The Epoch Times
19 giugno 2012

Tiro alla fune del regime cinese sulla libertà di stampa
di Jin Jing

In un tiro alla fune sulla libertà di stampa, la scorsa settimana il Premier cinese Wen Jiabao, che parla spesso di riforme, ha chiesto maggiore “verità nelle parole”, mentre il Dipartimento Centrale della Propaganda (CPD) ha emanato delle direttive per reprimere persino più pesantemente la stampa — entrambe le dichiarazioni sono avvenute nello stesso giorno.

Venerdì scorso, il Premier cinese ha enfatizzato il bisogno, per i leader cinesi, di “dire la verità e di ascoltare la verità”.

“I leader cinesi dovrebbero mantenere una mente aperta a visioni differenti e non dovrebbero semplicemente trattarle come dicerie. Dovrebbero, invece, imparare dalle opinioni diverse, in particolare se sono di natura critica”, ha affermato il primo ministro, citato dalla China National Radio, il 15 giugno.

Wen ha anche fatto notare che senza uno stato di diritto democratico a limitare le persone al potere, “qualcuno potrebbe usare il potere che detiene per violare o scavalcare la legge”.

Tuttavia, proprio nello stesso giorno, il Dipartimento Centrale della Propaganda (CPD), capitanato da Li Changchun, ha emanato direttive di censura verso le agenzie di stampa a tutti i livelli perché pubblichino articoli che pongano l’accento sui “grandi traguardi” raggiunti dal Partito Comunista Cinese (PCC) negli ultimi 10 anni e perché smettano di pubblicare notizie negative riguardo le autorità, altrimenti possono rischiare un’amara punizione.

Gl interventi contrastanti hanno ancora una volta rivelato le differenze tra l’approccio riformistico di Wen e il controllo asfissiante dei media da parte del CPD.

L’Agenzia Municipale di Stampe e Pubblicazioni di Pechino ha annunciato il 15 giugno che le agenzie giornalistiche a tutti i livelli non possono riportare alcuna notizia negativa senza il permesso del CPD, né possono riportare storie al di fuori delle loro province, secondo Boxun, un sito web dissidente in lingua cinese con sede al di fuori della Cina.

L’annuncio ha anche affermato che se dei reporter vengono scoperti mentre lavorano per qualcosa al di fuori della loro provincia, devono essere denunciati al CPD e all’Agenzia di Stampe e Pubblicazioni e la loro licenza da giornalisti potrebbe essere revocata. Inoltre, le breaking news più importanti possono essere pubblicate solo con il permesso del CPD.

Un giornalista che lavora per il Southern Media Group, con sede nel Guangdong, ha affermato che l’agenzia di stampa è strettamente sorvegliata dal CPD; i giornalisti ricevono avvertimenti di non fare reporting su questioni che coinvolgono più province. “In casi gravi, il capo dell’agenzia di stampa potrebbe essere costretto a dimettersi”, ha infine dichiarato.

Secondo un articolo del China Digital Times (CDT), il CPD ha emanato istruzioni specifiche per due importanti notizie di eventi recenti: la morte dell’attivista cinese del 4 giugno Li Wangyang e l’arresto di otto cinesi da parte della polizia indiana il 12 giugno. Tutti i media cinesi devono astenersi dal fare reporting, condurre interviste, commentare eventi o riprodurre articoli dei media esteri.

Altre notizie, tra cui quelle sui metalli pesanti rinvenuti nel latte in polvere e sulle autorità locali che forzano una donna al settimo mese di gravidanza ad abortire, avevano altre restrizioni. Per quelle storie solo l’agenzia di stampa Xinhua poteva essere utilizzata come fonte. “Pubblicizzare, esagerare e fornire reporting sul luogo o commentari” è esplicitamente vietato, secondo l’articolo del CDT.

Zhang Sutian, un cronista di attualità che vive fuori dalla Cina, ha detto a The Epoch Times che se il regime cinese avesse concesso alla Cina una stampa libera, il suo sistema di propaganda usato per fare il lavaggio del cervello alla gente finirebbe completamente di funzionare e il PCC collasserebbe in un attimo, nello stesso modo in cui il muro di Berlino crollò in un attimo. “Questa è la ragione dietro lo stretto controllo del PCC sulla sua macchina di propaganda”, ha affermato Zhang.

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