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27-04-2012

Chen Guangcheng è fuggito
di Cecilia Attanasio Ghezzi

Chen Guangcheng, il cieco assetato di luce, è riuscito finalmente a evadere. Non è più nello Shandong, forse ha raggiunto Pechino. E diffonde un messaggio video in cui si rivolge direttamente al premier Wen Jiabao. La sua coraggiosa lotta contro i soprusi non accenna a diminuire di intensità.

Chen Guangcheng, avvocato cieco e attivista per i diritti civili in Cina, è fuggito dagli arresti domiciliari dove è stato confinato per 19 mesi. Chen non avrebbe intenzione di lasciare la Cina, ma vorrebbe negoziare la sua liberazione con le autorità. 

Il signor Chen  era soprattutto noto per aver portato avanti una campagna contro gli aborti e le sterilizzazioni forzati nello Shandong. Dopo la denuncia di 130mila casi di operazioni forzate a causa della pianificazione familiare della provincia, era stato condannato nel 2006 a quattro anni e tre mesi che ha poi scontato interamente.

Nonostante questo, da quando è uscito di prigione a settembre 2010, è stato sotto ruanjin, letteralmente detenzione morbida. Di fatto agli arresti domiciliari, confinato in casa con tutta la sua famiglia.

Questo abuso di potere da parte delle autorità che non avevano alcun diritto di confinarlo nella sua casa (tanto meno di confinarci i suoi famigliari) aveva fatto crescere l'indignazione pubblica.

Da ottobre un sito raccoglie foto di persone che manifestano la loro solidarietà indossando un paio di occhiali da sole. E sono molti gli attivisti e i giornalisti che durante questo periodo hanno provato a raggiungere la sua abitazione senza successo.

Tutti sono stati fermati, qualcuno è stato picchiato. Non ultimo l'attore americano Cristian Bale, in Cina per girare l'ultimo lavoro di Zhang Yimou, Flowers of War.

Fino a qualche ora fa si sapeva solo che Chen Guangcheng era sgattaiolato fuori dalla sua abitazione, di solito ben custodita nella provincia dello Shandong.

Gli attivisti che lo hanno aiutato a fuggire non hanno certo riferito dove si trova, ma l'attivista Liu Peirong aveva dichiarato ad Ap che Chen non è più nello Shandong.

Durante la notte i microblog avevano addirittura diffuso rumors sulla sua morte. Stamane la notizia, diffusa anche dall'attivista per i diritti umani Hu Jia, lo davano in salvo nell'ambasciata americana di Pechino.

Ap, ha smentito attraverso le parole di un'altra attivista, He Peirong: “Posso dirvi che non è né all'ambasciata americana, né nello Shandong. Ho parlato con persone dell'ambasciata e la situazione all'esterno sembra normale”. Nella tarda mattinata cinese di oggi la stessa attivista è stata arrestata nella sua casa di Nanchino.

La blogger Yaxue Cao che vive negli Stati Uniti, ha scritto di esser riuscito a contattare il nipote di Chen, Chen Kegui, al telefono e che questi gli avrebbe raccontato la nottata.

La mattina presto (del 26 aprile) molti veicoli non contraddistinti come della polizia e poliziotti non in divisa sono scesi al villaggio.” La madre di Chen Kegui a questo punto avrebbe superato la voce del figlio per dire che “Chen Guangcheng è scomparso e solo Weijing (la moglie) è a casa”.

Il racconto del nipote, registrato e reperibile online,  dice che il capovillaggio  Zhang Jian  (che già più volte aveva picchiato Chen Guangcheng) è entrato assieme ad altre persone a casa sua nel pieno della notte, che ha preso suo padre (il fratello di Chen Guangcheng) e che lui si è difeso brandendo un coltello da cucina. Gli abitanti del villaggio, secondo la sua ricostruzione, non avrebbero idea di cosa fosse successo.

Nel primo pomeriggio cinese di oggi il sito di informazione cinese Boxun, gestito da cinesi residenti all'estero, ha pubblicato un video  in cui Chen Guangcheng si rivolge direttamente al premier Wen Jiabao con tre richieste: indagare e punire i funzionari locali che perseguitano la sua famiglia; evitare rappresaglie contro i familiari ancora agli arresti  e che la legge venga davvero applicata ai casi di corruzione dei funzionari pubblici.

Chen sembrerebbe dunque vivo anche se, come non si stanca di farci notare dal suo account Twitter Nicholas Bequelin il ricercatore di Human Rights Watch Hong Kong, “può essere riuscito a fuggire dagli arresti domiciliari, ma certamente non è in salvo. Né lo sono i suoi famigliari o chi lo ha aiutato”.

Ancora non sappiamo dove sia, anche se diverse voci lo danno a Pechino. La ricerca del suo nome in caratteri cinesi sui social network è stata bloccata, ma il video e l'acronimo del suo nome CGC continua a girare. Almeno su Sina Weibo.

LA STORIA DI CHEN

Il signor Chen è un contadino quarantenne del villaggio di Dongshigu, afferente alla municipalità di Linyi, nella provincia nordorientale dello Shandong. È diventato cieco prima di compiere un anno di vita ed è rimasto analfabeta fino a quando, nel 1994, non fu accettato nella scuola superiore per ciechi di Qingdao. 

Tornato a casa, studiò legge da autodidatta e si dedicò a proteggere la sua gente dagli abusi di potere. Ma a un certo punto si mise contro poteri troppo forti. Molte delle donne della municipalità di Linyi, che avevano già avuto due figli vengono costrette all'aborto del terzo embrione o, addirittura, alla sterilizzazione forzata. 

Queste pratiche erano state abbastanza comuni una ventina d'anni prima, quando la legge sulla pianificazione familiare era entrata in vigore. Ma poi erano state vietate: si può infliggere una multa salatissima  per ogni figlio in eccesso, ma non si può agire direttamente sul corpo delle donne. 

Il problema erano i funzionari locali: il mancato raggiungimento degli obiettivi del controllo delle nascite  influiva negativamente sulla loro carriera.  I compaesani avevano dunque ragione a lamentarsi e Chen Guangcheng organizza una sorta di class action e denuncia circa 130mila casi di operazioni  illegali.    All'epoca, era il 2005, fu addirittura intervistato dal Time e alla fine la Commissione nazionale per la pianificazione famigliare gli diede ragione. Non si preoccupò però di tutelarlo. Né lui, né i suoi cari.

Le autorità dello Shandong lo imprigionarono più volte e con differenti scuse fino a quando, nel giugno del 2006, lo condannarono a quattro anni e tre mesi per aver danneggiato immobili e per aver organizzato una manifestazione che aveva bloccato il traffico. 

L'intera vicenda ha colpito profondamente una certa parte di opinione pubblica, sicuramente quella che ha avuto occasione di studiare. Quest'inverno decine di giornalisti e di attivisti hanno provato a raggiungere la casa del signor Chen senza fortuna e in rete è stata portata avanti una campagna che ha reso il suo triste caso noto in tutto il mondo. [Potete leggere il resoconto dell'indomito giornalista Wang Keqing nella traduzione di Caratteri cinesi]

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