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Scritto per Lettera43
30-01-2012 - 17:00:07

Il "rapporto politico" di Human Rights Watch
di Simone Pieranni

Dopo la pausa per le vacanze del capodanno cinese, il China Daily riapre le danze con un editoriale al vetriolo contro Human Rights Watch: “per attaccare il sistema socialista - si legge - si crea una distorsione dell'immagine del paese”.

Secondo l'opinione di Liu Jie, docente di relazioni internazionali in Cina, il rapporto di Human Rights Watch “è ben lungi dall'essere una relazione sui diritti umani: fondamentalmente si tratta di un rapporto politico”.

Le ragioni? “L'aspetto più notevole che conferma la politicizzazione del report risiede nella sua conclusione secondo la quale l'ambiente dei diritti umani in Cina si starebbe deteriorando”.

Human Rights Watch – secondo l'editorialista del China Daily - sarebbe disposta “a ignorare il suo ruolo come organizzazione non governativa, sostenendo apertamente i paesi occidentali a fare pressione sulla Cina”.

Secondo il quotidiano cinese, infatti, le ultime ondate di arresti dei dissidenti, la repressione attuata in Sichuan, gli ergastoli comminati agli uiguri (la minoranza turcofona), non sarebbero degni di nota in un rapporto sui diritti umani.

Human Rights Watch in Asia – ha scritto il China Daily - si è posizionata come organizzazione politica che cerca di prendere l'iniziativa di cospirare con alcuni governi occidentali per raggiungere i loro obiettivi politici. Attaccare e censurare la reale situazione politica della Cina è l'intenzione sottesa del rapporto”.

L'opinione di Liu Jie è chiara: gli attacchi della ong cercherebbero delle giustificazioni nelle azioni politiche della Cina, che di fatto non possono essere verificate. Il “deterioramento” dei diritti umani, si baserebbe infatti su “speculazioni e falsificazioni, volte a distorcere l'immagine internazionale della Cina”.

Ne consegue, nel ragionamento del quotidiano cinese, che tutto quanto di buono la Cina starebbe facendo riguardo i diritti, verrebbe messo in secondo piano rispetto alla necessitò occidentale di attaccare il paese per perseguire scopi politici (che l'editorialista però non specifica).

Sembrerebbe che “la Cina non possa scegliere il proprio percorso di sviluppo adatto alle sue condizioni nazionali e non possa nemmeno esercitare i diritti di uno Stato sovrano per salvaguardare la sicurezza nazionale e la stabilità sociale”.

Human Rights Watch tenterebbe quindi di mettersi “nella posizione di giudice morale, ponendosi anche al di sopra uno stato sovrano, chiedendo che il governo cinese governi secondo la sua volontà”.

La tesi più reiterata in Cina, infatti, è che accanto ai successi economici il Regno di Mezzo stia anche facendo passi avanti in termini di diritti umani “compatibile con le proprie condizioni nazionali”.

Le ragioni dei pregiudizi occidentali risiederebbero nella percezione distorta del “sistema socialista, che considera la Cina una minaccia per l'Occidente. Alcuni paesi occidentali hanno ancora una radicata mentalità da guerra fredda ed una coscienza egemonica.

Dopo la fine della guerra fredda, infatti,  l'Occidente ha sviluppato un senso di superiorità del proprio sistema politico e un pregiudizio contro tutti gli altri stati che hanno deciso di organizzarsi in modo diverso.

Sulla base della propria arroganza istituzionale, questi paesi occidentali ritengono che il loro sistema politico sia l'unico sistema universale. Per questo motivo, qualsiasi tipo di sistema politico non occidentale è rapidamente etichettato come “non-democratici”, “autoritario”.

In questo senso, si conclude l'articolo, la relazione di Human Rights Watch tenta di utilizzare i diritti umani come arma politica per promuovere il collasso della Cina dal suo interno”.

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