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7 maggio 2013

Sono vicine le colonne d'Ercole del clima
di Alberto Zoratti

La concentrazione di CO2 in atmosfera a quota 398,35 parti per milione. Oltre le 450, la temperatura media della terra aumenterebbe senz'altro di oltre 2 gradi centrigradi. La risposta della comunità internazionale è la creazione del “National Appropriate Mitigation Action”, l’ennesimo registro per garantire trasparenza sulle azioni di mitigazione intraprese a livello nazionale

Quota 400 è vicina. Ma non è una gara, né una cosa di cui andare fieri, perché a quattrocento parti per milione (ppm), l’unità di misura riferita alla concentrazione della CO2 in atmosfera, non eravamo abituati almeno da 800mila anni. Le ultime rilevazioni dell’Osservatorio di Mauna Loa, nel Pacifico, indicano che il mese scorso abbiamo raggiunto le 398.35 ppm, sempre più vicino a quel limite “ideale” dei 450 ppm che -secondo la comunità scientifica internazionale- rappresenta le colonne d’Ercole da non superare per restare, con una ragionevole certezza, al di sotto dei 2°C di aumento di temperatura media nel prossimo futuro. 

La questione, in sé, non è tanto o soltanto la concentrazione in senso assoluto. Ci sono state epoche preistoriche in cui la presenza della CO2 è stata molte volte più alta del periodo attuale, basterebbe pensare che negli ultimi 65 milioni di anni, dall’estinzione dei dinosauri in poi, la concentrazione ha raggiunto picchi di oltre le 1800 ppm. 
Il problema è la velocità con cui avviene questo cambiamento, perché quello che avveniva su scale di centinaia di migliaia -se non milioni- di anni, questa volta sta succedendo su scala umana, come indicano i rilevamenti fatti a Mauna Loa dal 1958 ad oggi (ftp://ftp.cmdl.noaa.gov/ccg/co2/trends/co2_mm_mlo.txt). Questo impedisce un efficace adattamento delle specie viventi, che hanno bisogno di tempo, e molte generazioni, per poter prendere le misure di un cambiamento strutturale negli ecosistemi, soprattutto se determinato da un fenomeno senza soluzione di continuità come le emissioni di gas climalteranti di origine antropica, che nel 2012 hanno raggiunto un livello record di 35,6 miliardi di tonnellate, con un aumento del 2,6% rispetto all’anno precedente. È in questo “clima”, sempre più caldo, che si sono svolti alcuni giorni fa i lavori a Bonn dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change) che avevano come obiettivo specifico l’avanzamento dei negoziati all’interno del Gruppo di lavoro nato a Durban, ed unico rimasto dopo l’ultima Conferenza di Doha, in vista della prossima Conferenza delle Parti prevista a Varsavia per il prossimo novembre.

“Abbiamo lanciato nuovi meccanismi e nuove istituzioni internazionali per incentivare Paesi, aziende e cittadini ad attivarsi contro il cambiamento climatico nel modo più deciso possibile” ha dichiarato Christiana Figueres, segretario generale dell’UNFCCC. “Tutti hanno il medesimo obiettivo: garantire trasparenza, incoraggiare l’empowerment ed attivarsi ad ogni livello”. Nasce così il “National Appropriate Mitigation Action”, l’ennesimo registro per garantire trasparenza sulle azioni di mitigazione intraprese a livello nazionale. Per il resto, il lavoro verso un accordo globale che, concluso nel 2015, dovrebbe portare ad un nuovo assetto internazionale per la lotta al cambiamento climatico a partire dal 2020, è ancora in alto mare. E il superamento dei 400 ppm, previsto nel 2016 solo che un anno fa dal centro di ricerca del NOAA, la National Oceanic and Atmospheric Administration statunitense, ha pensato bene di anticipare di qualche anno.

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