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18 febbraio 2012

Usa, il movimento Occupy e i black bloc
di Enrico Piovesana

All’interno del composito movimento di protesta americano Occupy Wall Street è iniziato un interessante dibattito sui black bloc e la violenza politica. Un dibattito destinato a montare in vista delle grandi manifestazioni di protesta previste a Chicago a maggio contro il G8 e il vertice Nato, dove la presenza dei black bloc è data per scontata.

Il sasso nello stagno è stato un falso videomessaggio di Anonymous caricato il 22 gennaio su YouTube, dal titolo “Avvertimento di Occupy e Anonymous ai Black Bloc”: una provocazione che ha comunque sortito l’effetto di dar fuoco alle polveri della discussione. Il video defintiva “inaccetabile”, “penoso”, “idiota” e “pericoloso” il “vandalismo dei black bloc”, e proseguiva con toni molti duri. “Siete codardi perché vi nascondete dietro le insegne del movimento Occupy usando i manifestanti come scudi”. “Molti di voi sono agenti provocatori, e anche chi non lo è, agisce demonizzando il nostro movimento agli occhi dell’opinione pubblica, sottraendoci sostegno, sia finanziario che ideologico. Ma soprattutto, le vostre azioni giustificano la brutalità della polizia, privando il movimento della sua superiorità morale e fornendo munizioni ai media”. “Considerate questo come un atto di diplomazia – proseguiva il video – prima che iniziamo a scorprire i vostri culi per tutta la rete e a rovinare le vostre vite private. Scegliete: abbandonate le vostre tattiche patetiche e controproducenti e unitevi a noi, oppure fatevi da parte, altrimenti rischiate la collera della moltitudine”. “I black bloc sono un cancro che va estirpato”.

Queste ultime parole del video (cui Anonymous, o chi per loro, ha succssivamente risposto con un altro videomessaggio contro i “tentativi di divisione del movimento”) tornano il 6 febbraio nel titolo di un editoriale, “Il cancro di Occupy”, pubblicato su Truthdig a firma di Chris Hedges: intelettuale di sinistra, scrittore di successo e giornalista premio Pulitzer (è stato corrispondete di guerra per il New York Times e il Christian Science Monitor).
“Gli anarchici black bloc che abbiamo visto in azione a Oakland – scrive Hedges – sono il cancro del movimento Occupy. La loro presenza è un dono del cielo per gli apparati statali di sicurezza e sorveglianza”. “I black detestano la sinistra organizzata e cercano, abbastanza coscientemente, di privarci dei nostri strumenti di forza. Per loro il nemico non sono i capitalisti delle multinazionali, ma i loro collaboratori nei sindacati, nel movimento dei lavoratori, tra gli intellettuali radicali, gli attivisti ambientalisti e i movimenti come gli Zapatisti”.
“Poiché gli anarchici black bloc non credono nell’organizzazione, di fatto si oppongono a tutti i movimenti organizzati”. “I black bloc dicono che attaccano la polizia, ma ciò che realmente fanno è distruggere il movimento Occupy, come dice l’ambeintalista Derrick Jensen, secondo il quale se veramente il loro obiettivo fosse la polizia agirebbero separati dal movimento, invece di usare di fatto gli altri manifestanti come scudi umani”.
“Marciare compatti, tutti vestiti di nero e a volto coperto, diventando parte di un blocco anonimo, serve loro per superare temporanemante sentimenti di alienzazione, inadeguatezza, impotenza e solitudine. Provano un senso di cameratismo che consente alla rabbia di scantanersi contro qualisasi obiettivo: la stessa malattia che affligge i poliziotti che attaccano i dimostranti pacifici, o i soldati in guerra, trasformando esserei umani in bestie”.
“Lo Stato capitalsita usa le tattiche conflittuali dei black bloc e la loro devastazione di proprietà per gustificare forme draconiane di controllo e per impaurire la gente in modo da tenerla lontana dal movimento Occupy. Se il movimento viene dipinto come una folla inferocita che brucia bandiere e lancia pietre, siamo finiti”.
“I movimenti non violenti traggono vantaggio, in un certo senso, dalla brutalità della polizia. Il continuo tentativo dello Stato di reprimere manifestanti pacifici che chiedono semplici atti di giustizia delegittima l’élite al potere, crea fratture al suo interno e provoca una reazione della popolazione solitamente passiva. L’esplosione del movimento Occupy è infatti avvenuta dopo che alcune manifestanti a New York erano state intrappolate dalla polizia dietro una rete arancione e spruzzate con spry al peperoncino dall’agente Anthony Bologna: il fermo rifiuto del movimento di rispondere alla provocazione della polizia ha risuonato per tutto il Paese. Perdere questa supeirorità morale che consente di mostrare attraverso la portesta nonviolenta la corruzione e la decadenza dello Stato capitalista sarebbe la fine del movimento, ci degraderemmo al livello dei nostri oppressori, che è quello che gli oppressori vogliono”.
“C’è da scommetterci che tra i black bloc vi siano anche agenti provocatori, ma con o senza infitrati della polizia i black bloc servono gli interessi dell’1 per cento”.

