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15 novembre 2013

Deforestazione, ecco le foto dallo spazio: 
persi 2,3 milioni di chilometri
di Elena Russo

I cambiamenti delle foreste, dal 2000 al 2012, analizzate da Science e da Google Earth: mappate la condizione del verde sulla terra. In 12 anni, anche 800mila kmq recuperati. In Brasile continua la deforestazione un aumento del 28% in un anno

Oltre due milioni di chilometri quadrati. Per la precisione: 2,3. Questo il dato impressionante sulla perdita delle foreste nel mondo dal 2000 al 2012. Cifra frutto di uno studio pubblicato da Science ed effettuato in collaborazione con 15 università degli Stati Uniti coordinate dal dottor Matthew Hansen dell'università del Maryland. Ma ci sono anche aspetti positivi: in Europa, e in Italia, aumentano le aree boschive.

Per fotografare la situazione del verde del nostro pianeta ci sono volute circa 550mila immagini scattate dal satellite Landsat7 in dodici anni. E per analizzarle è stata usata la potente macchina di Google Earth, con una risoluzione capace di mettere a fuoco un dettaglio a 30 metri di distanza. Producendo tra l'altro dei timelapse che danno l'idea del disboscamento.

"Abbiamo lavorato per monitorare il territorio su scala globale per diverso tempo, ma sempre con grandi e poco nitidi pixel. Questa è la prima volta che lo realizziamo con una risoluzione e una granularità dove il cambiamento risulta abbastanza discreto e possiamo quantificarlo in maniera chiara", ha spiegato Matthew Hansen.

Lo studio ci dice che le maggiori perdite di verde sono concentrate ai Tropici - circa il 32% -  dove accelera di 2101 chilometri quadrati all'anno. Una perdita sì, ma anche un guadagno, seppure assai minore: 800mila chilometri quadrati "recuperati" nei 12 anni fotografati dal satellite, un quarto dei quali riguardano aree che prima erano state deforestate. Quelle più verdi nel mondo si trovano proprio a due passi da casa nostra: 12 miliardi di alberi hanno interessato la penisola italiana secondo i dati del corpo forestale negli ultimi vent'anni. Il verde scarseggia e scompare se pensiamo a paesi come Indonesia, Paraguay, Malesia, Camboglia, Bolivia, Zambia e Angola.

Il dramma della deforestazione in Indonesia

Tuttavia - anche se da noi la situazione migliora - proprio l'Europa è considerata come il principale responsabile della deforestazione. Tra il 1990 e il 2008 il vecchio continente ha importato e consumato circa 9 milioni di prodotti provenienti da zone disboscate, contro i 4,5 milioni dell'Asia orientale, e l'1,9 dell'America del nord. A rivelarlo è il rapporto 2013 della Commissione europea in cui si evidenzia come il disboscamento tropicale sia legato solo in minima parte alla produzione di legname. Secondo il report, infatti, su 132 milioni di ettari distrutti, solo 4,4 servono alle fabbriche di legno, mentre ben 58 a far spazio agli allevamenti zootecnici e 69 alle produzioni agricole, soprattutto di soia, mais, olio di palma, riso e canna da zucchero.

Taglia e brucia.

Si abbattono gli alberi e poi si incendia il sottobosco rimanente. E' questo il metodo brutale con cui si esegue la deforestazione in Amazzonia, distruggendo il polmone del Brasile. La più grande estensione al mondo di foresta primaria rischia di scomparire a causa dell'aumento del 28% di deforestazione registrato fra agosto del 2012 e luglio del 2013. Ad annunciarlo è stato il governo del Brasile, che nel 2012 aveva invece registrato il livello più basso di distruzione della foresta amazzonica.

La rilevazione, spiega il ministro dell'Ambiente Izabella Teixeira, mostra che nel periodo in questione sono andati distrutti 5.843 chilometri quadrati di foresta amazzonica, mentre l'anno scorso ne erano stati abbattuti 1.571. Questo picco del 2013 giunge dopo quattro anni di calo. Tuttavia il dato di quest'anno è il secondo più basso da quando il Brasile ha avviato la misurazione della deforestazione nel 1988.

Le Immagini dell'Amazzonia dall'Alto

Gli ambientalisti attribuiscono la responsabilità del fenomeno all'allentamento delle leggi sulla tutela ambientale e sostengono che influisca anche la spinta del governo per progetti di grandi infrastrutture come dighe, strade e ferrovie, ma anche l'allevamento estensivo e la produzione di soia.

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