meno. Al momento è dunque impossibile stabilire se Chen Guangcheng è la sua famiglia siano ancora in qualche modo sotto protezione americana, sulla base degli accordi resi noti mercoledì, o se invece la situazione sia ormai sotto il completo controllo del governo cinese.

Tra la folla di giornalisti stranieri che circondano l’ospedale  ci sono alcuni supporter cinesi che manifestano un timido sostegno al dissidente, senza però arrischiarsi a inscenare una manifestazione. Solo uno di loro, nella giornata di mercoledì, ha provato a uscire allo scoperto mostrando un cartello con la scritta “Libertà per Chen Guangcheng”, ma l’uomo è stato subito preso in consegna dalle forze dell’ordine.

Un altro sostenitore giunto sul posto, che preferisce non rivelare il suo nome, ha lamentato almeno cinque incursioni sul suo profilo weibo –il twitter cinese- dopo il tentativo di postare immagini e commenti sulla vicenda. “La storia di Chen non è ancora molto conosciuta in Cina- racconta l’uomo ad AgiChina24.it- e io cerco di fare di tutto per diffonderla. E’ un uomo che lotta per l’applicazione delle leggi cinesi, non per sovvertirle. In Cina le leggi esistono, ma non vengono applicate”.

I supporter, tuttavia, sembrano un’esigua minoranza. La stampa ufficiale cinese sta concedendo pochissimo spazio alla crisi, cambiando atteggiamento anche a distanza di poche ore, segno che la linea politica sulla vicenda non è forse completamente definita. Il quotidiano ultranazionalista Global Times ha pubblicato un editoriale in cui accusava esplicitamente Chen Guangcheng di essere al soldo di “potenze straniere”, ma l’articolo è stato cancellato dalla versione online nel giro di qualche ora. Il network NTR lascia ampio spazio a commentatori e giornalisti che accusano i funzionari locali, senza però spingersi a chiedere un’indagine formale del governo centrale di Pechino.

Intanto, si sta stringendo la rete intorno agli attivisti che hanno avuto qualche ruolo nella fuga di Chen. Zeng Jinyan, la donna che per prima aveva sostenuto che Chen avrebbe lasciato l’ambasciata USA non di sua spontanea volontà, ma a causa delle minacce ricevute dai funzionari cinesi, è ufficialmente agli arresti domiciliari da giovedì mattina. He Peirong, la docente d’inglese che aveva guidato Chen dallo Shandong a Pechino per oltre 500 chilometri, è stata trattenuta per oltre 100 ore dalla polizia e si trova anche lei agli arresti domiciliari. Teng Biao, celebre avvocato che da anni si occupa di diritti umani, ha chiesto ai giornalisti di interrompere i contatti perché in questa fase teme per sé e per la sua famiglia.

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