La prima risposta ufficiale a Hedges arriva il giorno dopo, 7 febbraio, su Infoshop News. A scrivere è Zakk Flash, giovane attivista anarchico e direttore della Central Oklahoma Black/Red Alliance (Cobra). Dopo aver spiegato come il black bloc non sia un movimento, ma una tattica protettiva rispetto agli abusi della polizia inventata dagli autonomi tedeschi negli anni ’70, Flash scrive che “vista la continuativa condotta illegale della polizia di Oakland, non può stupire che i cittadini si volgiano proteggersi in questo modo”. “Hedges accusa i balck bloc di Oakland di reazione eccessiva contro le forze dell’ordine e sostiene che la violenza della polizia è provocata dall’azione militante, ignorando settimane di resistenza assolutamete nonviolenta e mesi di attacchi polzieschi ad altre occupazioni in giro per il Paese. Scrive poi che che la violenza della polizia allontana la gente dal movimento, salvo poi contraddirsi dicendo che è stata proprio la violenza della polizia contro alcune ragazze a New York a far esplodere il consenso per il movimento. Per Hedges la colpa non è mai delle classi dirigenti e della polizia che agisce in maniera fascista, no, per lui la colpa è solo dei manifestanti che sfidano l’autorità e la violenza di Stato”. “Per quanto riguarda poi i “danneggiamenti alla proprietà strategica”, l’attivista anarchico ricorda come essi “siano parte della lunga storia della lotta nonviolenta: da quella delle Sufragette che chiedevano il voto, agli ambientalisti che proteggevano i loro diritti naturali: i danneggiamenti alla prorprietà infligono costi ad entità che pensano solo ai soldi”. “Non è vero – contina Flash – che coloro che partecipano ai balck bloc, e attenzione, non parliamo solo di anarchici, si opponogno ai metodi nonviolenti di organizzazione: Hedges ignora anni di impegno in iniziative come Food Not Bombs, centinaia di Infoshops che forniscono cultura, collettivi ciclistici, cooperative alimentari, attività a sostegno a gruppi emarginati. Noi anarchici crediamo nella diversità delle tattiche, e questa è la nostra forza. Non possiamo consentire che la calunnia e la paura creino divisioni tra noi: è il settarimo il verco cancro che rischia di distruggere Occupy”.

Ma la replica più importante a Hedges arriva il 9 febbraio da David Graeber, l’antropogo e scrittore anarchico considerato tra i principali promotori del movimento Occupy.
“Io sono anarchico e ho partecipato a molti black bloc”, rivendica con orgoglio Graeber sul magazine n+1. “Non ho mai preso parte personalmente ad azioni di distruzione di proprietà, ma ho partecipato a molti bloc in cui è accaduto. Del resto ho anche preso parte a bloc che non hanno usato questa tattica: è un’idea sbagliata quella per cui i black bloc non facciano altro che questo. E non ero certo l’unico veterano di black bloc ad aver partecipato alla pianificazione delle strategie iniziali del movimento Occupy Wall Street. Anarchici come me costituivano infatti l’ossatura del gruppo che se n’è venuto fuori con l’idea di occupare Zuccotti Park, con lo slogan del 99%, con il processo delle assemblee generali e con la stessa decisione di adottare una strategia ghandiana di nonviolenza che evitasse danneggiamenti a prorpeità”.
Dopo un inciso sul fatto che la anarchici e black bloc sono generalmente tutt’altro che ostili agli Zapatisti, anzi, Graeber scrive che “l’affermazione sul ‘cancro di Occupy’ non è solo sbagliata, è pericolosa. Più pericolosa di un ragazzino che lancia una pietra, perché è un apello alla violenza. Invitare a isolare i black bloc si traduce in pratica in manifestanti che ne consegnano altri alla polizia o, peggio, che li agrediscono fisicamente. L’ho visto succedere tante volte. Non sono mai i black bloc che attaccano altri manifestanti, poiché rispettano una regola ferrea di nonviolenza verso altri manifestanti: sono sempre i cosiddetti pacifisti che attaccano chi ha un cappuccio in testa, un bandana in faccia o semplicimente dimostranti che adottano tattiche ad essi sgradite”.
Graeber giudica poi scorretto sostenere che i black bloc giustificano la repressione poliziesca del movimento, perché di solito “è la polizia che attacca i manifestanti dichiarando di essere stata proovocata, anche se non è vero”. E dopo che la polizia agisce in maniera violenta, continua l’antropologo, è normale che qualcuno reagisca violentemente: “Non c’è modo di prevenirlo”.
“E’ la violenza delle autorità che va stigmatizzata. Non dobbiamo iniziare a scrivere contro i nostri compagni del movimento additandoli come pazzi fanatici. Lo stesso Ghandi, pur non condividendo la tattica violenta di lotta dei suoi comapgni, si rifiutava di denunciarli: sosteneva la superiorità morale della nonviolenza rispetto alla violenza, ma diceva anche che opporsi all’ingiustizia con mezzi violenti e comunque morlamente supeirore al non fare nulla. E Ghandi parlava di gente che faceva saltare in aria treni e assassinava ufficiali governativi, non che scriveva sulle vetrine parolacce contro la polizia”.

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