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15 novembre 2013

Deforestazione senza fine: Il mondo perde 50 campi di calcio di alberi al minuto, 68.000 al giorno

Un nuovo studio sulla deforestazione pubblicato su Science (High-Resolution Global Maps of 21st-Century Forest Cover Change) rivela il mondo sta perdendo 50 campi di calcio di foresta ogni minuto di ogni giorno, l’equivalente di 68.000 campi da calcio ogni giorno nel corso degli ultimi 13 anni. Ma secondo Nigel Sizer, direttore della  Global forest initiative del World resorces institute,  e due autori dello studio, Matt Hansen e Rebecca Moore, «Anche se questa informazione è angosciante, la pubblicazione di questa nuova ricerca è uno sviluppo decisamente positivo nella disponibilità di dati per supportare una migliore gestione e una politica forestale». Lo studio fornisce la prima immagine ad alta risoluzione del cambiamento annuo della copertura forestale nel periodo 2000-2012, promettendo aggiornamenti annuali tempestivi a partire nei primi mesi del 2014. Prima di questa ricerca, mancava  un aggiornamento mondiale dei dati forestali.

«Più di un miliardo di poveri dipendono dalle foreste per il loro sostentamento – dicono Sizer, Hansen e Moor –  mentre noi tutti dipendiamo da questi ecosistemi in quanto sono centrali nei sistemi globali dell’acqua, del carbonio e del clima. Perdere 2,3 milioni di Km2 di foresta in soli 13 anni, come mostra la nuova ricerca, è quindi di grande preoccupazione». Queste perdite includono anche le perdite causate da incendi e parassiti, così come le foreste che vengono abbattute per la silvicoltura e che vengono ripiantato o si rigenerano naturalmente.

La cosa che preoccupa ancora di più è che la perdita delle foreste tropicali è in aumento di circa 2.000 Km2  ogni anno. Sono questi gli habitat più preziosi per i più poveri e che stoccano la maggior parte del carbonio, ma soprattutto ospitano più biodiversità di qualsiasi altro tipo di foresta sulla Terra.

«Ma c’è anche una buona notizia – dicono al Wri –  I nuovi dati mostrano che, mentre il Brasile soffre ancora per tassi molto alti di deforestazione, il Paese ha all’incirca dimezzato i tassi annui di perdita della foresta. Le strategie che il Brasile usato per ridurre la sua deforestazione possono informare su come i politici rispondono ai tassi preoccupanti di declino delle foreste in altri paesi: Brasile ha investito in un sistema di “top-class”   per monitorare cosa sta accadendo alle sue foreste e condivide queste informazioni in tempo quasi reale con le agenzie di intervento e l’opinione pubblico. Dati migliori, coerenti e trasparenti possono ò portare a una migliore gestione delle foreste; Il paese ha compiuto seri sforzi per allineare gli incentivi finanziari ad una migliore gestione delle foreste, come la realizzazione dell’accesso dei municipi al credito agricolo che dipende dalla riduzione dei livelli  locali di perdita della foresta; Il Brasile ha sistematicamente riconosciuto i diritti consuetudinari alla terra e le rivendicazioni delle popolazioni indigene alla  terra della foresta (anche se alcuni conflitti significativi e scontri  continuano). Più del 20% ella regione amazzonica è ora gestito dalle popolazioni indigene. Alcuni conflitti e rivendicazioni rimangono, ma i progressi sono stati notevoli. La prova è nell’aumento che mostra che i tassi di declino della perdita di foresta dove alle comunità locali ed alle popolazioni tradizionali è stato attribuito il potere di gestire le risorse naturali».

Ma questi sviluppi virtuosi sono messi in pericolo  dall’approvazione del nuovo Codice forestale del Brasile che ha subito portato ad un piccolo ma significativo aumento della perdita di foreste del Paese. I ricercatori sottolineano che «E’ importante che il Brasile continui nei suoi enormi sforzi per affrontare le cause dirette e indirette di questo calo delle foreste, sia per ridurre la sua deforestazione che per fungere da modello per altri Paesi».

Chi potrebbe e dovrebbe imparare dall’esperienza brasiliana è l’Indonesia: la nuova ricerca mostra un costante aumento dei tassi di deforestazione in Indonesia, anche se l’arcipelago asiatico ha un quarto della superficie del Brasile,  sta perdendo quasi la stessa quantità di foresta ogni anno. In  Indonesia, come nella maggior parte dei Paesi, mancano informazioni prontamente disponibili sullo stato delle foreste e non ha  incentivi finanziari per  promuovere la salvaguardia della  foresta. Qualche progresso è stato compiuto con la recente moratoria che ha bloccato le nuove concessioni forestali, ma l’applicazione lascia molto a desiderare, tanto che al Wri evidenziano: «E’ troppo presto per dire se la moratoria ha effettivamente ridotto la perdita di foresta. Potrebbe essere fatto molto di più anche per frenare la perdita delle foreste in Indonesia, grazie allo spostamento delle operazioni agricole nei terreni già disboscati o degradati.

