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01 marzo 2012

Assange: 'Vogliono eliminarci'
di Stefania Maurizi

«Abbiamo contro entità potentissime: istituzioni, banche, corporation, servizi segreti, apparati militari. Che stanno facendo di tutto per annientarci. Con me ci sono già riusciti. Ma WikiLeaks, invece, può vincere». Il fondatore del sito più temuto dai governi di mezzo mondo racconta all'Espresso le sue battaglie passate, presenti e future.

La libertà è un ricordo lontano, di quando poteva scomparire volando da un Paese all'altro con tutto il suo mondo chiuso in uno zainetto. Adesso vive da 15 mesi con un braccialetto elettronico che segnala ogni suo spostamento, quasi un contrappasso per chi vuole smascherare il volto moderno del controllo globale. Certo, ora Julian Assange è chiuso nell'angolo: tra pochi giorni rischia di venire estradato in una cella svedese, la sua organizzazione soffre per l'embargo delle carte di credito alle donazioni e per le pressioni di tutte le potenze. Ma gli occhi di Mister WikiLeaks, ancora più delle sue parole, fanno capire che non ha nessuna intenzione di arrendersi: pensa continuamente alla sua rivolta mediatica, una guerriglia che alterna rapide incursioni in cui lanciare milioni di documenti segreti a lunghe pause.

E' calmo, tremendamente concentrato sui suoi obiettivi e le sue ossessioni; allo stesso tempo però sa appassionarsi, indignarsi, ha un gusto dell'umorismo acuto e un profondo senso della giustizia. Per questo, più si accaniscono contro di lui, più lui pensa all'insurrezione che verrà.

Ma l'uomo che ha fatto tremare la Casa Bianca non è né un duro, né il Peter Pan autistico e ostinato dipinto dai suoi avversari: il suo carisma, come ha scritto il "New Yorker", nasce proprio dalle contraddizioni e dalla sua visione romantica, quasi da rivoluzionario ottocentesco.

In un locale del centro di Londra, davanti a un cappuccino bollente, discute con "l'Espresso" della sua vita e del futuro della sua creatura. Con una convinzione: "WikiLeaks andrà avanti. Anche quando sono stato arrestato, è riuscita a non fermarsi diffondendo altri file top secret. E' un'organizzazione robusta ma, ovviamente, se riuscissero a togliere di mezzo il fondatore e la persona più nota a livello pubblico, anche WikiLeaks subirebbe parecchi danni. Io credo che la struttura operativa del gruppo sia solida: anche senza di me, potrebbe sopravvivere per almeno un paio di anni. Forse non con lo stesso vigore, ma trasmettendo comunque l'immagine di un'istituzione che non si piega".

"Rolling Stone", evocando uno spirito da Che Guevara, l'ha definita un "comandante ribelle sotto assedio". Si sente così?

"WikiLeaks ha contro una lista di entità potentissime, irritate per le cose che abbiamo smascherato sul loro conto negli ultimi due anni. Quei potentati stanno facendo di tutto per eliminarci: cause legali, manovre politiche, campagne mediatiche e il blocco delle donazioni. Ciascuno di questi problemi va affrontato singolarmente. Richiede moltissimo lavoro, ma ritengo che, ad oggi, noi abbiamo vinto: siamo riusciti a pubblicare la maggior parte del materiale più significativo che avevamo raccolto. L'impegno con le fonti che ce lo hanno inviato è stato rispettato. Ma detto ciò, gli attacchi contro di noi sono potenti e sempre in corso".

Dietro il successo di WikiLeaks c'è anche una sua invenzione: una piattaforma Internet sicura che garantiva l'anonimato a chi inviava documenti scottanti. Adesso questa casella sicura è stata smantellata. E siete sempre più nel mirino dei servizi segreti e delle aziende di sicurezza di tutto il mondo: una sorveglianza che tiene lontane le persone che vorrebbero consegnarvi dossier. Non temete che così poco alla volta le vostre rivelazioni diventeranno sempre più deboli?

"Abbiamo vari sistemi per raccogliere documenti: è una semplificazione credere che tutto dipenda dalla piattaforma Web anonima. E stiamo creando un nuovo modello di protezione per le fonti come la rete "Friends of WikiLeaks" che permetterà uno scambio di informazioni ancora più largo e sicuro".

WikiLeaks sta anche soffrendo per il blocco di finanziamenti. Come pensate di sfuggire all'embargo delle donazioni provenienti dalle carte di credito?

"Abbiamo fatto ricorso alla Commissione europea sette mesi fa. A Bruxelles dicono che stanno indagando e che non si sono dimenticati di noi: decideranno se annunciare un'inchiesta formale. Nel frattempo siamo passati al contrattacco, iniziando una causa legale contro l'intermediario della Visa in Islanda. In alcuni casi sono stati i donatori stessi a fare causa alle carte di credito che hanno impedito di versare fondi per sostenere WikiLeaks. E' successo per esempio in Colombia, perché i possessori di carte si sono sentiti violati nei loro diritti di associarsi liberamente a un'organizzazione".

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