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29 agosto 2012

Dietro front, sangue di Cristo!
di David Swanson

traduzione di Giuseppe Volpe

 “About Face: Military Resisters Turn Against War” [Dietro front: gli oppositori dell’esercito si rivoltano contro la guerra] è un libro che dovrebbe stare su un tavolo di ogni mensa delle scuole superiori, vicino agli avvoltoi. Chiedo scusa, intendevo dire i tifosi della guerra. Mi scuso di nuovo, voglio dire i bravi reclutatori per i servizi degli approfittatori della morte. E dài! Sapete a chi mi riferisco. Cioè, a meno che i libri utili non possano entrare nelle classi, il che sarebbe anche meglio.

La maggior parte della resistenza dei militari in Vietnam, segnala il libro, venne da quelli che si erano arruolati volontari, non dai soldati di leva. Sono spesso quelli che credono alla propaganda e cercano di fare del bene al mondo andando in guerra, che trovano la volontà di cercare di fare del bene al mondo quando i loro paraocchi sono stati rimossi e hanno visto che cos’è la guerra e a che cosa serve.

“Dietro front” raccoglie racconti di resistenza recente tra i ‘volontari’ dell’esercito statunitense. Si tratta di giovani con scarse possibilità di lavoro che scelgono il ‘servizio’ militare ma scoprono che non è un servizio. Tutti hanno dei racconti, molti di essi evidenzianti particolari momenti di conversione. La realtà è di solito più complessa e graduale, ma i racconti fanno il punto sulla questione.

Benji Lewis è stato un marine in Iraq. Dopo due ‘turni’ ha riflettuto un po’ sulle cose che erano successe nel suo primo turno, compresa questa:

“Sparavano a questa signora che stava salendo verso la nostra postazione agitando le braccia e chiedendo aiuto in arabo. Così io mi sono avvicinato e le ho parlato e la sua faccia sembrava la morte stessa. Aveva sale incrostato su tutto il volto. Era evidente che aveva pianto per più di un po’. In qualche modo ho capito che aveva una famiglia. Noi reagivamo tipo  ‘Va a casa, va dalla tua famiglia’. E poi è venuto fuori che stava chiedendo aiuto. Tre giorni prima l’intera famiglia, i suoi bambini, era stata era stata quasi interamente sepolta sotto le macerie della loro casa, e lei chiedeva aiuto. Ho chiesto al mio sergente maggiore ‘Possiamo aiutarla?’ Lui ha detto di dirle di andare alla stazione di soccorso della Croce Rossa, che era a qualche miglio di distanza. Noi non potevamo lasciare la nostra postazione per aiutarla, così le abbiamo dato un paio di bottiglie d’acqua e le abbiamo augurato buona fortuna, sai. Mi è venuto in testa più tardi che, essendo io l’addetto al puntamento della sezione dei mortai, c’era una buona probabilità che fossi stato io quello che aveva sparato quei colpi sulla sua casa.”

Lewis ha rifiutato l’ordine di richiamo nella riserva ed è stato congedato senza sanzioni. Anche se alcuni oppositori sono puniti, non sembra essere questa la norma. Spesso la resistenza assume la forma della diserzione, in alcuni casi con la successiva riconsegna. Andre Sheperd ha cercato di ottenere asilo in Germania:

“Nel giro di due settimane ho preso la decisione che avrei abbandonato il servizio piuttosto che farmi uccidere o uccidere qualcun altro in una guerra basata su un mucchio di menzogne.”

Alcuni oppositori non ritengono di dover chiedere la condizione di obiettore di coscienza, perché ciò significa opporsi a tutte le guerre. Essendo arrivati a capire le menzogne e l’orrore di una guerra, continuano a fantasticare che qualche altra guerra possa essere una buona idea. Quelli che effettivamente chiedono il riconoscimento dell’obiezione di coscienza non sempre lo ottengono, ma molti sì.   Hart Viges si era arruolato nel 2001, un guerrafondaio per i combattimenti a terra. E’ stato congedato con onore come obiettore di coscienza tre anni dopo. “Mi oppongo a tutte le guerre,” afferma. “Quando qualcuno raccoglie un’arma per combattere contro suo fratello o sua sorella io mi oppongo e non appoggio questo. Alla fine ho scoperto la mia battaglia, la mia battaglia buona. E’ il percorso nel quale mi sento più a mio agio, molto più in pace con me stesso di quanto lo sia mai stato nel resto della mia vita.” Dire la verità sulla guerra si rivela una grande terapia per i veterani e per l’intera nostra società.”

Ma i racconti andrebbero forse presi a piccole dosi. Leggendo per intero questi libri, senza pause, può far comprendere perché a volte gli psicologi che ascoltano tutte queste storie di soldati finiscono per andare fuori di testa. “Dietro front” informa le potenziali reclute e i già arruolati che hanno delle possibilità di scelta e informa gli attivisti pacifisti che stanno invecchiando di dove stanno i giovani: stanno tra i veterani. Molti altri libri e video possono aggiungere altre informazioni sulla realtà che va comunicata a una cultura che sempre più considera la guerra uno sport innocuo. Probabilmente la raccolta più potente di racconti di veterani che io abbia letto è “Sangue di Cristo!” * di Dan Hallock. [ * ‘Bloody hell’,  letteralmente ‘inferno sanguinario’ nell’originale, è un’esclamazione di sorpresa o un’imprecazione di rabbia, normalmente tradotta in ‘porca miseria’; qui è parso appropriato rifarsi all’origine dell’espressione, ‘Christ’s blood’, appunto ‘sangue di Cristo’ – n.d.t.]. Si tratta di una visione non censurata di quello che possiamo diventare se non ci opponiamo.

