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novembre 22, 2012

Coltivare la pace, prevenire la violenza…
di Johan Galtung
Traduzione di Miky Lanza

… era il titolo del simposio al Virginia Tech di Blacksburg, Virginia-USA, dal 17 al 19.11.2012.  Un esempio della fiorente ondata di studi per la pace ovunque negli USA; interdisciplinari e internazionali.  Gran parte dei documenti sono stati consegnati da studenti molto promettenti sui principali aspetti specifici degli studi per la pace. È improbabile che ciò non potrà avere un notevole impatto sulla politica estera USA fra una generazione o poco più, in particolare con lo spostamento demografico dai maschi WASP (bianchi anglo-sassoni protestanti) elettori di Romney alle negazioni di tutto ciò, compresi i neri, i latini e le donne, elettori di Obama. E con tale slittamento pian piano morirà l’idea di Popolo Eletto con una Terra Promessa e un Patto con l’Onnipotente che li rende eccezionali e indispensabili, sopra la legge degli stati comuni.

Ci siamo incontrati all’ombra di un altro Popolo Eletto – Terra Promessa che cerca di mostrare al mondo un secondo massacro a Gaza solo in quanto auto-difesa, non come parte di un’ occupazione – imitati da clienti USA come la Norvegia.

Ci siamo incontrati all’ombra del tragico 16 aprile 2007 al Virginia Tech: il maggiore massacro scolastico nella storia USA, 32 studenti uccisi e 15 gravemente feriti da uno studente coreano che poi si suicidò. Il primo massacro scolastico fu in Pennsylvania nel 1764, quattro amerindi che uccisero un preside e 10 studenti.  Ce ne furono moltissimi altri nel frattempo.

All’ombra di molti altri problemi che si stanno accumulando più che in qualunque altro periodo della storia USA: guerre che si vanno perdendo, un impero che scricchiola con le élite locali che trovano la loro strada, una massiccia crisi economica che avanza verso la “rupe fiscale” della pesante riduzione della spesa pubblica e l’aumento della tasse per una riduzione di 600 miliardi di dollari, che può condurre a un’ulteriore recessione o, se rimandata, a inflazione e svalutazione, demoralizzazione delle élite come nel caso delle dimissioni di Petraeus per “mccarthismo sessuale“, e una profonda spaccatura nella nazione, fra le due coste e gli stati centrali.

E all’ombra di una storia di genocidio delle Prime Nazioni , di schiavitù e ammutinamenti, e della disastrosa Guerra Civile.

Una nazione con un gran bisogno di una cultura di pace e di prevenzione della violenza. Con un gran bisogno di orientarsi verso la risoluzione dei conflitti anziché il ricorso ad avvocati e tribunali per fare riconoscere le proprie ragioni, e a militari, battaglie e uccisioni per designare un vincitore. Ma come!?

Mark Twain aveva una risposta: “Se il tuo solo attrezzo è un martello, tutti i problemi sembrano chiodi”. Il fatto stesso di avere delle ARMI, non solo braccia e pugni, genera l’uccidere come via d’uscita. Da che cosa?  “Le pistole uccidono in media 43 famigliari, amici o conoscenti per ogni effettivo intrusore” invece di risolvere i litigi.

Le armi forniscono il potenziale per la violenza diretta; un conflitto diretto irrisolto soggiacente ne fornisce la motivazione. Qualcuno mi ostacola, via! Ma il conflitto diretto sottostante è spesso un conflitto strutturale con violenza strutturale causa di più sofferenza che l’uccisione aperta. E a sua volta, al di sotto di tutto ciò c’è sovente una violenza culturale che giustifica la violenza strutturale o quella diretta.

Cinque livelli che si rafforzano reciprocamente. Si usa violenza diretta per istituire violenze strutturali massicce come un’occupazione, la schiavitù, o lo stato come prigione per tutti salvo la nazione dominante – come i curdi repressi dai turchi e dai siriani, irakeni e iraniani. Gli israeliani hanno un’espressione al riguardo, “i fatti sul terreno”, una violenza strutturale durata così a lungo da parere normale. Una grossolana sottostima della memoria umana collettiva.

La strada per una nuova realtà che crei un ragionevole accordo tra i contendenti passa attraverso una soluzione creativa al conflitto diretto, e mediante un cambiamento strutturale. Non piace il terrorismo anti-USA? Si lasci cadere l’impero – sfruttatore, uccisore, repressore, traumatizzante – a favore dell’equità, come l’Unione Europea—fino all’avvento della crisi da schiavitù dal debito.

Non piacciono i razzi da Gaza? Le rappresaglie non portano da nessuna parte; ci sono centinaia di modi per aggredire. Si lasci cadere l’occupazione a favore di una comunità del Medio Oriente e dell’Asia Occidentale.

Non piace la schiavitù da debiti? Si lasci cadere la schiavitù da debiti, combinandone la remissione con solo un credito minimo; stimolando l’auto-sufficienza ai livelli locali, e uno scambio equo fra i paesi indebitati.

Non piacciono le rivolte di schiavi? Si lasci cadere la schiavitù.

Non piacciono le nazioni dominate in rivolta nel vostro paese? Si lasci cadere lo stato unitario a favore di una devoluzione o di federazioni eque nell’ambito di Turchia-Siria-Iraq-Iran, con autonomie per le quattro minoranze curde, e con un’equa confederazione fra le autonomie.

Non piacciono i massacri scolastici? Sono creati da squilibri mentali e accesso facile alle armi; ma potrebbe anche trattarsi di rivalsa degli esclusi o rivolta. Perché uccidere così tante persone? Perché sono contro le categorie, non contro gli individui. Perché a scuola? Perché è una scala per arrivare ai vertici della società. La strada per la pace passa per società più eque, con meno perdenti.

Non piace la Guerra Civile, una storia d’amore con i militari così profonda che sono arrivati a usare ben due martelli l’uno contro l’altro? Si risolva il conflitto; non il vergognoso compromesso del 1850 ma forse una confederazione in cambio dell’abolizione della schiavitù? Oppure, comprando la libertà degli schiavi?

Perché tanta la violenza? Cinque approcci:

1- accesso facile alle armi da parte di civili e militari;

2- tradizione di violenza glorificata nella storia, nell’educazione, nei media;

3- incapacità di risolvere i conflitti con le 3 C – costruttivamente, concretamente, creativamente – nella vita pubblica e privata e nei media;

4- violenza strutturale massiccia e durevole;

5- giustificazione della la violenza in generale come naturale, inevitabile, spesso necessaria e spesso a fin di bene. Chi è il numero 1 al mondo? Avete indovinato.

Come si previene la violenza? Negando i cinque atteggiamenti di cui sopra. Reagendo con violenza, nessuna soluzione, e si raccoglie ancora più violenza di ritorno.

Come si coltiva la pace?

con la cooperazione a beneficio reciproco e uguale;

armonia mediante empatia;

conciliazione dei traumi, ripulendo il passato e costruendo un futuro;

risolvendo i conflitti mediante le 3 C.

Fattibile, possibile; mediante studi per la pace, con teoria e pratica.


19 novembre 2012


http://www.transcend.org/tms/2012/11/cultivating-peace-preventing-violence/

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