Centro Studi Sereno Regis
8 giugno 2013

Aviano TARGET
di Joachim Lau e Claudio Giangiacomo

Il Pentagono investirà 11 miliardi di dollari per adeguare 200 atomiche Usa stoccate in Europa e in Italia (50 ad Aviano e 20 a Ghedi) ai caccia F35. C’è chi dice no, ma è scontro legale, tra falsità e silenzi. Una sola certezza: i «nostri» siti sono bersagli automatici

L’articolo di denuncia pubblicato dal manifesto il 23 aprile scorso su una intera pagina, sul voltafaccia atomico del presidente statunitense Barack Obama che, invece di smantellarle ha deciso con il Pentagono di investire 11 miliardi di dollari per «adeguare» ai cacciabombardieri F35 le 200 testate atomiche depositate sul territorio europeo (ben 70 sono in Italia, 50 ad Aviano e 20 a Ghedi), ci dà l’occasione per chiarire alcune questioni giuridiche relative alla presenza delle armi nucleari in Italia e non solo.

Nel 2005 alcuni cittadini italiani che vivono nella vicinanza di Aviano, hanno citato in giudizio il Ministro della difesa americano e il comandante della base di Aviano chiedendo al tribunale di obbligarli a rimuovere le armi nucleari dal suolo italiano in quanto la loro presenza è da ritenersi illecita in base all’art. 484 c.p. in connessione con la Legge n. 185 del 9/7/ 1995.

L’accordo segreto del 24 maggio 1961 mediante il quale è stata regolata la venuta e la permanenza delle le armi atomiche in Italia, infatti, non ha potuto abrogare il principio che all’interno della base americana valgono le leggi italiane.

I giudici italiani – cioè le Sezioni unite della Corte di Cassazione, con la decisione del 2 Dicembre 2008 pubblicata in data 25 Febbraio 2008 – hanno però, negato al giudice di Pordenone il potere di decidere sulla causa (difetto di giurisdizione) dichiarando applicabile l’ex art. 10 della Costituzione Italiana, il principio di diritto internazionale generalmente riconosciuto.

La sentenza della Corte di Cassazione è stata motivata sulla scia della decisione del caso Cermis del 2000, della quale riportiamo uno stralcio, in cui è stata negata ai membri di un sindacato di Trento una richiesta contro i voli di addestramento a bassa quota dopo l’incidente che ha causato la morte di 22 persone che viaggiavano su una funivia.

Tale sentenza è stata, però, fondata su una falsa traduzione del testo dell’articolo VIII § 9 dello Statuto della Truppe della Nato del 1951 che definisce l’obbligo dello stato ospite (Stati Uniti) all’interno del territorio italiano di comparire dinanzi ad un tribunale civile italiano . La falsa traduzione del testo originale inglese proveniva dal governo elvetico.

Con lettera del 6 dicembre 2009 il governo svizzero si è scusato per l’errore della traduzione, indicando il sito governativo ove da quel momento si trova il corretto contenuto in lingua italiana dell’articolo VIII § 9 dello statuto delle truppe dell’Alleanza atlantica. Dove si legge: «Salvo alle condizioni previste al paragrafo 5 lettera g del presente articolo, lo Stato d’invio, per quanto concerne la giurisdizione civile dei tribunali dello Stato ricevente, non può avvalersi dell’immunità della giurisdizione dei tribunali dello stato ricevente a favore dei membri di una forza armata o di un elemento civile». La precedente traduzione riportata nella sentenza semplicemente non conteneva il «non».

Si aggiunga a ciò che l’articolo 7 della Convenzione delle Nazioni unite del 2004 sulla immunità degli Stati, stabilisce il principio secondo il quale un giudici nazionale è competente a decidere in una causa civile se una tale competenza giurisdizionale risulta da un atto internazionale come per esempio lo statuto delle truppe della Nato. Con la legge n. 5 del 29 gennaio 2013 l’Italia ha aderito a tale convenzione.

Il pericolo che deriva dalla presenza dalle armi nucleari in Italia, secondo l’opinione degli scriventi, oltre che dall’inquinamento provocato principalmente da materiali necessari per la loro manutenzione, consiste nel fatto che il deposito nucleare di Aviano è esposto ad una programmazione automatica della difesa della Federazione Russa e, forse, oggi anche di altri paesi.

Per fare un esempio, è davvero opportuno ricordare come nel febbraio 2013 è stata consegnato al Signor Petrov ex maggiore della Armata rossa il premio per la pace della Città di Dresda perché in data 26 Settembre 1983 si è rifiutato di eseguire l’ordine di far partire il massiccio contrattacco nucleare avverso le basi nucleari europee della Nato, incluse quelle italiane. L’ordine era partito automaticamente dopo l’allarme di un presunto attacco nucleare degli Stati dell’Alleanza atlantica. Insomma, la presenza delle armi nucleari in Europa oltre che essere illegale, rappresenta un pericolo per tutta la popolazione.

L’opinione delle cancellerie europee che la presenza delle armi nucleari rappresenta una questione di discrezionalità politica deve essere, quindi, considerata una pubblica istigazione a delinquere.

Il 5 Marzo si sono incontrati ad Oslo i rappresentanti di circa 60 Stati e 130 organizzazioni della società civile che nel documento finale hanno invitato tutti gli Stati a firmare il divieto generale delle armi nucleari e a rispettare il diritto internazionale, incluso il Trattato di Non Proliferazione che sancisce l’obbligo di procedere ad un disarmo nucleare «at an eary day». L’incontro successivo avrà luogo entro quest’anno a Città del Messico su invito del governo della Repubblica messicana.

L’invito è diretto anche al governo italiano, se ancora sussiste.



Joachim Lau e Claudio Giangiacomo sono avvocati (e pacifisti)

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