“Sangue di Cristo” ci mostra persone senzatetto, rese folli dagli incubi, in carcere o nel braccio della morte, ubriachi, in lacrime, drogati, urlanti, suicidi e incapaci di trattenersi dal fare del male a quelli che amano. Un veterano, identificato come Lee, si era sposato e aveva avuto una bambina con una donna vietnamita mentre era in Vietnam durante la guerra. Quella moglie e quella bambina, più l’uso della droga, sono state ciò che lo ha sostenuto attraverso l’inferno cui aveva preso parte, le uccisioni e le morti tutto attorno a lui. Ma l’esercito aveva negato la legittimità del suo matrimonio e chiarito che avrebbe dovuto lasciarsi dietro la moglie e la figlia oppure disertare:

“Chi ed io ci siamo incontrati un’ultima volta prima della mia prevista partenza. Abbiamo versato tutte le nostre lacrime. Era così brutto, così doloroso. Tremavamo l’uno nelle braccia dell’altra. L’ho lasciata e sono tornato alla mia unità. Poi lei mi ha mandato un biglietto dicendomi di incontrarci su una scogliera sopra il Mar Cinese meridionale, un posto bellissimo dove eravamo stati spesso. Ci sono andato. Partivo il giorno dopo così dovevo vederla quel giorno. Ho preso la jeep di un ufficiale e mi sono recato alla scogliera. Erano lì ad aspettarmi, in lacrime.  Non abbiamo parlato, ci siamo solo tenuti abbracciati, con Le tra noi. Abbiamo pianto tanto. Ho messo la mano in tasca e tirato fuori la pistola, l’ho puntata alla testa di Chi e ho premuto il grilletto. C’è stato uno schizzo poi ha cominciato a uscire il sangue, tutto addosso a me. L’ho tenuta stretta, con Le che urlava in mezzo a noi. L’ho tenuta fin che ho potuto, poi l’ho lasciata cadere giù dalla scogliera, e sono cadute in mare tutte e due. Ho pestato per terra con tutta la mia forza, ho urlato fino a non aver più voce. Dentro di me non era rimasto più nulla quando sono tornato indietro. Avrei dovuto morire in Vietnam anziché vivere le migliaia di morti per le quali sono passato.  Tornato alla baracca nessuno mi ha detto una parola. Sono entrato coperto di sangue e con un aspetto orribile. Nessuno ha detto una parola.”

Lee racconta la sua vita di veterano, tornato negli Stati Uniti, con una nuova moglie e un nuovo figlio. Potete immaginarvela. Ma dovreste leggerla. Tutti dovrebbero. Specialmente tutti quelli che hanno diciassette anni e non sono figli di un miliardario.

Sparare sui tuoi

I racconti dei veterani spesso descrivono la guerra in modo diverso da come ce la racconta la televisione. I droni non parlano, ma i combattenti umani ci raccontano quanto in anticipo sia iniziata l’invasione dell’Iraq del 2003, come l’incidente del Golfo del Tonchino non sia mai avvenuto e come innumerevoli famiglie siano state assassinate, invece di essere liberate. “Sangue di Cristo” comprende un racconto di un veterano di nome Doug a proposito dell’attacco statunitense contro Panama nel 1989.  Sapevo che i piani per quella guerra erano pronti da mesi prima che un incidente fosse utilizzato per giustificare l’’intervento’ contro il dittatore Manuel Noriega, tanto a lungo appoggiato dagli Stati Uniti. Alcuni soldati panamensi ubriachi avevano picchiato un ufficiale della marina statunitense e minacciato sua moglie. Ma sentite il racconto di Doug:

“A Fort Bragg mi è stato ordinato di recarmi in missione contro un gruppo di persone che non avrei mai immaginato: i nostri stessi soldati. Sono stato messo assieme ad altri quattro che non avevo mai incontrato prima. Eravamo tra i pochi soldati dell’esercito statunitense con esperienza di combattimento, all’epoca, con competenze convalidate di cecchini; eravamo anche il meglio del meglio. L’idea del Pentagono era che per indurre a combattere i soldati di stazione a Panama, doveva essergli fornita una buona ragione. E il modo migliore per innervosirli era di attaccarli. Quando Michael ha chiesto cosa facessero gli altri quattro della nostra missione ci è stato detto che non erano affari nostri. Vedi, i soldati statunitensi, specialmente i soldati della fanteria, sono uniti. Se uno di loro finisce nei pasticci in un bar – voglio dire una rissa – gli altri non se ne vanno, partecipano. Non ti batti con uno di loro, ti batti con tutti. L’addestramento ha insegnato loro a fare squadra; dipendono gli uni dagli altri, e non importa se si tratta di una rissa da bar o di altro. Dipendono gli uni dagli altri per tornare a casa.  E allora cosa di meglio per farli arrabbiare che sparar loro addosso a casaccio? Ci è stato detto che avremmo salvato delle vite facendo così. Per settimane, prima dell’invasione di Panama, ho sparato ai soldati durante la notte.”

C’è qualcosa che non va.

E c’è qualcosa che non va nell’esercito.

I libri di David Swanson includono: “War Is A Lie” [La guerra è una menzogna]. Scrive su  http://davidswanson.org and http://warisacrime.org e lavora come coordinatore di campagna per l’organizzazione attivista online  http://rootsaction.org. Conduce  Talk Nation Radio. Seguitelo su Twitter: @davidcnswanson e su FaceBook.

 

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/about-face-bloody-hell-by-david-swanson

Originale: Warisacrime.org

 

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