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5 luglio 2012

La bocciatura di Acta, una vittoria a doppio taglio

Rifiutando l’Accordo commerciale sulla contraffazione (Acta) gli eurodeputati hanno dimostrato di essere sensibili agli umori dell’opinione pubblica. La stampa europea accoglie con favore la notizia, ma al contempo teme che si possano rimettere in discussione i principi della proprietà intellettuale.

 “L’Acta è morto, il Parlamento si sveglia”, esulta Mediapart. Per il sito d’informazione francese, il rifiuto dell’accordo anti-contraffazione segna una tappa simbolica nella ripoliticizzazione dell’Europa. [Il Parlamento europeo] è spesso percepito come una struttura lontana e complessa, ossessionata dalle procedure, che va avanti a passi minuscoli a forza di avvisi e non presenta personalità identificabili. […] Ma con il rifiuto dell’Acta ha dimostrato che esiste una via percorribile per i cittadini impegnati, [anche se] il potere dei legislatori europei sembra limitato alle questioni di libertà pubbliche e protezione del cittadino. Negli altri dibattiti europei gli eurodeputati non hanno quasi voce in capitolo. […] Inoltre non è detto che la mobilitazione [dei cittadini] continuerà in ambiti più tecnici e più lontani, ovvero quelli che costituiscono la routine del Parlamento. 

Dalle pagine di Gazeta Wyborcza l’editorialista Ewa Siedlecka saluta la caduta dell’Acta come “una grande vittoria della società civile”, e sottolinea che “il popolo europeo” ha manifestato in questo modo la sua esistenza. Sotto pressione, i politici che avevano preparato e sostenuto l’accordo lo hanno poi fatto saltare […] Tuttavia l’Acta ha mostrato anche il lato peggiore dell’Unione europea. L’accordo era stato infatti elaborato all’interno della Commissione in modo assolutamente opaco ed era nato da negoziati segreti con gli Stati Uniti e il Giappone.

Secondo Rzeczpospolita “il voto del Parlamento europeo dimostra che l’Acta nella sua forma attuale è morto”. Tuttavia il quotidiano sottolinea che le proteste degli internauti non significano che l’Accordo non abbia i suoi sostenitori. Circa 130 organizzazioni che uniscono gli autori e i media si sono espresse a favore del testo. […] La fine dell’Acta non vuol dire che l’Ue rinuncerà a un accordo per proteggere la proprietà intellettuale. Ogni anno il mondo degli affari e gli autori subiscono perdite importanti a causa della pirateria sul web e della vendita di prodotti contraffatti.

“Brutte notizie per gli editori sul copyright”, scrive Edoardo Segantini sul Corriere della Sera: Ancora una volta i politici europei sono stati sensibili alle ragioni di un non meglio precisato ‘popolo del web’: dietro le quali stanno i ben più precisi interessi di chi vuole continuare a guadagnare senza investire, lucrando sulla proprietà intellettuale degli altri. Stiamo parlando di industrie – dall’editoria alla musica – che in Europa danno lavoro a 120 milioni di persone. […] Il populismo dei politici però non è l’unico aspetto sorprendente della storia. L’altro è la malcelata simpatia – e, talvolta, l’aperto sostegno – che i ladri di copyright continuano a trovare in quegli stessi mezzi d’informazione che in fin dei conti ne sono le vittime.

La Frankfurter Allgemeine Zeitung parla invece di “vittoria del branco”: Il branco si è scagliato sull’Acta e ha vinto […]. L’arroganza dei cyber-feticisti, questa ‘comunità della rete’ idealizzata e santificata, ha voluto impedire che lo stato garantisse qualcosa che soltanto lo stato può garantire: il diritto. Il modo in cui il governo tedesco, il parlamento [tedesco] e ora il Parlamento europeo si sono piegati davanti alla disinformazione e all’intimidazione di questa comunità è vergognoso. Come se non bastasse questa azione contro il diritto e la legge viene celebrata come fosse una nuova forma di democrazia, e ogni riferimento al carattere totalitario delle masse digitali viene liquidato come atto di ‘lobbysmo’. Ma chi è che ha fatto cadere l’Acta se non una lobby senza scrupoli?

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