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giovedì 13 settembre 2012 09:18

Beirut, opportunità d'oro per Benedetto
di Riccardo Cristiano

Non è un viaggio facile quello che Benedetto XVI intraprende da domani. Ma potrebbe essere un viaggio storico, se farà dei cristiani il "link" tra le comunità arabe.

Non è un Medio Oriente sereno quello che si accinge a ricevere papa Benedetto XVI. La bomba incendiaria lanciata dai soliti fondamentalisti cinematografici si è accavallata all'azione terroristica libica che è ucciso un grande diplomatico. Chi ci sia dietro il film della vergogna e della provocazione è chiaro, chi ci sia dietro gli assassini libici meno, ma forse ricordare che pochi giorni fa il ministro dell'interno voleva dimettersi perché i gruppi armati, pieni zeppi di ex gheddafiani, minacciavano la stabilità del paese con i loro attacchi ai santuari sufi, forse non è fuori luogo. La popolazione libica era scesa in piazza contro i fanatici che usano l'Islam per portare avanti le loro vendette contro chi ha liberato la Libia dal loro padrone. Oggi si preferisce parlare di al Qaida, che poi fu un prodotto gheddafiano, quindi..

Ma non c'è solo questo a rendere nuvolosi i cieli del Medio Oriente. L'Egitto è in ginocchio, schiacciato da una crisi economica che l'ha portato sull'orlo della bancarotta. Poi c'è il conflitto siriano, dove un uomo ancora al potere usa l'aviazione contro le sue città, le assedia tagliando acqua e luce, e molti che attorno a lui combattono opposte guerre per procure. Mentre della questione palestinese non si parla più. 

Tutto questo offre a papa Benedetto XVI una grande sfida ma anche una grande opportunità. Cominciamo dalla più semplice. Vittime di una cultura complottista e vittimista, molto musulmani si sentono soli, sentono la loro religione vilipesa non da due estremisti che hanno fatto un film per offenderli, ma dall'Occidente cristiano: chi meglio del papa pellegrino nelle loro terre può dire loro che non è così. Il Vaticano lo ha già detto, ora però può essere il papa a dirlo, con la sua voce, da una capitale araba, Beirut. Non è poco.

Come non sarebbe poco se parlando del Libano, della Siria, dell'Iraq, il papa dicesse che i vescovi hanno parlato, comprensibilmente, delle sofferenze dei cristiani , che non sono però diverse da quelle dei loro compatrioti. Il papa le sente tutte e tutte le condanna. Auspicando un futuro imminente nel quale tutte le persone e tutte le comunità siano rispettate.

Questa sarebbe una grande opportunità perché la fine del piccolo dittatore siriano, ormai scritta, mette in crisi tutte le sigle politico confessionali: Hezbollah, ala marciante degli sciiti, è in crisi, perché sa che senza Assad il suo futuro sarà difficile, nonostante le armi che ha. Sono inquieti gli sciiti, comprensibilmente. Sono inquieti anche i Fratelli Musulmani, perché sentono i salafiti, i terroristi "sunniti", come una spina nel loro fianco, per l'oggi e per il domani. Sanno che sono uno strumento di chi tra i potenti sunniti non vuole che loro governino senza pagare dazi e sottomissioni, e temono.

Questi due grandi inquieti sono in urto più che per motivi religiosi per motivi politici, per le opposte agende dei loro paesi di riferimento, ma ormai lo scontro rende gli uni sospettosi degli altri.

Ai cristiani arabi è dunque offerta la grande occasione di essere l'elemento di collegamento tra queste comunità impaurite, divise, ma che hanno bisogno di un "honest broker" per tornare a capirsi, a vivere insieme. Indicare ai cristiani questa strada, con un'agenda araba fatta dei valori della Primavera, che poi sono quelli del documento del sinodo dei vescovi. Questa è la grande opportunità che il papa avrà a Beirut. Se così fosse questo viaggio potrebbe segnare il ritorno del cristianesimo mediorientale, a lungo in anni lontani faro della cultura araba .

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