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12 marzo 2012

Siria, la carta russa

Un passo avanti e uno indietro. Giornata convulsa per la diplomazia internazionale alle prese con la crisi siriana. Se da un lato, il governo siriano ha dato segnali d’apertura nei confronti del piano elaborato nel corso della Conferenza del Cairo da Russia e Lega araba, con cui potrebbe rompere l’isolamento internazionale in cui è precipitato, dall’altro è tornato sul banco degli imputati per il massacro di donne e bambini commesso a Homs nella notte tra domenica e lunedì. Sul fronte diplomatico, va registrato il consenso che comincia a coagularsi sul piano messo a punto da Russia e Lega araba durante la Conferenza del Cairo, svoltasi sabato scorso: una proposta in cinque punti che mira a congelare quella che ormai ha assunto i contorni di una vera e propria guerra civile. Il documento prevede la cessazione immediata di ogni violenza, da ambedue i fronti (leggi esercito e la galassia della resistenza armata che da ormai un anno sta cercando di rovesciare il regime del presidente Bashar al Assad); controllo neutrale sul cessate il fuoco; disco verde ad operazioni di soccorso umanitario; nessuna ingerenza straniera; piena collaborazione alla missione di mediazione di Kofi Annan. Damasco si è detta soddisfatta e pronta ad accettare il piano. Anche la Cina, che con la Russia aveva messo il veto, nel Consiglio di Sicurezza Onu, sul piano targato Unione europea e appoggiato dagli Usa, si è mostrata piuttosto possibilista.

Al passo in avanti, corrisponde però il passo indietro provocato dalle notizie e dalle immagini dell’eccidio di Homs, che hanno fatto immediatamente il giro del mondo e sulle quali si è pronunciata anche Amnesty International, in termini insolitamente duri: “Ormai non si può più tacere”. Nella notte tra domenica e lunedì, forze leali al presidente Assad avrebbero attaccato due quartieri di Homs dove la resistenza ha i suoi bastioni. Si tratta di Karm al-Zeitoun e al-Adawiy, aree nelle quali ieri notte le squadre di Shabiha (uomini armati) hanno fatto irruzione, attaccando senza pietà la popolazione residente. Quersta mattina sono stati trovati i cadaveri di 26 donne e 21 bambini. Quarantasette vittime alle quali vanno aggiunti anche i sei uomini uccisi. Una strage che lascia attoniti sia per la scelta delle vittime che per la brutalità con la quale si è infierito sulle stesse: sarebbero state tutte sgozzate. Molti cadaveri presenterebbero buchi da pallottole in fronte ed estese bruciature. Un’esecuzione di massa che, per il Consiglio nazionale siriano, l’organo autocostituitosi che ha preso la guida della lotta contro Assad e i suoi apparati, va addebitata proprio al presidente. Damasco, per parte sua, rigetta le accuse e attribuisce il massacro a squadre di terroristi antiregime, che ucciderebbero tutti coloro che rifiutano l’arruolamento forzato.

Proprio il clamore suscitato dall’ennesimo attacco nei confronti di quella che ormai è definita la “città martire siriana” ha provocato un incontro d’urgenza a New York del quartetto per il Medio Oriente, con incontri bilaterali tra Russia e Stati Uniti. Il Cns ha chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni unite. Il Segretario di Stato Hillary Clinton ha incontrato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, il Segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon: con loro si è collegata in videoconferenza la numero uno della diplomazia Ue, Catherin Ashton. Sempre oggi, Kofi Annan, il mediatore per Nazioni unite e Lega araba nella crisi siriana, è ripartito da Damasco per raggiungere il Qatar e incontrare il vertice del governo locale, che a fine febbraio si era detto disponibile ad inviare armi ai ribelli. L’incontro tra Annan e Assad non ha prodotto risultati: la Siria rimane piuttosto isolata. E certo non gioverà a Damasco il ritiro degli ambasciatori dai Paesi che hanno ritirato i capi delle proprie ambasciate dalla Siria, come annunciato oggi dall’ambasciatore siriano in Russia, Riyad Haddad. Un isolamento che traspare dalle parole di Ban, che oggi è arrivato a condannare “il nuovo assalto militare” disposto dal governo siriano, “l’uso spoporzionato della forza” e “le vergognose operazioni” compiute dai soldati. Damasco avrà pochi giorni per rispondere ufficialmente alle proposte di Onu e Lega araba.

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