Se in totale Brasile e l’Indonesia continuano a rappresentare circa la metà di tutte le perdite di foresta tropicale, altri Paesi stanno perdendo le loro foreste ancora più velocemente, ma ricevono molta meno attenzione. Spesso si tratta di Piccoli paesi poveri che avrebbero bisogno di un significativo sostegno tecnico e finanziario per ridurre i loro tassi di deforestazione.

Fornendo una misurazione coerente a livello globale dei modelli di perdita e di incremento della foresta, il nuovo studio evidenzia i Paesi e le regioni in evidenza che meritano più attenzione: La Malaysia tra il 2000 e il 2012 ha visto una perdita di foresta annua dell’1,6% tra il 2000-2012, rispetto all’1% in Indonesia. Mentre l’area andata persa in Indonesia è di gran lunga superiore, maggiore attenzione dovrebbe essere data auna maggiore attenzione alle dinamiche della Malaysia che condivide con l’Indonesia il Borneo (gli Stati di Sabah e Sarawak) che sta subendo una rapida deforestazione a causa dell’espansione delle sue industrie dell’olio di palma e della silvicoltura. In Africa, l’attenzione sulle foreste tende a concentrarsi sul bacino del Congo,  in particolare nella Repubblica democratica del Congo, ma in Costa d’Avorio e in altre parti dell’Africa occidentale la dinamica di perdita della copertura forestale è più drammatica ed è legata al boom del cacao e delle materie prime agricole. Ad esempio, nella piccola Liberia si sta assistendo ad una rapida deforestazione per far spazio alle piantagioni di palma da olio: le foreste tropicali secche di Argentina, Paraguay e Bolivia stanno subendo i più alti tassi di perdita forestale dell’America Latina, anche qui il fenomeno è collegato all’espansione dell’agroindustria che rifornisce i mercati globali.

Un tema comune in molte di queste regioni è proprio la crescita della domanda globale di materie prime come soia, carne bovina olio di palma, pasta di legno e biocombustibili. Per i tre ricercatori «È necessaria un’analisi più minuziosa per identificare e quantificare i driver precisi della perdita della foresta. Questo sarà possibile, in quanto i ricercatori saranno presto in grado di scaricare e vagliare le nuove mappe globali pubblicati oggi. Nel frattempo, nuove iniziative volte a ridurre la perdita di foresta collegata a questi prodotti, come ad esempio Tropical Forests Alliance 2020 e gli sforzi delle tavole rotonde sulle commodity, dovrebbero essere sostenuti. Una contabilità precisa, e trasparente sullo stato delle foreste e cambiamenti di utilizzo del suolo sono la chiave per aiutare frenare la perdita di foresta.  Dati migliori sono fondamentale anche per informare i colloqui sui cambiamenti climatici globali attualmente in corso in Polonia».

Infatti la Cop 19 dell’Unfccc di Varsavia sta facendo i conti anche con il fatto che la distruzione antropica delle foreste significa ben il 10% delle emissioni globali di gas serra. E il nuovo rapporto dimostra che i trend forestali mondiali stanno lavorando contro gli sforzi per affrontare i cambiamenti climatici, e che per alcune delle principali economie emergenti, come l’Indonesia e il Brasile, la perdita di foreste è probabile che continui ad essere la principale fonte di emissioni.

Allo stesso tempo, foreste e cambiamenti virtuosi dell’utilizzo del suolo anno il potenziale per stoccare  enormi quantità di Co2. Iniziative come la Global Partnership on Forest Landscape Restoration e la Bonn Challnge stanno adottando misure per costruire un movimento globale di “ri-greening” per ripristinare la produttività delle terre deforestate e degradate. «Ci aspettiamo che questi e altri sforzi ottengano più attenzione nel prossimo futuro – concludono Sizer, Hansen e Moore – e incoraggiamo i politici ad aderire al re-greening movement.  Dati up-to-date di alta qualità, prodotti in modo indipendente e credibili condivisi in modi che i politici, le imprese, la società civile e le comunità locali possono comprendere e intervenire, sono fondamentali per migliorare la gestione delle foreste in tutto il mondo. Le nuove mappe ad alta risoluzione pubblicati oggi dimostrano che questo tipo di scambio di informazioni è ora possibile, grazie ai progressi della scienza del telerilevamento ed al cloud computing. Trasformiamo questi dati migliori in decisioni migliori».


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